In un’intervista pubblicata dal Quotidiano Nazionale, il segretario del PD Matteo Renzi ha proposto l’introduzione di un salario minimo legale tra i 9 e i 10 euro l’ora, cioè una soglia minima che deve essere corrisposta per ogni ora di lavoro per cui non sia già prevista una retribuzione minima da parte dei contratti collettivi nazionali. È una proposta nuova di cui nel PD si parla da una settimana. Ad anticiparla era stato Tommaso Nannicini, docente di economia e responsabile del programma economico del PD, che in un articolo pubblicato su Avvenire aveva scritto: «È il momento di introdurre un salario minimo legale che abbracci tutti i lavoratori».
Lo scorso ottobre, durante la conferenza programmatica del PD, Renzi aveva detto sul salario minimo: «Non è una proposta del Pd ma parliamone». Ieri, per la prima volta, la proposta è diventata concreta: Renzi ha parlato di una cifra, un salario orario minimo tra i 9 e i 10 euro l’ora, e l’ha definita una proposta “molto importante”, che potrebbe «migliorare la qualità del lavoro, oltre che la quantità».
In Italia oggi non esiste un salario minimo. Le retribuzioni minime vengono garantite con i contratti collettivi nazionali, cioè gli accordi sottoscritti tra sindacati e associazioni di imprenditori con cui vengono stabilite le retribuzioni minime dei lavoratori nei vari settori. Come ha notato Francesco Seghezzi, direttore della Fondazione ADAPT che si occupa di studiare le norme sul lavoro, l’Italia è uno dei paesi dove è più diffusa la copertura dei contratti nazionali, che riguarda circa l’85 per dei lavoratori. Il salario minimo, quindi, riguarderebbe il 15 per cento restante, formato soprattutto dai lavoratori nelle condizioni più difficili…
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