Lavoro agile: da ancora di salvezza a leva per il ripopolamento dei piccoli comuni

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 8 novembre 2021, n. 39
 
Lo scorso 13 ottobre è stato assegnato alla prima Commissione permanente (Affari costituzionali) il Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 «per la promozione del lavoro agile nei piccoli comuni», con l’obiettivo di invertire i trend demografici (negativi) che, da anni, caratterizzano le zone marginali della penisola.
 
La Delega al Governo risulta meritevole di commento, non solo per la sua portata generale, ma anche (e soprattutto) per aver messo in luce una questione per lungo tempo sottorappresentata. In particolare, l’abbandono dei piccoli comuni – accompagnato dal (conseguente) invecchiamento della popolazione residente – rischia di far disperdere un patrimonio storico, culturale e paesaggistico, che rende l’Italia uno dei Paesi più belli e visitati al mondo e che – anche in una prospettiva costituzionalmente orientata (art. 9 Cost.) – necessita di essere salvaguardato.
 
Il fenomeno appare strettamente legato al costante trasferimento di persone in età lavorativa verso le città, la cui forza magnetica risulta amplificata dalla vivacità del mercato del lavoro e dalla vicinanza – oltre che dalla migliore qualità – dei centri di offerta dei servizi essenziali. Poiché lo spopolamento, una volta innescato, tende ad autoalimentarsi, si è rapidamente consolidato un circolo vizioso, i cui riflessi si sono prodotti sui piccoli borghi con una diminuzione dei servizi disponibili e dei livelli di occupazione.
 
Di qui, l’esigenza di pensare a un modello capace di promuovere nuove opportunità di coesione territoriale, garantendo incentivi volti alla migrazione verso i piccoli comuni e alla rianimazione delle attività locali. L’obiettivo ultimo è, quindi, il ripopolamento (progressivo e permanente) delle zone marginali, da raggiungere grazie all’ausilio delle tecnologie, memori delle esperienze maturate durante i mesi più duri della pandemia.
 
La “scoperta” del lavoro agile (o smart working)
 
Benché sia uno strumento in grado di conciliare tempi (e spazi) di vita professionale e privata, sino a prima dello scoppio dell’emergenza da Covid19 il lavoro agile rappresentava un istituto di nicchia, confinato in poche realtà imprenditoriali di grandi dimensioni. L’idea che le attività lavorative potessero essere organizzate («anche») «per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro» (art. 18, c. 1, L. n. 81/2017), con una maggiore rilevanza del risultato rispetto alla continuità nella prestazione, era, infatti, rimasta prevalentemente su carta.
 
Se, da un lato, lo stato di calamità ha evidenziato le vulnerabilità del contesto-Paese, dall’altro, ne ha anche messo in risalto le notevoli capacità di attivazione. In tal senso, l’emergenza ha accelerato la transizione verso nuovi modelli di organizzazione del lavoro, determinando un rapido impulso al lavoro a distanza, quale risposta sistemica alla propagazione del contagio. Lo smart working ha, così, permesso che le attività economiche proseguissero (o riprendessero) da remoto, in ossequio al distanziamento sociale imposto dalla situazione emergenziale.
 
Sulla scorta delle consapevolezze restituite dalla pandemia, si ritiene che l’agilità del lavoro possa rappresentare una misura per sopperire alle criticità in essere in un Paese abbandonato e invecchiato, quale è il nostro. A tal proposito, la Delega all’esecutivo vede proprio nello smart working un’occasione per ripopolare luoghi dove (tradizionalmente) meno germina l’innovazione, specie a opera di quelle persone che preferiscono allontanarsi dai centri metropolitani e avvicinarsi allo stile di vita dei piccoli comuni.
 
Il ruolo propulsivo della Strategia Nazionale per le Aree Interne
 
Segnali incoraggianti, rispetto alla riduzione degli squilibri tra le diverse zone del Paese, erano già stati registrati per effetto della Strategia Nazionale per le Aree interne (SNAI), avviata dall’Agenzia per la Coesione Territoriale nel 2013.
 
Esplicitamente richiamata dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, la SNAI si propone di superare le tradizionali logiche redistributive, al fine di arginare il declino dei piccoli comuni e creare nuove possibilità di reddito con investimenti per la crescita locale.
 
Sostenuta dai Fondi strutturali europei (Fondi SIE) e da risorse nazionali (ex art. 1, c. 13, L. n. 147/2013 e ss. integrazioni), l’iniziativa si muove lungo due direttrici convergenti, che pongono al centro dell’azione la qualità della vita delle persone. Per un verso, la Strategia intende migliorare l’inclusione sociale e il benessere della popolazione residente; per altro verso, questa ambisce a ripristinare la struttura demografica e la domanda di lavoro nei contesti marginali.
 
Sul piano operativo, con la SNAI si è provveduto a effettuare una scansione della penisola, suddividendola a livello comunale secondo la capacità di offerta di specifici servizi essenziali, identificati nell’istruzione, nella salute e nella mobilità. Si tratta di attività che sono state interessate dagli effetti delle manovre correttive di finanza pubblica, con la conseguente soppressione di alcune strutture, a scapito dei piccoli comuni.
 
La selezione dei comuni candidabili è avvenuta in funzione della distanza dal centro di offerta di servizi più prossimo, mediante una procedura di istruttoria pubblica. In tal modo, sono state individuate settantadue Aree progetto, cui affidare – attraverso finanziamenti mirati e personalizzati – la sperimentazione delle singole Strategie.
 
La SNAI possiede, dunque, il merito di aver cercato di inquadrare, in maniera unitaria, il tema delle Aree interne e dei piccoli comuni: la scommessa è trasformare le loro peculiarità in un valore aggiunto per l’intero Paese, rendendo questi borghi maggiormente fruibili e attrattivi, nella prospettiva di una migliore vivibilità, in favore dei residenti (anche potenziali) e del sistema competitivo autoctono. Per vincere tale sfida, è allora necessario realizzare le precondizioni per la promozione del mercato locale e la rivitalizzazione socioeconomica del territorio.
 
Dalla SNAI al PNRR
 
In questi termini, la SNAI appare coerente con la formulazione del recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ne reclama espressamente una «accelerazione» (art. 58, D. L. n. 77/2021). Nell’alveo delle Missioni individuate dal Piano di riforma nazionale, sembrano, infatti, trovare efficacemente riparo le principali criticità dei piccoli comuni, relative: i) al dissesto idrogeologico (Missione 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica); ii) alla debole dotazione infrastrutturale e delle reti di comunicazione (Missione 3, Infrastrutture per una mobilità sostenibile); iii) all’assenza di istituti scolastici (Missione 4, Istruzione e ricerca); iv) all’estromissione dal sistema nazionale (Missione 5, Inclusione e coesione); v) alla lontananza dai centri sanitari strutturati (Missione 6, Salute).
 
Ma il tema che sembra venir maggiormente sollecitato dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 è quello relativo alla grande trasformazione del lavoro, analogamente promosso dal PNRR (Missione 1, Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo). In questo ambito, grazie a investimenti rivolti alla digitalizzazione, lo smart working potrebbe rappresentare un volano per il rafforzamento della presenza antropica e per la rinascita delle filiere produttive nei piccoli comuni, al fine di imprimere un decisivo salto qualitativo alle politiche di coesione territoriale.
 
I contenuti della Delega al Governo
 
Le ambizioni della SNAI e del PNRR appaiono proficuamente riassunte dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, che – sulla scia delle strategie di riqualificazione dei piccoli comuni (promosse dalla L. n. 158/2017) – intende arrestare i fenomeni di declino demografico caratterizzanti queste zone marginali. La tensione è verso la valorizzazione delle iniziative di quei prestatori agili, che – durante la pandemia – hanno scelto e apprezzato il lavoro svolto dalle proprie terre d’origine, contribuendo, così, al loro ripopolamento.
 
Per quanto concerne l’ambito di applicazione della Delega all’esecutivo (art. 1), occorre evidenziare come questa si rivolga «ai comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti», nonché a quelli istituiti a seguito di fusione tra comunità aventi ciascuna popolazione fino a 5.000 abitanti (ex art. 1, c. 2, L. n. 158/2017). Tali comuni – disseminati prevalentemente lungo la dorsale appenninica e l’arco prealpino – rappresentano oltre il 70 per cento dei quasi 9.000 comuni italiani, per una popolazione complessiva di 11 circa milioni di abitanti.
 
La proposta – pensata per il lungo periodo – avviene per il tramite della leva fiscale e contributiva (art. 2). Nel dettaglio, il Disegno di Legge Delega n. 2316/2021 contempla agevolazioni per i «datori di lavoro che promuovono nei piccoli comuni lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile per un periodo non inferiore a cinque anni», nonché a quelli che avviano, in questi luoghi, «progetti di riorganizzazione e di riqualificazione degli spazi dell’impresa per favorire il lavoro condiviso» [art. 2, lett. a)]. Parimenti, sono ammesse detrazioni «delle spese documentate per favorire l’acquisto e il recupero di immobili abbandonati» [art. 2, lett. b)], che – per sopperire alle problematiche legate alla carenza degli spazi domestici – potrebbero confluire nella costituzione di spazi pubblici di co-working.
 
Altresì, la Delega al Governo riconosce incentivi «per favorire l’insediamento di nuovi residenti nei piccoli comuni», specie per nuclei familiari con ISEE inferiore ai 40.000 euro [art. 2, lett. c)], prevedendo anche la concessione «di mutui agevolati per gli investimenti necessari a favorir(n)e lo sviluppo tecnologico» [art. 2, lett. d)].
 
Certamente, una simile prospettazione richiede la preliminare realizzazione (o adeguamento) delle infrastrutture necessaire a una maggior vivibilità di questi luoghi, che risulta altrettanto promossa dal Disegno di Legge Delega. Sono, infatti, ammesse ulteriori detrazioni fiscali delle spese sostenute per «la diffusione della rete a banda ultra larga» [art. 2, lett. e)] di modo da consentire lo svolgimento nei piccoli comuni di attività lavorative in modalità agile.
 
In questi termini, la Legge fungerà da stimolo per promuovere e potenziare il lavoro agile nei piccoli comuni e, di conseguenza, per contrastare i fenomeni relativi alla rarefazione delle opportunità di lavoro e al diradamento dell’offerta dei servizi.
 
Una soluzione prospettabile
 
Non resta che attendere i Decreti attuativi – che dovranno essere adottati «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della Legge» (art. 3) – per verificare la versatilità del digitale e, in particolare, le potenzialità dello smart working, rispetto all’esigenza di popolare territori abbandonati.
 
Sul punto, giova osservare come alcuni piccoli comuni abbiano già messo in pratica iniziative virtuose, similari a quelle prospettate dal Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, anticipandone di fatto i contenuti. A titolo esemplificativo, il Comune di Santa Fiora (GR) ha promosso incentivi per compensare fino a metà del costo della locazione di chi si trasferisce sul territorio per almeno due mesi (https://santafioraturismo.it/vivi-in-paese/), il Comune di Castelbuono (PA) ha individuato spazi di coworking da destinare ai prestatori agili che intendono lavorare dal Sud del Paese per aziende site al Nord o addirittura all’estero (https://southworking.socialgreenhub.org/), mentre il Comune di Otranto (LE) mira a creare un “ufficio diffuso” all’interno della città, attraverso apposite convenzioni con bar e ristoranti, nonché mediante l’adibizione di appositi spazi all’interno della biblioteca comunale, (https://www.smartworkingotranto.it/).
 
Dinanzi a tali buone prassi di radicamento dei lavoratori agili, si potrebbe forse auspicare, a scopo promozionale, una rivisitazione della disciplina originaria in materia di lavoro agile (L. n. 81/2017). In particolare, affinché gli smart workers possano stabilirsi definitivamente nel luogo elettivo, potrebbe ritenersi opportuna una deroga rispetto al requisito della alternanza tra la prestazione resa all’interno e all’esterno dei locali aziendali, stabilizzando, in questo senso, una specialità della prima fase emergenziale.
 
Tale riflessione nasce, però, da un’apparente miopia del Disegno di Legge Delega n. 2316/2021, che appiattisce (almeno normativamente) le diverse forme di lavoro da remoto previste nell’ordinamento nazionale sul solo lavoro agile. In questa prospettiva, il telelavoro (disciplinato, nel pubblico impiego, ai sensi dell’art. 4, L. n. 191/1998 e, nel settore privato, dall’Accordo interconfederale del 9 giugno 2004) configurerebbe già oggi la possibilità, per alcuni prestatori, di collaborare nell’impresa regolarmente e continuativamente, a distanza grazie alle strumentazioni tecnologiche, richiedendo esclusivamente che il luogo di esecuzione della prestazione sia «predeterminato e stabile».
 
Sicché, astrattamente, basterebbe incoraggiare il lavoro da remoto (comprensivo sia del lavoro agile che del telelavoro) per abilitare il più ampio utilizzo delle modalità di lavoro a distanza, potendo rispondere alle esigenze di chi opterà per l’una o per l’altra modalità, senza avanzare deroghe alla disciplina generale del lavoro agile. Tuttavia, occorre tener presente che rimangono sul piatto due diverse criticità: il telelavoro, come attualmente normato, è costoso e rigido; il lavoro agile, invece, è allo stato in via di riscrittura.
 
Così riletto, lo smart working potrà valorizzare quel capitale intellettuale che desideri trasferirsi, rientrare o rimanere nei piccoli comuni, sia per mettere le proprie competenze a servizio del territorio, sia – più semplicemente – per viverci e, quindi, ripopolarli.
 
Massimiliano De Falco

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@M_De_Falco

Lavoro agile: da ancora di salvezza a leva per il ripopolamento dei piccoli comuni
Tagged on: