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Bollettino ADAPT 22 luglio 2024, n. 29
Affrontata in diversi studi organizzativi e manageriali a partire dalla seconda metà del ‘900, contestualmente all’emersione delle prime inefficienze del modello taylorista di produzione, e in ottica funzionale alle performance di impresa, la partecipazione diretta dei lavoratori è stata trattata solo limitatamente in un’ottica di relazioni industriali. Del resto, le possibilità di coesistenza tra forme tradizionali di rappresentanza sindacale e moderne pratiche di partecipazione diretta sono state storicamente messe in dubbio in quei contesti (soprattutto afferenti al mondo anglosassone) in cui il coinvolgimento dei lavoratori veniva promosso dai datori di lavoro col preciso intento di evitare una loro sindacalizzazione (Danford et al., 2008; Kochan et al., 1986). Inoltre, pur con meno frequenza, non sono mancati contributi che sostenessero la sostanziale irrilevanza della partecipazione diretta in quelle realtà in cui sono ampi e sviluppati i diritti di rappresentanza sindacale (Godard, 2004).
Seppur contenuta, la ricerca empirica ha però permesso di mostrare come l’adozione di iniziative di partecipazione diretta dei lavoratori possa avvenire anche in aziende dotate di una rappresentanza dei lavoratori. Tuttavia, anche da queste analisi, la partecipazione diretta emerge come largamente promossa e gestita dalla sola direzione aziendale, e concentrata in ambiti e funzioni del tutto diversi da quelli governati dagli attori e istituzioni delle relazioni industriali, giustificando (almeno apparentemente) lo scarso protagonismo della rappresentanza dei lavoratori in questo ambito. Ma il contributo che la partecipazione diretta (ancorché progettata dai dirigenti aziendali) sembra poter dare alle dimensioni di efficiency, voice ed equity che le stesse relazioni industriali sono orientate a bilanciare nei luoghi di lavoro (Budd, 2004; Pohler & Luchak, 2014), spinge a chiedersi se sia davvero ragionevole continuare a relegare questo tema all’azione manageriale, tralasciando i benefici che si potrebbero generare nell’interazione con la rappresentanza dei lavoratori.
Il progetto di ricerca europeo BroadVoice
È da queste premesse che è nato il progetto di ricerca BroadVoice (Broadening the spectrum of employee voice in workplace innovation), cofinanziato dalla Commissione europea sotto la linea di finanziamento Improving expertise in the field of industrial relations, con l’obiettivo di indagare in un’ottica comparata il ruolo delle relazioni industriali nel promuovere, regolare e implementare l’innovazione nei luoghi di lavoro attraverso diverse forme di partecipazione diretta dei lavoratori. Il progetto, coordinato da ADAPT, è portato avanti da un team internazionale composto da altri centri di ricerca e università di 6 diversi paesi europei (il Centro studi CISL e la Fondazione Tarantelli; l’Istituto di filosofia e sociologia dell’Accademia bulgara di scienze; l’Università tecnologica di Lulea in Svezia; l’Università di Lubiana; l’Università di Amsterdam; il Workplace Innovation Europe in Irlanda) e da 14 enti e associazioni di rappresentanza nazionali e comunitarie (l’istituto di ricerca europeo ETUI; la confederazione sindacale europea ETUC; l’associazione datoriale italiana Federmeccanica; l’associazione sindacale italiana FIM-CISL; l’associazione datoriale slovena ZDS; la confederazione sindacale slovena PERGAM; la federazione sindacale olandese FNV; l’associazione datoriale olandese AWVN; la confederazione sindacale bulgara PODKREPA; l’associazione datoriale bulgara UPEE; le federazioni sindacali bulgare FCIW PODKREPA e SRVIKBG; la confederazione sindacale svedese LO; l’istituto di ricerca IDEAS del sindacato irlandese SIPTU). Il progetto ha preso avvio a ottobre 2023, e dopo i mesi iniziali di ricerca documentale, la scorsa settimana è stato pubblicato un framework analitico, curato da ADAPT e dall’Università di Lubiana, che intende guidare i partner scientifici nella conduzione, programmata per i prossimi mesi, di alcuni studi di caso aziendali che dovranno confluire in 6 report nazionali, attesi per marzo 2025.
Un quadro analitico sulla partecipazione diretta e le relazioni industriali
Attingendo dalla più importante letteratura internazionale sul tema, il framework analitico, scaricabile qui, esplora la cosiddetta “workplace innovation” (intesa da Oeij e Dhondt (2017) specificatamente come insieme combinato di meccanismi partecipativi finalizzati al miglioramento delle performance di impresa e contestualmente della qualità della vita lavorativa) come area di interazione possibile tra partecipazione diretta e rappresentanza dei lavoratori. Nel dettaglio, il documento affronta in primis tutti quei fattori che incidono sul ruolo delle relazioni industriali in questo ambito, a partire dagli orientamenti e idee della rappresentanza dei lavoratori (influenzati dall’identità delle organizzazioni di interessi da un lato e dal contesto socioeconomico dall’altro) e dalle relative capacità di svilupparle, grazie al sostegno fornito da risorse di potere istituzionali, associative (nei termini di densità sindacale e rapporto tra livelli di rappresentanza), strutturali (relative ad esempio, alle caratteristiche dei lavoratori e alla posizione dell’azienda nella catena del valore), e infrastrutturali (concernenti le conoscenze e competenze dei rappresentanti). Da questo punto di vista, anche l’attitudine della direzione aziendale e le relative risorse di potere sembrano giocare un ruolo parimenti importante.
Quattro modelli di interazione tra partecipazione diretta e relazioni industriali
Alla luce di queste diverse variabili e delle loro possibili combinazioni, il framework analitico, recuperando l’elaborazione concettuale di Knudsen et al. (2011), illustra quattro modelli di interazione tra partecipazione diretta e relazioni industriali a livello aziendale: 1) il modello bipartito (o conflittuale), dove la partecipazione dei lavoratori è in larga parte rappresentativa e i canali diretti di voice esistenti sono sviluppati esclusivamente dalla direzione aziendale; 2) il modello HRM (o unitarista), dove la partecipazione diretta è la forma principale di voice dei lavoratori, promossa e implementata dal management, mentre la rappresentanza è debole; 3) il modello ibrido (o cooperativo), dove forme di partecipazione diretta e rappresentativa sono più o meno equamente sviluppate, anche se ancora poco in relazione le une con le altre; 4) il modello democratico (o partecipativo), dove non solo entrambi i canali partecipativi sono implementati ma anche ben integrati reciprocamente, con un ruolo della rappresentanza nel governo delle innovazioni e delle pratiche di partecipazione diretta. Si tratta di modelli che certamente non esauriscono la varietà delle possibili interazioni delle forme partecipative nei luoghi di lavoro, ma che, se concepiti in un’ottica dinamica e non come categorie fisse e statiche, possono fornire un valido supporto per la comprensione delle diverse situazioni lavorative lungo un certo lasso di tempo.
Le coordinate analitiche per classificare la partecipazione diretta
Per orientare studiosi e operatori nell’eterogeneità delle pratiche di partecipazione diretta, il framework analitico offre altresì una loro classificazione lungo alcune coordinate fornite dalla letteratura esistente. La partecipazione diretta può essere infatti analizzata sulla base: dei suoi obiettivi (di natura economica o sociale, relativi alla promozione di processi decisionali più democratici o all’esaltazione dell’autonomia e dignità delle persone che lavorano), della sua intensità (che spazia dall’informazione e consultazione, o esame congiunto, fino alla codeterminazione e all’autonomia decisionale dei lavoratori), delle sue forme (verbali o scritte, individuali o di gruppo), delle sue modalità di regolazione (che variano dalla regolazione unilaterale aziendale, a quella congiunta tra lavoratori e responsabili aziendali, fino alla normazione legale), e dei suoi ambiti (in relazione a decisioni aziendali su aspetti culturali, operativi, organizzativi o strategici).
Gli impatti della partecipazione diretta nei luoghi di lavoro e le condizioni per il suo successo
Infine, la letteratura analizzata dimostra che la partecipazione diretta può impattare positivamente su: 1) attitudini e comportamenti dei lavoratori, intervenendo sia su aspetti intrinseci (come il clima e le relazioni di lavoro, il contenuto delle mansioni, il grado di iniziativa e influenza dei lavoratori) che estrinseci (come le opportunità di apprendimento, la sicurezza occupazionale, ecc.) del lavoro; 2) esiti di performance aziendale oggettivi (come la produttività, i profitti, ecc.) e soggettivi (come la qualità di prodotti e servizi, innovazione organizzativa, ecc.); 3) processi di trasformazione, favorendo il consenso dei lavoratori e stimolando comportamenti idonei a produrre nuove idee e a supportare il cambiamento. Tuttavia, gli effetti associati alla partecipazione diretta non sarebbero diretti ma mediati da una serie di fattori esogeni (come le caratteristiche e inclinazioni dei lavoratori, gli aspetti strutturali e la situazione economica delle aziende, gli orientamenti della direzione di impresa, il contesto istituzionale, ecc.), nonché da diverse condizioni inerenti le specifiche modalità di implementazione delle pratiche partecipative nei luoghi di lavoro. Tra queste, si elencano la chiarezza e trasparenza delle procedure comunicative nei confronti dei lavoratori, la tempestività e continuità di ingaggio dei lavoratori nell’ambito dei processi di cambiamento, la costanza dell’azienda nella condivisione di feedback puntuali alle proposte avanzate dai lavoratori, la garanzia di tempo e formazione per le persone chiamate a partecipare ai processi decisionali. Ma sono anche la cosiddetta “ampiezza” (ossia la combinazione funzionale di diversi meccanismi di partecipazione in azienda) e “profondità” (ossia la pervasività della partecipazione ai diversi livelli decisionali aziendali, attraverso pratiche e procedure frequenti e costanti nel tempo) delle pratiche partecipative, a contribuire al successo, tanto dal punto di vista aziendale quanto dei lavoratori, della partecipazione diretta (Cox et al., 2006). Un’estensione della partecipazione che non si limiterebbe ai soli meccanismi diretti, ma che, dalla letteratura a disposizione, dovrebbe coinvolgere anche i canali indiretti e rappresentativi. La sola presenza della rappresentanza dei lavoratori è infatti associata a migliori procedure comunicative da parte aziendale e ad un’integrazione più efficace delle opinioni dei lavoratori nei processi decisionali. Inoltre, il coinvolgimento concreto della rappresentanza nell’introduzione delle pratiche di partecipazione favorirebbe la relativa accettazione da parte dei lavoratori e il loro effettivo impegno, con impatti positivi per le performance di impresa. Non solo: un ruolo attivo della rappresentanza dei lavoratori in questo ambito consentirebbe di contenere i possibili effetti negativi dal punto di vista psicosociale e di massimizzare i benefici (anche in termini di ricompense economiche) della partecipazione per i lavoratori.
Così strutturato, il framework fornisce un’importante panoramica sulla conoscenza scientifica, ad oggi, delle forme di partecipazione diretta nei luoghi di lavoro, le interazioni con le relazioni industriali e i relativi effetti, rispetto alla quale sarà interessante confrontare, nei prossimi mesi, le esperienze aziendali specifiche che verranno selezionate e analizzate in ogni paese partner di BroadVoice.
Ilaria Armaroli
Ricercatrice ADAPT Senior Fellow
@ilaria_armaroli
Riferimenti
Budd, J. W. (2004). Employment with a human face. Balancing efficiency, equity, and voice. Cornell University Press.
Danford, A., Richardson, M., Stewart, P., Tailby, S., & Upchurch, M. (2008). Partnership, high performance work systems and quality of working life. New Technology, Work and Empoyment, 23(3), 151-166.
Kochan, T. A., Katz, H. C., & McKersie, R. B. (1986). The transformation of American industrial relations. New York: Basic Books.
Knudsen, H., Busck, O., & Lind, J. (2011). Work environment quality: The role of workplace participation and democracy. Work, Employment and Society, 25(3), 379-396.
Oeij, P. R. A., & Dhondt, S. (2017). Theoretical approaches supporting workplace innovation. In P. R. A. Oeij, D. Rus, & F. D. Pot (Eds.), Workplace Innovation: Theory, research and practice (pp. 63-78). Springer.
Pohler, D. M., & Luchak, A. A. (2014). Balancing efficiency, equity and voice: The impact of unions and high-involvement work practices on work outcomes. ILR Review, 67(4), 1063-1094.
Cox, A., Zagelmeyer, S., & Marchington, M. (2006). Embedding employee involvement and participation at work. Human Resource Management Journal, 16(3), 250-267.