Lavoro dipendente in Italia: una sintesi delle tendenze emergenti dal XXIII Rapporto Annuale INPS

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Bollettino ADAPT 28 ottobre 2024, n. 38
 
Lo scorso 23 settembre 2024 è stato pubblicato l’annuale Rapporto elaborato dall’Inps, giunto ormai alla sua ventitreesima edizione, in cui si analizzano gli aspetti più rilevanti della previdenza sociale e del mercato del lavoro in Italia. Con l’intento di descrivere la situazione relativa al lavoro dipendente del settore privato, di seguito si sintetizzano i principali risultati che riguardando sia l’andamento del tasso di occupazione sia le variazioni delle retribuzioni percepite dei lavoratori.
 
Dinamica occupazionale
 
Secondo i dati Istat, tra il 2019 e il 2023 in Italia il tasso di occupazione è cresciuto del 2,3%: si tratta di un risultato positivo seppur la crescita, in ottica comparata a livello europeo, sia inferiore rispetto a quanto registrato in altri Paesi come la Francia (6,6%) e la Spagna (3,8%).
 
Questo incremento dell’occupazione è legato principalmente alla crescita del lavoro a tempo indeterminato, soprattutto nel settore privato, mentre altre forme contrattuali, come il tempo determinato, l’apprendistato o i contratti di somministrazione e intermittenti, hanno registrato oscillazioni e tassi di crescita decisamente più contenuti. Dunque, nel periodo considerato e nonostante lo shock esogeno derivante dalla pandemia da Covid-19, il mercato del lavoro italiano ha mostrato una tendenza verso una maggiore stabilizzazione dei rapporti di lavoro.
 
Concentrandosi sulla crescente quota di contratti a tempo indeterminato, vale la pena analizzare il numero di cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente. Prendendo come riferimento il 2023, infatti, si stimano circa 7,7 milioni di cessazioni, in linea con gli anni precedenti, con solo 1 rapporto su 4 tra quelli cessati che riguarda contratti a tempo indeterminato. È importante sottolineare come, per i contratti a tempo indeterminato, il 2023 sia coinciso con una flessione sia delle cessazioni (-4%) sia dei licenziamenti per motivi economici, con una diminuzione del 10%.
 
Un ulteriore aspetto che avvalora tale ipotesi è l’analisi del tasso di work-turnover, calcolato rapportando il numero di lavoratori “movimentati” (ovvero interessati da un’assunzione o cessazione) sul totale dei lavoratori. È interessante notare come tale indicatore sia cresciuto stabilmente a partire dal 2020, superando nel 2022 anche il valore pre-pandemico del 2019 (36,9% contro 35,5%), prima di tornare a diminuire durante l’anno appena trascorso, assestandosi al 35,9%. Questo dato testimonia come il mercato abbia iniziato a superare le turbolenze iniziate nel 2020, quando successivamente alla pandemia, prima negli USA e poi in Europa è iniziato un periodo caratterizzato dalla cosiddetta Great Resignation, un fenomeno legato all’incremento delle dimissioni volontarie e, quindi, della mobilità lavorativa.
 
Dinamica retributiva
 
Appurato il fatto che l’occupazione sia cresciuta e che sia aumentata la stabilità dei rapporti di lavoro, occorre svolgere un’analisi più approfondita in merito alle retribuzioni medie erogate. Per fare ciò, il Rapporto dell’Inps prende in esame le retribuzioni medie lorde di fatto, basate sul tempo effettivamente lavorato e al netto delle prestazioni a carico dell’Inps, distinguendo successivamente tra contratti di lavoro part-time e full-time, oltre che tra contratti full-year e part-year.
 
Da questa analisi emerge come la variazione delle retribuzioni lorde di fatto sia stata pari al 6,8% tra il 2019 e il 2023, un dato sensibilmente più basso rispetto all’inflazione, che ha visto un incremento del livello dei prezzi tra il 15% e il 17% (a seconda dell’indicatore ISTAT utilizzato), con picchi del 25% se si considerano, ad esempio, le spese alimentari. Tale situazione ha comportato una perdita piuttosto consistente del potere d’acquisto dei dipendenti, colpendo principalmente le fasce più povere della popolazione.
 
Su questo tema è intervenuto anche direttamente il governo, che, tramite la leva fiscale, ha messo in atto diverse operazioni volte a ridurre il cuneo fiscale, sia riformando direttamente le aliquote Irpef o ampliando le detrazioni fiscali, sia operando un esonero degli oneri previdenziali a carico del lavoratore. Tale intervento ha comportato un ulteriore incremento tra i 6 e gli 8 punti percentuali delle retribuzioni lorde tra il 2021 e il 2023 per le fasce di reddito più basse, ovvero fino a €2.500 lordi mensili; oltre tale soglia, gli effetti sono via via più attenuati. Gli effetti positivi sono stati ancora più incisivi se si considerano le retribuzioni nette, dove la variazione è stata anche del 10%, attenuando in modo significativo l’impatto dell’inflazione.
 
Infine, il percorso di convergenza tra la crescita delle retribuzioni e l’inflazione è stato influenzato anche dal rinnovo di alcuni CCNL, che ha permesso un parziale recupero rispetto alla dinamica inflattiva. Bisogna infatti ricordare come nel corso del 2023 sono stati rinnovati importanti contratti come il CCNL Credito (Il rinnovo del CCNL Credito: il trattamento economico come driver dell’innovazione nel settore, Bollettino ADAPT 4 dicembre 2023, n. 42), il CCNL Gomma  Plastica (Il rinnovo del CCNL Gomma Plastica: aumenti economici, welfare contrattuale e novità sulla sicurezza, Bollettino ADAPT 13 marzo 2023, n. 10) e il Contratto specifico del Gruppo Stellantis (Il rinnovo del CCSL Stellantis: aumenti salariali e valorizzazione del sistema partecipativo per affrontare la transizione ecologica, Bollettino ADAPT 27 marzo 2023, n. 12), che in aggregato riguardano quasi mezzo milione di lavoratori. Tali rinnovi generano non solo incrementi dei minimi retributivi sia per il 2023 che per gli anni successivi, ma anche grazie a importi una tantum sostengono l’aumento delle retribuzioni percepite.
 
In aggiunta, occorre ricordare che anche nel corso del 2024 sono intervenuti importanti rinnovi contrattuali, come quello riguardante il CCNL Terziario, distribuzione e servizi (Il rinnovo del CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi: una prima rassegna delle principali novità, Bollettino ADAPT 25 marzo 2024, n. 12) e sono state avviate le trattative per il rinnovo di altri CCNL, tra cui quella del CCNL Metalmeccanici (si veda G. Biundo, Il sindacato metalmeccanico alla prova del rinnovo del principale contratto di settore, Bollettino ADAPT 3 giugno 2024, n. 22). Si tratta di un importante fattore se si considera che i due CCNL appena citati sono i due contratti collettivi maggiormente diffusi a livello nazionale e che, in generale, quanto stabilito dalle parti sociali rispetto al trattamento economico dei lavoratori ha un forte impatto rispetto alle dinamiche retributive nel nostro Paese.
 
Valutazione d’insieme
 
Il Rapporto elaborato dall’INPS evidenzia segnali positivi sul fronte occupazionale, con un incremento di circa 2,38 milioni di nuovi occupati tra il 2016 e il 2023 e una crescita di oltre 2 punti percentuali a partire dal 2019. Questi dati indicano una lenta ripresa del mercato del lavoro, che sta gradualmente superando le difficoltà causate dalla pandemia, sebbene le performance restino inferiori rispetto alla media europea. Inoltre, si registra una crescita dell’occupazione a tempo indeterminato, che contribuisce ad aumentare la stabilità lavorativa.
 
D’altro canto, l’aumento dell’occupazione non è accompagnato da una crescita parallela dei salari, un tema molto discusso nel dibattito pubblico nazionale. Questo fenomeno non è circoscritto agli ultimi anni, ma è sicuramente stato aggravato dalla crisi pandemica e dalla forte inflazione legata all’invasione russa dell’Ucraina. Come evidenziato nell’analisi, l’incremento delle retribuzioni resta sensibilmente inferiore all’aumento dei prezzi, nonostante l’intervento del governo, seppur non strutturale, per ridurre il cuneo fiscale, misura varata a partire dal 2024 e che sarà confermata anche per il 2025.
 
Infine, persiste una forte disomogeneità nelle retribuzioni, che rende urgenti interventi mirati. Queste disparità riguardano sia il gender pay gap, dato che le donne guadagnano in media il 18% in meno rispetto agli uomini nel lavoro dipendente, sia le differenze tra settori di impiego, con significative variazioni salariali tra i lavoratori.
 
Youri Giovannoni

ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti

@GiovannoniYouri

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