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Bollettino ADAPT 2 novembre 2021, n. 38
Con la pubblicazione del decreto-legge n. 77/2021, è stata modifica, ad opera dell’art. 49, la disciplina del subappalto nei contratti pubblici di cui all’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016. Alla nuova disciplina legale si affianca l’interpretazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, resa con nota n. 1507/2021, nonché i chiarimenti dell’ANAC dello scorso 15 ottobre. Le modifiche apportate dalla norma aprono diversi filoni tematici rilevanti, che vengono di seguito evidenziati.
Il limite massimo di utilizzo del subappalto
Dal 1° novembre 2021, viene eliminato il limite di utilizzo del subappalto pari al 30% (già innalzato con lo stesso decreto n. 77 al 50%), in favore di un regime di liberalizzazione dello stesso, seppur con dei limiti e delle garanzie. Tale intervento si pone in coerenza con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale aveva ravvisato una violazione del diritto euro-unitario da parte della disposizione (sentenza 14 luglio 2016, causa C-406/14; sentenza 26 settembre 2019, causa C-63/18; cfr. G. Piglialarmi, Subappalto e subaffidamento nei lavori pubblici: interpretazione e criticità dell’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016, in Bollettino della Commissione di Certificazione DEAL, 2019, n. 4).
Eppure, nonostante l’abolizione del tetto massimo, la stessa legge ha introdotto una serie di limiti di carattere qualitativo. Nello specifico, il nuovo comma 2 dell’art. 105 del D.Lgs. 50/2016 prevede che “le stazioni appaltanti […] indicano nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto” al fine di “garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori, ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’ articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229”.
Le stazioni appaltanti saranno quindi chiamate a indicare nei documenti di gara le prestazioni oggetto del contratto di appalto non subappaltabili, da eseguire a cura dell’aggiudicatario. Pertanto, seppure sia in astratto consentito subappaltare alcune delle attività che dovrà svolgere l’aggiudicatario, verranno fatte salve le disposizioni speciali degli atti di gara per parti di opera singolarmente indicate. Anche l’ANAC, di recente, ha fornito delle indicazioni in questa direzione.
L’applicazione del CCNL per il subappaltatore
Il decreto-legge n. 77/2021 ha modificato anche l’art. 105, comma 14 del D.Lgs. n. 50/2016, prevedendo che “il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro, qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente principale”. Questa misura è atta a garantire tutele in capo ai lavoratori operanti in subappalto, riconoscendo loro lo stesso trattamento economico e normativo dell’impresa aggiudicataria. Tuttavia, per salvaguardare la libertà economica dell’impresa, il legislatore ha stabilito che tali tutele non si applichino a qualsiasi impresa in subappalto ma solo laddove l’attività subappaltata abbia determinate caratteristiche.
L’Ispettorato, con nota n. 1507/2021, ha tentato di interpretare la norma su due fronti: da un lato, quali tutele spettano ai lavoratori in subappalto; dall’altro lato, in quali circostanze la norma si applica. Anzitutto, l’INL indica che la nuova norma deve essere letta in connessione con quanto stabilito dall’art. 30, comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016. Infatti, l’Ente ribadisce che il contratto da applicare deve essere stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa (aggiudicataria) in maniera prevalente. Per “strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”, si intende il contratto che meglio regola le prestazioni cui si riconnette la singola commessa pubblica (Cons. St. n. 1406/2020) e che dovranno essere rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio, ad esse riferendosi secondo un criterio di prossimità contenutistica. La giurisprudenza appena richiamata precisa che la libertà di scelta del contratto collettivo rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti (tra le tante, v. Cons. St. n. 5574/2019). Inoltre, la richiamata libertà non è assoluta in quanto incontra il limite, logico e giuridico, della necessaria coerenza tra il contratto che in concreto si intende applicare (e in riferimento al quale si formula l’offerta di gara) e l’oggetto dell’appalto (tra le tante, v. Cons. St. n. 932/2019). Per queste ragioni, l’orientamento della giurisprudenza è univoco nel ritenere che la stazione appaltante non possa imporre nella documentazione di gara la denominazione del CCNL da applicare perché altrimenti verrebbero compromessi i principi comunitari di concorrenza e parità di trattamento tra le imprese (Cons. St. n. 932/2017; n. 1901/2016; n. 589/2016). Il medesimo ragionamento è stato compiuto anche nell’applicazione della clausola sociale negli appalti pubblici; secondo i giudici amministrativi non può essere imposto all’impresa subentrante di applicare un determinato contratto potendo la stessa optare per un contratto collettivo diverso, purché coerente con l’oggetto del contratto e sempreché salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo (Cons. St. n. 5597/2015).
All’art. 30, comma 4 del Codice si affianca ora l’obbligo da parte del subappaltatore di applicare il contratto dell’impresa contraente ex art. 105, comma 14. Una volta individuato il contratto collettivo di riferimento applicato dal contraente principale, secondo l’Ispettorato il subappaltatore ha l’obbligo di “riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale”. Su questo, l’INL ricorda anche l’impatto della disposizione ai fini contributivi e solidaristici ex artt. 29 D.Lgs. n. 276/2003 e 1676 c.c. Favorendo questa lettura, l’Ente sembrerebbe non favorire del tutto un’interpretazione della disposizione votata all’applicazione integrale del CCNL applicato anche dall’aggiudicatario principale, limitando l’obbligo di cui all’art. 105, comma 14 al solo trattamento economico e normativo. In altri termini, l’inciso relativo all’“applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro” non viene preso in considerazione nell’interpretazione sistematica dell’INL (anche in questo caso, al pari di quanto stabilito nell’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006, riteniamo che il legislatore, parlando di “applicazione”, voglia favorire un’applicazione integrale e non parziale del CCNL; A. Bellavista, La legge Finanziaria per il 2007 e l’emersione del lavoro nero, Working Paper C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” – IT, 2007, n. 55, spec. p. 24). L’INL, in altri termini, prevedendo che, ove si riscontrino, in relazione ai singoli istituti retributivi o normativi (es. ferie, permessi, orario di lavoro, disciplina delle tipologie contrattuali), condizioni inferiori rispetto a quelle previste dal CCNL applicato dall’appaltatore, ritiene che il personale ispettivo potrà adottare un provvedimento di disposizione ex art. 14 D.Lgs. n. 124/2004 inteso a far adeguare il trattamento da corrispondere per tutto il periodo di impiego nell’esecuzione del subappalto.
Sul secondo punto, ovvero in quali circostanze la nuova normativa si applica, l’attuale art. 105, comma 14 prevede che l’obbligo di applicazione del CCNL o quantomeno del riconoscimento di un determinato trattamento economico subentri solo qualora vi siano attività da svolgere per il subappaltatore che coincidono con quelle caratterizzanti l’oggetto dell’appalto, ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell’oggetto sociale del contraente. Al riguardo, l’Ispettorato considera come attività oggetto dell’appalto quelle previste nel capitolato e, quindi, non marginali o meramente accessorie rispetto all’opera o al servizio complessivamente appaltato; mentre, riguardo al concetto di “categoria prevalente”, nella nota viene richiamata la definizione di cui all’art. 3 comma 1, lett. 00-bis), ovvero “la categoria di lavori, generale o specializzata, di importo più elevato fra le categorie costituenti l’intervento e indicate nei documenti di gara”. In quest’ultimo caso, le lavorazioni devono essere incluse nell’oggetto sociale del contraente principale.
Altri obblighi per il subappaltatore
Altro intervento rilevante è rappresentato dalla modifica dell’art. 105, comma 7 del D.Lgs. n. 50/2016. All’obbligo in capo all’affidatario di presentare certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dell’assenza dei motivi di esclusione ex art. 80, D.Lgs. n. 50/2016 (relative a condanne penali, delitti, frodi, sfruttamento minorile, ecc.), la nuova normativa affianca anche l’obbligo di dichiarare il possesso dei requisiti ex artt. 83 e 84 del medesimo decreto (requisiti di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica, nonché requisiti di qualificazione). A seguito dell’invio della documentazione alla stazione appaltante, spetterà ad essa la verifica di tali dichiarazioni tramite la banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all’art. 81 del D.Lgs. n. 50/2016.
A ciò, si aggiunge anche la modifica dell’art. 105, comma 8, con l’introduzione della piena e totale solidarietà tra l’impresa contraente e il subappaltatore nei confronti della stazione appaltante rispetto agli obblighi retributivi e contributivi. Al contrario, continua a non essere prevista una responsabilità diretta della stazione appaltante nei confronti di tutti i lavoratori impiegati nell’appalto, compresi quelli del subappaltatore.
Riflessioni conclusive
Il quadro normativo attuale rende necessaria la sussistenza di un certo grado di organicità nelle gare pubbliche. Da un lato, viene eliminato il limite massimo di utilizzo del subappalto nei contratti pubblici; dall’altro, vengono introdotti dei nuovi paletti di tipo qualitativo, con un alto grado di discrezionalità della stazione appaltante nell’applicazione dell’art. 105. Sarà infatti quest’ultima a determinare quali attività non potranno essere oggetto di subappalto (v. chiarimenti ANAC del 15 ottobre). Inoltre, sarà rilevante l’individuazione dell’oggetto dell’appalto nel capitolato, dal momento in cui l’obbligo di applicazione del CCNL dell’impresa contraente da parte del subappaltatore vige solo in determinate fattispecie individuate dall’art. 105, comma 14. Con la conseguenza che la spiccata diversificazione degli oggetti di appalto all’interno dei capitolati di gare, derivanti da prassi pubbliche territoriali differenti, renderà la norma attualizzabile o meno in base alla discrezione delle stazioni appaltanti. In aggiunta, è doveroso constatare che la normativa attuale non favorisce il coinvolgimento dei soggetti sindacali che, in rappresentanza di imprese e lavoratori, meglio conoscono le peculiarità dei settori produttivi. Sembra così più razionale che determinate scelte su quali siano le attività da indicare nei documenti di gara vengano orientate dagli attori delle relazioni industriali, attraverso un dialogo costante con le istituzioni pubbliche sia di livello nazionale che territoriale, in modo tale che essi possano affiancare le stazioni appaltanti nel difficoltoso compito di individuare nella maniera più appropriata le attività oggetto di appalto nel settore, ognuno per la propria competenza.
Ruben Schiavo
Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
@ruben_schiavo
Giovanni Piglialarmi
Ricercatore presso il Dipartimento di Economia “M. Biagi”
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia