L’apprendistato di primo livello per lo sviluppo del mercato del lavoro locale

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Bollettino ADAPT 4 novembre 2019, n. 39

 

L’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (così detto “apprendistato di primo livello”), così come disciplinato dall’art. 43 del d. lgs. n. 81/2015, rappresenta oggi un’importante opportunità di formazione di nuove professionalità, che può anche diventare strumento cruciale per la crescita dei territori.

 

Si tratta di una tipologia contrattuale, di cui destinatari sono i giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, che consente di svolgere i percorsi di studio finalizzati al conseguimento dei titoli prima citati applicando la metodologia dell’alternanza formativa: i giovani inseriti in questo tipo di percorsi studiano e lavorano, integrando organicamente quanto appreso a scuola e quanto appreso al lavoro.

 

Tuttavia, i dati che fino ad oggi hanno riguardato l’utilizzo di tale tipologia contrattuale non sono incoraggianti poiché mostrano un ricorso pressocchè irrilevante da parte delle imprese a questo tipo di assunzioni (si veda M. Colombo, M. Tiraboschi, La scommessa a metà dell’apprendistato; A. Battaglia, Il rapporto INPS/INAPP sull’apprendistato in Italia). La ragione dell’insuccesso dell’apprendistato di primo livello, non è tanto da ricercare nell’eccesso di burocrazia che tradizionalmente la vulgata attribuisce a tale tipologia contrattuale, quanto piuttosto, a parere di chi scrive, nella continua instabilità della cornice normativa relativa all’istituto.

 

Infatti, dal 2003 al 2015 l’apprendistato di primo livello, in particolare, è stato attraversato da ben tre riforme legislative che ne hanno riscritto i caratteri essenziali, inframmezzate a loro volta da continui ritocchi e variazioni a singoli aspetti della disciplina che di certo hanno scoraggiato imprese ed operatori del diritto ad applicarlo. Questo ha inevitabilmente comportato l’impossibilità, per le buone prassi in atto, di sedimentarsi e diffondersi, creando così un vero e proprio sistema, sul territorio nazionale, per l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro.

 

La valenza educativa e formativa dell’apprendistato di primo livello non è tuttavia da sottovalutare. Percorsi di questo tipo infatti consentono, in primo luogo, di apprendere nella realtà, ossia di imparare lavorando, attraverso sia l’osservazione di un tutor o, meglio, maestro, e di colleghi con esperienza, sia mettendo in pratica successivamente le attività caratteristiche di quella determinata professione. In secondo luogo, il momento scolastico consente di condividere le esperienze di lavoro con i compagni di classe e gli insegnanti, di integrare quanto appreso nella realtà con quanto appreso in aula, in modo che l’apprendista porti a sistema le conoscenze acquisite nei diversi contesti di apprendimento e le traduca in competenze (per un approfondimento si veda anche M. Colombo, Percorsi di lettura sul lavoro/1 – L’uomo artigiano di Richard Sennett).

 

Un percorso di apprendimento così strutturato fa sì che, non si formi soltanto uno studente o un lavoratore, ma una persona a tutto tondo. L’apprendimento di un metodo per mettere a sistema le conoscenze acquisite nei diversi contesti e rielaborarle in un “saper fare” contribuisce alla formazione di un cittadino prima di tutto. L’esperienza di apprendistato di primo livello consente, infatti, proprio grazie all’integrazione tra contesto scolastico e lavorativo, di conoscere il territorio in cui si è inseriti, di tramandare e custodire il know-how di conoscenze e competenze che lo caratterizza, rendendo così i giovani consapevoli del contesto che li circonda e in grado di procurarsi gli strumenti necessari per affrontare le nuove sfide che un mercato del lavoro sempre più incerto e in via di trasformazione, come quello odierno, porrà.

 

Inoltre, l’incontro tra scuola e impresa che viene favorito dall’attivazione di tale tipologia contrattuale consente un continuo aggiornamento a favore delle scuole delle competenze tecniche e trasversali di cui maggiormente hanno bisogno le imprese, nonché la possibilità che gli studenti apprendano su strumenti all’avanguardia tecnologica; dall’altro permette alle imprese di contribuire ad una formazione sempre aggiornata, in modo da avere al loro interno professionalità complete ed in linea con le loro esigenze.

 

Non solo. Il legame scuola-impresa è un vero e proprio valore aggiunto per il territorio. Le imprese infatti sono attori strategici di un territorio, in quanto custodi dell’esperienza e della tecnicalità necessarie per far crescere i settori localmente più sviluppati e, dunque, per creare valore e accrescere la competitività di quest’ultimo. Attraverso modelli di integrazione di questo tipo, anche la scuola si appropria di tali saperi, in modo da trasmetterli, oltretutto costantemente aggiornati, al futuro capitale umano del territorio (in proposito si veda anche M. Colombo, Apprendistato di primo livello e grande trasformazione del lavoro. A proposito di un recente studio Eurofound).

 

Il processo appena descritto è quanto è avvenuto nel territorio di Lecco, attraverso il progetto “alternanza potenziata e apprendistato di primo livello” della Fondazione per la Salvaguardia della Cultura Industriale – A. Badoni che, a partire del 2012, ha iniziato a progettare (e ha poi realizzato) un percorso di integrazione scuola lavoro che, nell’anno pilota (il 2016/2017), ha coinvolto nove studenti del Centro di Formazione Professionale “Aldo Moro” di Valmadrera, per conseguire la qualifica professionale di “operatore meccanico” prima e il diploma professionale di “tecnico dell’automazione industriale” dopo. Il progetto prevede che i giovani, al loro secondo anno di studi, svolgano la metà del loro percorso scolastico in tirocinio curriculare in azienda (la così della “alternanza potenziata”) e il terzo e il quarto anno di studi in apprendistato di primo livello nella medesima azienda, per conseguire i titoli di studio menzionati. Al termine del percorso, è prevista la possibilità di proseguire per un ulteriore anno con un apprendistato professionalizzante per il conseguimento della qualificazione professionale.

 

Il progetto è oggi alla sua quarta edizione e proprio al termine dell’anno scolastico 2018/2019 ha visto i suoi primi diplomati che hanno portato ottimi risultati e proseguito la loro esperienza di lavoro presso le aziende nelle quali avevano realizzato il percorso. Le aziende partecipanti hanno apprezzato la possibilità di formare e far crescere una risorsa al loro interno, ma soprattutto il contatto con il tutor scolastico, la possibilità di una formazione congiunta e coerente, il ruolo in primo piano nel monitoraggio di un percorso di crescita come persona, ma anche come professionista.

 

L’obiettivo del progetto appena descritto è quello di far crescere il territorio, con l’auspicio che esperienze di questo tipo si moltiplichino. Il lecchese è infatti un territorio a forte vocazione industriale, tanto da essere diventato distretto industriale della metalmeccanica. L’esigenza è che scuola e lavoro dialoghino al fine di alimentare e implementare la cultura industriale del territorio, per avere da un lato un mercato del lavoro in cui domanda e offerta si incontrino, dall’altro persone consapevoli e attive nel contesto in cui vivono.

 

L’esperienza della Fondazione Badoni di Lecco sta a poco a poco mettendo radici sul territorio, con numeri via via sempre più alti di studenti e aziende partecipanti. Sarebbe necessario che questa si ripetesse su tutto il territorio nazionale, con riguardo alle specificità locali, per favorire la competitività dell’intero sistema Paese. Tuttavia, l’attenzione a livello nazionale verso la promozione dell’apprendistato e il supporto ai territori che lo attivano è pressocché nulla e strumenti quali l’alternanza scuola lavoro vengono addirittura depotenziati, invece che essere diffusi, eliminando ogni riferimento persino dal nomen iuris dell’istituto che, in seguito alla legge di bilancio 2019 (M. Tiraboschi, L’alternanza scuola-lavoro e i cambiamenti contenuti nella Legge di bilancio) è diventato “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” (PCTO).

 

A dimostrazione di quanto detto, l’assoluto silenzio sotto al quale sono passate le recenti Linee Guida per i PCTO (approvata con DM 774 del 4 settembre 2019) che, oltre a diminuire il monte ore totale obbligatorio introdotto per l’alternanza scuola lavoro dalla c.d. Buona Scuola, riducono la valenza dell’esperienza a mere finalità orientative e di acquisizione di competenze trasversali. Obiettivi di certo non estranei a percorsi di questo tipo, ma limitati e che tendono ad oscurare la valenza formativa del lavoro che, se integrata in un’esperienza di istruzione e formazione coerente con gli obiettivi di apprendimento dell’offerta formativa scolastica, concorrerà prima di tutto alla formazione integrale della persona.

 

Alessia Battaglia

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@_alebattaglia

 

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