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L’accordo integrativo del CCNL metalmeccanici del 12.09.2017 – siglato da Federmeccanica, Assistal e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil – disciplina l’apprendistato professionalizzante per il settore dell’industria metalmeccanica, rispondendo così alla delega del legislatore del d.lgs. n. 81/2015 che demanda ai contratti collettivi nazionali di lavoro e agli accordi interconfederali la disciplina di alcuni aspetti del contratto di apprendistato.
Come ha mostrato il recente rapporto INPS-INAPP sull’apprendistato (su cui si veda E. Fumagalli – Apprendistato: una formazione che non c’è. Brevi considerazioni sul XVII rapporto di monitoraggio INPS-INAPP), tra le tre tipologie di apprendistato esistenti, quella dell’apprendistato professionalizzante è la più utilizzata. Quanto emerge dal rapporto, tuttavia, è che il favore che incontra non è dovuto al vantaggio di integrare formazione e lavoro all’interno di un contratto di lavoro, quanto piuttosto ai vantaggi economici e contributivi che il legislatore da sempre riconosce all’apprendistato di secondo livello. Questa maggiore diffusione dell’apprendistato professionalizzante, insieme alla sostanziale inalterazione della sua disciplina rispetto al T.U. del 2011, fa sì che la casistica in materia sia varia e ampia. Partendo dall’esame dell’accordo integrativo del settore dell’industria meccanica, si esamineranno, pertanto, alcuni dei nodi emersi negli anni di applicazione del contratto.
In adempimento alla delega contenuta all’art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015, il CCNL metalmeccanici individua la durata massima del periodo di apprendistato in 36 mesi che si riducono a 30 nel caso in cui il lavoratore sia in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di un titolo dell’istruzione terziaria, purché tale titolo sia coerente con la qualificazione professionale da conseguire nel periodo di apprendistato.
In materia di durata del contratto, è sempre più diffusa la prassi che vede un’ulteriore riduzione del periodo di apprendistato nell’ipotesi in cui l’apprendista abbia precedentemente svolto un periodo di tirocinio extracurriculare nella medesima azienda. Si tratta, appunto, di una mera prassi che non trova appiglio normativo, né che è stata avallata da interpelli, note o circolari ministeriali. In realtà, la ratio sottesa ai due istituti è diversa, seppure è innegabile che abbiano dei tratti in comune.
L’apprendistato professionalizzante è un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato da un momento formativo che è parte integrante del contratto e che è finalizzato al conseguimento di una specifica qualificazione contrattuale, ossia ad apprendere una specifica professionalità così come declinata dal CCNL di riferimento. Non bisogna, infatti, dimenticare che il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato che ha lo scopo di agevolare l’assunzione di giovani da formare, incentivando il datore di lavoro con una serie di benefici economici, contributivi e normativi che rendano più appetibile per l’imprenditore l’investimento in formazione, indispensabile nel momento in cui si assume un giovane.
Il tirocinio è anch’esso un percorso formativo, ma volto a conferire al tirocinante (sia questo disoccupato o che abbia appena terminato un percorso di istruzione o formazione) le competenze tecnico-professionali necessarie per immettersi nel mercato del lavoro. Il progetto formativo deve essere sì misurato su una figura professionale di riferimento, tra quelle indicate nella classificazione delle professioni Istat o nei quadri regionali delle figure professionali, ma è maggiormente improntato a ricoprire il gap esistente tra il momento in cui si termina un percorso di istruzione o in cui si è fuori dal mercato del lavoro e il momento dell’ingresso nel mercato del lavoro.
In definitiva, il tirocinio non è volto a formare una professionalità specifica, inserita in un sistema di mestieri, quali sono quelli declinati dai contratti collettivi, ma ad agevolare l’occupabilità in generale di giovani o disoccupati ed è per tale ragione che non è adeguato “assorbire” il periodo di tirocinio nel periodo di formazione dell’apprendistato professionalizzante.
È, invece, espressamente prevista dall’art. 3 del CCNL la possibilità di ridurre di 6 mesi la durata del periodo di apprendistato, qualora l’apprendista abbia precedentemente svolto, presso datori di lavoro diversi, almeno 12 mesi di apprendistato, purché non siano separati da un periodo superiore ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività.
Per quanto riguarda l’aspetto della formazione tecnico-professionale, questa ha una durata pari ad almeno 80 ore medie annue ed è espressamente previsto che si configuri come un percorso personalizzato sulla base delle conoscenze di partenza dell’apprendista e delle competenze tecnico-professionali e specialistiche da conseguire. Questo comporta che le ore di formazione e le competenze da acquisire debbano essere calibrate sull’esperienza del singolo apprendista, tenendo presente che il PFI è un documento sempre modificabile e che, se nella pratica l’apprendista si dimostra maggiormente abile o più debole su alcune competenze, la distribuzione delle ore può essere modificata in itinere.
Alle 80 ore medie annue di formazione tecnico-professionale vanno aggiunte le ore di formazione di base e trasversali, erogate dalle Regioni. La durata di quest’ultima varia a seconda del titolo di studio da conseguire, come di seguito indicato:
- 120 ore per gli apprendisti privi di titolo di studio, in possesso di licenza elementare e/o della sola licenza di scuola secondaria di I grado (licenza media);
- 80 ore per gli apprendisti in possesso di diploma di scuola secondaria di II grado o di qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale;
- 40 ore per gli apprendisti in possesso di laurea o titolo almeno equivalente.
In materia di retribuzione, il CCNL dà la possibilità al datore di lavoro di sotto inquadrare l’apprendista fino a due livelli rispetto a quello di destinazione, con un aumento progressivo del livello di inquadramento, fino ad arrivare al livello di destinazione finale in prossimità del termine del periodo di apprendistato. In particolare:
- nel primo periodo di apprendistato, l’apprendista potrà essere inquadrato fino a due livelli al di sotto del livello di destinazione finale e la retribuzione corrisponderà a quella minima contrattuale prevista per il livello iniziale di inquadramento;
- nel secondo periodo, l’inquadramento sarà inferiore di un livello rispetto a quello di destinazione e la retribuzione sarà corrispondente a quella minima contrattuale prevista per tale livello;
- nel terzo periodo la retribuzione sarà quella minima prevista per il livello finale di destinazione.
I “periodi” in cui suddividere la durata dell’apprendistato sono già determinati dal CCNL, sulla base delle durate massime possibili. Qualora la durata massima sia diversa da quelle riportate, la durata dei singoli periodi dovrà essere riproporzionata.
Retribuzione apprendista professionalizzante
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||||
Primo periodo Mesi
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Secondo periodo Mesi |
Terzo periodo Mesi |
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Durata massima Mesi |
36 | 12 | 12 | 12 |
30 | 10 | 10 | 10 | |
24 | 8 | 8 | 8 | |
Livello di inquadramento
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Due livelli sotto il livello di destinazione |
Un livello sotto il livello di destinazione |
Pari al livello di destinazione finale |
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Retribuzione
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Minima contrattuale |
Minima contrattuale |
Minima contrattuale |
In materia di malattia, infortunio, gravidanza e puerperio si applicano le disposizioni generali prevista dal CCNL, ma qualora il periodo di assenza sia superiore a 30 giorni, il contratto sarà prolungato per un periodo pari alla durata dell’assenza.
Infine, la disciplina del recesso dal contratto, consente al lavoratore di esercitare tale facoltà prima del termine del periodo di apprendistato. In tal caso, questi sarà tenuto ad un periodo di preavviso di 15 giorni, durante i quali continuerà ad applicarsi la disciplina dell’apprendistato. Al fine di arginare casistiche verificatesi di frequente, è bene precisare che al lavoratore che recede prima del termine del periodo di apprendistato, ossia prima del completamento del periodo di formazione, non è dovuto alcun “credito” per la formazione non effettuata, né da compensare in denaro, né da erogare anche dopo la cessazione del rapporto.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo