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Bollettino speciale ADAPT 25 febbraio 2021, n. 1
Campo di applicazione
Il campo di applicazione resta invariato rispetto al precedente CCNL ed è così sintetizzabile:
(A) stabilimenti appartenenti al settore metalmeccanico nei quali la lavorazione del metallo abbia una presenza esclusiva, prevalente o quantitativamente rilevante;
(B) stabilimenti siderurgici;
(C) stabilimenti, alle unità produttive e di servizio tradizionalmente considerati affini ai metalmeccanici;
(D) unità produttive e/o operative e di servizio, ricerca, progettazione e sviluppo che abbiano con il settore metalmeccanico interconnessioni di significativa rilevanza e delle imprese costruttrici di impianti tecnologici, di servizi di efficienza energetica (ESCo) e di Facility management.
Il contratto collettivo stipulato in data 26 novembre 2016 entra nel dettaglio con molteplici esemplificazioni; tale clausola non è interessata dal rinnovo.
Meccanismi di estensione dell’efficacia del contratto collettivo
Stante la perdurante situazione di inattuazione dell’art. 39 Cost., i contratti collettivi di diritto comune, essendo atti di natura negoziale e privatistica, si applicano ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti, ferma restando l’adesione da parte dei non iscritti ai sindacati stipulanti che abbiano aderito alla disciplina o l’abbiano comunque recepita. Da ciò si evince la mancanza di efficacia erga omnes dei contratti collettivi: soltanto il datore di lavoro iscritto all’associazione sindacale datoriale è tenuto all’applicazione del contratto collettivo di lavoro e solamente nei confronti dei lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto il CCNL o vi hanno comunque aderito.
Tuttavia, è necessario sottolineare che vi sono stati molteplici tentativi, ad opera della prassi amministrativa e della giurisprudenza, di estendere l’ambito di efficacia del CCNL di diritto comune.
In tal senso, è da menzionare l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, è rilevante l’appartenenza alla categoria professionale, la quale si determina a sua volta secondo l’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore.
Tuttavia, questo orientamento è stato superato da altra giurisprudenza che ha sancito l’inapplicabilità dell’art. 2070 c.c. al contratto collettivo di diritto comune per contrasto anche con il principio di libertà sindacale enunciato dall’art. 39 Cost., rilevando semmai lo stesso solo ai fini della retribuzione conforme al dettato dell’art. 36 Cost. (“il primo comma dell’art. 2070 c.c. non opera nei riguardi della contrattazione collettiva di diritto comune, che ha efficacia vincolante limitatamente agli iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e a coloro che esplicitamente o implicitamente, al contratto abbiano prestato adesione. Pertanto, nell’ipotesi di contratto di lavoro regolato dal contratto collettivo di diritto comune proprio di un settore non corrispondente a quello dell’attività svolta dall’imprenditore, non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso, se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, ma solo eventualmente richiamare tale disciplina come termine di riferimento per la determinazione della retribuzione ex art. 36 Cost., deducendo la non conformità al precetto costituzionale del trattamento economico previsto nel contratto applicato” (in tal senso anche Cass. Civ. Sez. Lav. n. 1813/2010; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 8565/2004; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 11372/2008; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 9964/2003; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 7157/2003; Cass. Civ. Sez. Lav. n. 12663/1997).
Pertanto, la giurisprudenza, nonostante gli indirizzi non sempre univoci, tende attualmente ad escludere l’applicabilità del comma 1 dell’art. 2070 c.c. ai contratti collettivi di diritto comune.
In tal senso, il Supremo Collegio con la sentenza n. 1813/2010 statuisce che “nell’ordinamento attuale, venuto meno il contenuto normativo dell’art. 2070 c.c., vige il principio per il quale, se il datore di lavoro non aderisce al sindacato imprenditoriale firmatario dell’accordo collettivo della cui applicazione si tratti, non vi è un obbligo giuridico per l’imprenditore stesso di applicare il contratto corrispondente all’effettiva attività economica esercitata”.
In altre parole, il lavoratore non può aspirare all’applicazione di un contratto collettivo diverso se il datore di lavoro non vi è obbligato per appartenenza sindacale, a meno che quest’ultimo vi abbia aderito esplicitamente o implicitamente. Fondamentale è dunque il comportamento delle parti del contratto individuale di lavoro.
Può infatti accadere che vi sia un esplicito rinvio nel contratto individuale al contratto collettivo di categoria e, in questo caso, le parti recepiscono il contratto collettivo ovvero determinano il contenuto del contratto individuale per relationem. In altre parole, qualora le parti nel contratto individuale di lavoro rinviino esplicitamente alla disciplina collettiva o ne applichino spontaneamente numerose e significative clausole troverà applicazione il CCNL nel suo complesso. Quando ciò avviene, il datore non può unilateralmente liberarsi dall’obbligo di applicare quel contratto collettivo perché tale obbligo ha fonte nel contratto individuale e ogni modificazione del contenuto del contratto individuale non può che essere concordata con il lavoratore (Trib. Roma 28 luglio 2016).
Nell’altro caso, può invece accadere che il datore di lavoro applichi spontaneamente nei contratti individuali di lavoro l’intero contratto collettivo di categoria o numerose clausole di esso. Vi è in altre parole, una implicita adesione.
ADAPT Junior Fellow
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena