Garantire un veloce accesso all’assistenza sanitaria è un obiettivo politico fondamentale in tutti i Paesi appartenenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Quantificare il numero di persone da impiegare come dottori, infermieri e altri professionisti sanitari nelle diverse categorie, è un lavoro gestionale abbastanza complesso, caratterizzato da un elevato livello di incertezze, causato dai cambiamenti sociali nel corso del tempo. Nonostante ciò, la pianificazione della forza lavoro sanitaria è rimasta un elemento importante che contribuisce al miglioramento del welfare di ogni Paese.
La pianificazione della forza lavoro sanitaria, in molti Paesi dell’OCSE, ha origini recenti, tra gli anni ‘60 e ‘70. Le difficoltà di quegli anni non erano dissimili da quelle odierne: molti paesi (come ad esempio gli Stati Uniti), soffrivano la mancanza di medici, proprio in un momento di espansione della copertura assicurativa sanitaria, sia per anziani e disabili, sia per soggetti a basso reddito familiare. In altri paesi (es. Francia e Olanda), al contrario, le difficoltà riguardavano un possibile eccesso di offerta di medici e dei costi associati al loro salario, con la necessità di introdurre i posti a numero chiuso, con limitazione degli studenti nella facoltà di medicina (A. Billaut et al., Les évolutions démographiques des professions de santé, Données sociales – La société française, Mai INSEE, Paris, 2006; M. Van Greuningen, et al., Ten years of health workforce planning in the Netherlands: a tentative evaluation of GP planning as an example, Human Resources for Health, BioMed Central, London, 2012). A seguito di ciò, per molti anni, quasi tutti i paesi OCSE – ad eccezione della Repubblica Ceca, del Cile e degli Stati Uniti – hanno esercitato il controllo sul numero di accesso degli studenti ai programmi formativi ad indirizzo medico, determinando un numero massimo di iscritti al primo anno (“posti a numero chiuso”). Inoltre, si è assistito a variazioni cicliche di grandi dimensioni, indicate con il termine “yo-yo”, con periodi in cui gli studenti aumentavano enormemente a causa della forte mancanza di personale, seguiti poi da periodi di surplus di domanda.
Negli anni un altro aspetto preoccupante è stato l’immigrazione di medici e infermieri qualificati, che ha portato all’adozione di un Codice Mondiale di condotta per il reclutamento internazionale del personale sanitario da parte dell’Assemblea mondiale della Sanità (WHO, Sixty-third World Health Assembly (2010), WHO Global Code of Practice on the International Recruitment of Health Personnel, WHA 63.16, WHO, Geneva, 21 May 2010). Il Codice mondiale incoraggia tutti i Paesi a “sforzarsi, per quanto possibile, nel creare una forza lavoro sanitaria sostenibile e di lavorare per l’istituzione di un’efficace pianificazione del personale sanitario, l’istruzione e la formazione, e le strategie di conservazione in grado di ridurre il loro bisogno di reclutare personale sanitario migrante”.
In conformità a questo scenario, un progetto dell’OCSE del 2013 sulla “Health Workforce Planning and Management” ha coinvolto diciotto Paesi (Australia, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Corea, Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti), analizzando ventisei modelli previsionali della forza lavoro sanitaria, concentrandosi, in particolar modo, sul personale medico e infermieristico. Esaminando la domanda del mercato sanitario, il driver più importante, emerso dall’indagine, riguarda il sistema d’istruzione nazionale. Medici e infermieri di recente formazione sono inseriti all’interno dell’organizzazione sanitaria dopo il diploma di laurea e/o previo superamento di un esame di Stato. In questo caso, i programmi formativi d’istruzione vengono usati per stimare i futuri flussi di persone che lavoreranno nel settore della Sanità. In Giappone, infatti, il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare ha utilizzato il numero degli studenti iscritti alla Facoltà di Medicina per stimare quantitativamente il flusso di futuri medici tra il 2005 e il 2040 (T. Hasegawa, Projections of Supply and Demand for Physicians, Ministry of Health, Labour and Welfare, Tokyo, 2006). In Australia, invece, il modello sviluppato per misurare l’afflusso di nuovi medici è basato sul numero di giovani laureati, poiché i tassi di abbandono tra l’inizio del percorso universitario e l’autorizzazione alla pratica della professione sono molto bassi. In questo modello, il numero di laureati agisce come “variabile di regolazione”, necessaria per colmare il divario tra domanda e offerta (HWA, Health Workforce 2025 – Doctors, Nurses and Midwives, Health Workforce Australia, Adelaide, Volume 1, 2012). Questo è anche il caso dell’Olanda, dove il numero degli studenti che s’iscrivono alla facoltà di medicina e il numero di laureati che iniziano la scuola di specializzazione, agisce come “variabile di controllo” dell’andamento del mercato del lavoro sanitario nazionale.
Oltre agli aspetti menzionati, un ulteriore fattore chiave per il monitoraggio dell’andamento della domanda del mercato sanitario è l’età di pensionamento o la perdita di lavoro temporanea o permanente a causa di motivi familiari o di cambiamenti nel percorso di carriera professionale.
Nell’indagine, un presupposto comune a diversi modelli di proiezione della forza lavoro sanitaria riguarda l’età media di medici e infermieri che vanno in pensione. In Canada, per esempio, il Canadian Institute of Health Information (R.W. Pong, Putting Away the Stethoscope for Good? Toward a New Perspective on Physician Retirement, Canadian Institute of Health Information, CIHI, Ottawa, 2011) ha esaminato il piano di pensionamento dei medici, scoprendo che il processo è spesso graduale. I medici iniziano a ridurre il loro orario di lavoro quando si avvicinano all’età pensionabile, ma molti di loro continuano ad esercitare oltre l’età ufficiale di pensionamento. In Francia, inoltre, uno degli aspetti sperimentati è stato l’impatto potenziale di un progressivo slittamento di due anni dell’età pensionabile dei medici. Un tale rinvio del pensionamento può avere un grande impatto nel mitigare il previsto calo del rapporto medico-popolazione nei prossimi venti anni (K. Attal-Toubert, M. Vanderschelden, La démographie médicale à l’horizon 2030: de nouvelles projections nationales et régionales détaillées, Dossiers Solidarité Santé, No.12, DREES, Paris, 2009). Nella stessa ottica, si è provato a stimare l’impatto di un progressivo rinvio del pensionamento di due anni per gli infermieri. Tale cambiamento di politica potrebbe aumentare il numero di infermieri del 3,5% al di sopra del previsto, contribuendo così ad un ulteriore aumento del quoziente infermiere-popolazione tra il 2006 e il 2030 (M. Barlet, M. Cavillon, La profession infirmière : Situation démographique et trajectoires professionnelles, Études et Recherche, No.101, DREES, Paris,2010).
L’organizzazione nell’erogazione dei servizi sanitari rappresenta altresì un fattore importante da tenere in considerazione: qualsiasi riorganizzazione dei servizi sanitari può avere un impatto sia sui requisiti del personale sanitario sia sulla futura crescita economica del Paese, determinando un significativo effetto sulla futura domanda di operatori e servizi sanitari. Purtroppo, l’ipotesi di una futura crescita del PIL e della spesa sanitaria non è inclusa nella maggior parte dei modelli di proiezione della forza lavoro sanitaria presi in esame. In Norvegia, per esempio, la crescita del PIL e il suo impatto sulla domanda di servizi medici è considerata, assumendo però che la crescita economica crei maggiori aspettative e maggior utilizzo dei servizi. In Finlandia, dove le proiezioni della forza lavoro sanitaria fanno parte della progettazione del fabbisogno di manodopera, s’ipotizza un tasso medio di crescita del PIL tra il 2008-2025 del 2,3% annuo (Ministry of Education and Culture, Koulutus ja tutkimus vuosina 2011-2016: Kehittämissuunnitelma (Education and Research in 2011-2016: Development Plan, Helsinki, 2011). Si presuppone anche che la crescita economica sarà accompagnata sia da Riforme sui servizi sanitari sia da un miglioramento della produttività sanitaria che contribuirà a ridurre la domanda di operatori sanitari oltre il previsto.
Nei modelli presi in esame è anche possibile distinguere due tipi di organizzazione della forza lavoro sanitaria: orizzontale e verticale. L’organizzazione orizzontale si concentra sulle interazioni tra diverse specializzazioni di ogni componente del gruppo di lavoro (ad esempio, diverse specializzazioni tra medici), mentre l’organizzazione verticale valuta le interazioni tra diversi gruppi professionali (per esempio medici, infermieri, assistenti). Alcuni modelli includono sia l’organizzazione orizzontale sia verticale.
In Olanda, è stata sperimentata la possibilità di una maggiore condivisione dei compiti tra medici e infermieri esperti o con gli assistenti del medico. Il comitato consultivo olandese ha valutato l’impatto potenziale di questo esperimento, rilevando due diversi tipi di ripartizione dei compiti da parte dei soggetti coinvolti: da parte dei medici specialisti a infermieri specializzati e/o assistenti del medico, oppure da parte dei medici agli assistenti di medicina generale. Da questo presupposto, il Comitato ha stimato che meno dell’1% totale di medici specialisti ogni anno è in grado di espletare compiti di infermieri specializzati e assistenti medici.
In Svizzera, uno studio dell’Osservatorio della Sanità ha considerato la possibilità di una maggiore condivisione dei compiti tra medici e infermieri per valutare i requisiti futuri dei medici negli ambulatori (L. Seematter-Bagnoud, et al., Offre et recours aux soins médicaux ambulatoires en Suisse, Document de travail 33. Observatoire suisse de la santé (OBSAN), Neuchatel, 2008). Conformemente a ciò, si è stimato che la delega di compiti tra medici e infermieri esperti può ridurre il numero di consultazioni mediche in assistenza primaria del 10%.
Dai risultati emersi dall’indagine, possiamo rilevare che il primo passo di qualsiasi buona proiezione del fabbisogno di personale è possedere dati completi e attendibili della situazione esistente. Le proiezioni del fabbisogno di personale sanitario dovrebbero contribuire a evitare eccessive fluttuazioni cicliche tra il numero degli studenti ammessi alle facoltà di medicina e scienze infermieristiche e l’entrata nel mercato del lavoro dei professionisti formati. Anche se i dati disponibili nei diversi paesi evidenziano che l’occupazione nel settore sanitario tende ad essere meno sensibile ai cicli economici rispetto all’occupazione in altri settori, esiste un intervallo di tempo troppo lungo tra le decisioni prese in merito al numero di studenti ammessi alla facoltà di medicina e di scienze infermieristiche e il fabbisogno di personale necessario nel momento in cui questi studenti entreranno effettivamente nel mercato del lavoro. Quindi la pianificazione del personale sanitario dovrebbe tenere in conto fattori strutturali di lungo periodo ed evitare di essere eccessivamente sensibile alle fluttuazioni cicliche.
I modelli previsionali dal lato dell’offerta devono maggiormente concentrarsi sulle previsioni di pensionamento del personale in forza. Infatti, la maggior parte delle proiezioni relative alla futura offerta di manodopera nel settore sanitario hanno focalizzato la loro attenzione sulla fornitura in entrata in base alle diverse professioni, mentre hanno prestato poca attenzione alla forza lavoro in fase di uscita per pensionamento. È quindi raccomandabile, nella definizione delle proiezioni future, considerare maggiormente l’evoluzione della situazione demografica e i mutamenti nella partecipazione al mercato del lavoro: a oggi un gran numero di professionisti medici e sanitari stanno avvicinandosi all’età pensionabile, ma gli effetti delle politiche pubbliche sull’età di pensionamento ufficiale avranno un importante impatto sull’offerta di manodopera nei prossimi anni.
È altresì raccomandabile passare da modelli di pianificazione del personale sanitario di tipo uni-professionale a modelli di pianificazione multi-professionale. I modelli occupazionali devono essere in grado di valutare in modo più integrato l’impatto dei diversi servizi di erogazione dell’assistenza sanitaria e in diversi paesi, si sta cercando il modo di riorganizzare la fornitura di servizi per meglio rispondere all’invecchiamento della popolazione e al crescente peso delle malattie croniche. Il passaggio da un approccio uni-professionale a uno multi-professionale è particolarmente importante in un settore in cui i ruoli e le responsabilità delle cure primarie di diversi fornitori (medici, infermieri e altri operatori) è in rapida evoluzione. Un certo grado di sostituibilità in “orizzontale” e/o in “verticale” potrebbe contribuire a ridurre le eventuali lacune per le diverse categorie di fornitori. Tale approccio eviterebbe di considerare ogni professionista come appartenente a un gruppo isolato rispetto ad altri professionisti e permetterebbe di tener conto delle possibili sovrapposizioni e della riallocazione di attività all’interno dello stesso gruppo professionale (per esempio tra i medici di medicina generale e i medici specialisti) o tra i diversi gruppi professionali (ad esempio, tra medici e gli assistenti medici e gli infermieri).
I modelli occupazionali dovrebbero altresì affrontare in modo più adeguato la distribuzione geografica degli operatori medici e sanitari all’interno di un paese. Molti modelli, infatti, concentrano le loro proiezioni e raccomandazioni a livello nazionale, anche se ci sono spesso grandi squilibri tra le diverse regioni (con carenze in alcune zone ed eccedenze in altre). Una corretta valutazione del divario tra l’offerta e la domanda deve andare al di là del livello nazionale per valutare la distribuzione geografica dei lavoratori del settore e di come questo potrebbe evolvere nel tempo in diversi scenari.
Alessia Santopaolo
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@AlessiaSantopao
Fabiola Silvaggi
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@FabiolaSilvaggi
Gabriella Viale
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
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La programmazione dei fabbisogni di medici e infermieri nei Paesi OCSE: verso un modello multi-professionale per rispondere alle sfide dell’invecchiamento e delle malattie croniche