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L’Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ha di recente pubblicato il rapporto “Salary-setting mechanisms across the EU”, il quale contiene un interessante focus sulla diffusione delle forme di retribuzione variabile in 28 paesi dell’Unione Europea.
Il rapporto, analizzato di seguito, si concentra su cinque forme di retribuzione variabile: la retribuzione a cottimo o per provvigione; la retribuzione correlata ad una valutazione individuale della prestazione lavorativa; la c.d. retribuzione di produttività, correlata ad obiettivi di gruppo, di azienda, di stabilimento o di reparto; la c.d. retribuzione di redditività, correlata ai risultati economici ed agli utili aziendali; infine, la partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori.
Retribuzione a cottimo e provvigione
La retribuzione a cottimo e per provvigione risulta mediamente diffusa in tutti i paesi dell’Unione Europea. Per quel che preme qui evidenziare, il maggior numero delle aziende che prevedono simili pratiche salariali si rintraccia, in ordine, in Lituania (il 72% delle aziende), in Repubblica Ceca (il 58% delle aziende) e in Estonia (il 57% delle aziende). Tutti gli altri paesi considerati si attestano attorno a percentuali di poco inferiori, con l’eccezione del caso Italiano, dove soltanto il 18% delle aziende retribuisce i propri dipendenti o collaboratori mediante simili schemi salariali.
Retribuzione variabile legata alle performance individuali
I paesi dell’Unione Europea in cui si registra la maggior concentrazione di aziende che contemplano quote salariali correlate ad una valutazione delle performance del singolo dipendente sono la Repubblica Ceca (74%), la Slovenia (72%) e la Lituania (67%). Dall’altra parte, emergono paesi in cui la retribuzione è solo di rado legata ad una valutazione individuale della prestazione lavorativa: si tratta di Belgio, Cipro, Ungheria, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Svezia, dove meno del 40% delle aziende ricorre a tali meccanismi retributivi.
Retribuzione di produttività
Con riguardo alla retribuzione di produttività, dal rapporto dell’Eurofound spiccano, su tutte, le aziende Slovene, Estoni e Lituane, ove tra il 48 ed il 49% delle aziende legano la retribuzione dei propri dipendenti al raggiungimento di obiettivi di produttività e di efficientamento, misurati collettivamente. Di contro, si rivengono paesi in cui tali pratiche salariali sono scarsamente diffuse, ed è il caso di Belgio, Cipro, Ungheria e Italia.
Retribuzione di redditività
Ulteriormente, il 55% delle aziende in Slovenia, il 53% delle aziende in Slovacchia e Lituania, nonché il 51% delle aziende in Finlandia e Repubblica Ceca, per citare i dati più significativi, prevedono somme salariali legate agli utili e ai risultati economici dell’azienda; simili meccanismi salariali sono invece previsti soltanto nel 18% delle imprese Italiane, nel 17% delle imprese Greche, nel 16% delle aziende Ungheresi e, da ultimo, nel 13% delle aziende Maltesi.
Partecipazione economica e finanziaria
Con riguardo, infine, alla partecipazione finanziaria dei lavoratori, ovvero a meccanismi di partecipazione economica ai risultati di impresa, la sua diffusione si attesta generalmente attorno a livelli molto bassi (in meno del 9% delle aziende), con le sole eccezioni della Lituania (il 13% delle aziende), del Lussemburgo e della Finlandia (in entrambi i casi, il 12% delle aziende).
L’incidenza della retribuzione variabile
Dopo aver evidenziato un trend in crescita nella diffusione di forme di retribuzione variabili tra i paesi dell’Unione Europea, l’Eurofound si concentra sull’incidenza delle stesse forme sul salario dei lavoratori. Ebbene, le componenti variabili della retribuzione incidono dall’11% al 5% sulla retribuzione lorda dei lavoratori, con valori significativamente alti e sopra la media in Slovenia, Belgio, Spagna e Portogallo. Diversamente, valori anemici si registrano in Italia, dove, fatta esemplificativamente 100,00 Euro la retribuzione di un lavoratore dipendente, soltanto 4,50 Euro sono determinati da forme di retribuzione variabile.
Riflessioni conclusive (con una nota sul caso Italiano)
Il rapporto dell’Eurofound consegna un dato che ci riguarda da vicino: solo il 35% delle aziende Italiane lega la retribuzione dei propri dipendenti ad una valutazione delle performance individuali degli stessi, e, dato ancor più significativo, solo il 18% delle aziende prevede forme di retribuzione di produttività o di redditività. L’Italia, infatti, e ciò nonostante i dati siano aggiornati all’anno 2016, non brilla nello scenario comparato, ed anzi si distingue per un grado di variabilità della retribuzione tra i più bassi in Europa. Se è pacifico, almeno nel parere di chi scrive, che la partita del collegamento tra i livelli salariali e la produttività si potrà giocare e vincere solo a livello di azienda, i più recenti processi in atto nel mercato del lavoro amplificano le criticità del nostro sistema di determinazione salariale e ne impongono un ripensamento. Da quest’ultimo punto di vista, l’accordo “Contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva di Confindustria e Cgil, Cisl e Uil”, sottoscritto lo scorso mese di marzo, ha ribadito la sfida, prefiggendosi, tra le altre cose, il perseguimento di una contrattazione collettiva aziendale virtuosa, sostenuta dal livello nazionale e capace di valorizzare economicamente la produttività del lavoro.
Ma c’è di più. Secondo l’Eurofound a contribuire verso una maggiore flessibilizzazione della retribuzione in Europa, ove si è registrata, è stato soprattutto il sacrificio di forme retributive precedentemente legate all’anzianità lavorativa, determinato della convinzione (condivisa) che forme salariali variabili possano rivestire una funzione motivazionale e rappresentare una più adeguata risposta economica all’andamento del mercato del lavoro. Per fare alcuni esempi: in Ungheria gli automatismi salariali correlati all’anzianità di servizio sono stati rivisti e convertiti in somme basate sulle competenze del lavoratore, sulle performance del singolo e sull’andamento generale del mercato del lavoro; in Austria, similmente, le parti sociali hanno di comune accordo sostituito il precedente sistema retributivo legato all’anzianità con schemi salariali correlati ad una valutazione delle competenze del singolo lavoratore. Calibrati sul tempo passato dai lavoratori in azienda, dunque, scatti di anzianità ed automatismi promozionali potrebbero essere oggi rivisti, proprio sulla scia dell’esperienza comparata, ad esempio liberando risorse a vantaggio della contrattazione collettiva aziendale.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo