Che il famoso “bonus giovani” ideato da Letta e Giovannini sarebbe stato un flop lo sapevano tutti, tranne, ovviamente, gli ideatori e la solita stampa che, lo scorso anno, cantava le lodi del governo Letta. Con un po’ meno di arpe e lire e con qualche verso adorante in meno, ma si scioglieva pur sempre in madrigali commoventi, per raccontare le mirabilie del Governo, che si era speso per dare ai giovani grandi opportunità di lavoro.
E si raccontava che in ben 100.000 avrebbero visto aprirsi le porte verso un nuovo impiego. Tanto che Letta, preso dal suo ego e maggiormente convinto dagli esametri trocaici sciolti con devozione dai lirici dei giornali, affermò: “ora le imprese non hanno più scuse per non assumere”.
A un anno di distanza, gli assunti col sistema di incentivi individuato dal governo sono 22.000. Meno di un quarto delle previsioni. Ma, soprattutto, una percentuale irrisoria dei 3,2 milioni di disoccupati: lo 0,69%.
E sembra di vedere, nel flop certo, certissimo, annunciato, annunciatissimo, dell’iniziativa di Letta le stesse idee bislacche che hanno guidato i primi passi del Governo Renzi.
Il Ministro Poletti ed il premier continuano ad affermare, senza nemmeno farsi prendere da un minimo di dubbio proprio alla luce del flop di Letta, che la riforma del lavoro a tempo determinato (la nota eliminazione della causale e la prorogabilità fino a 5 volte), nonché la Garanzia Giovani, creeranno mille mila posti di lavoro. E sembra anche sentire la Madia che parla di “ricambio generazionale” nella pubblica amministrazione, perché presunti 15000 “giovani” (ma chi lo dice? Non sa la ministra che si entra per concorso nelle amministrazioni?) entrerebbero nei ruoli del lavoro pubblico, su 3,1 milioni di dipendenti, nemmeno lo 0,5%.
I governi da anni ormai non solo si fanno notare esclusivamente per gli slogan, ma sembrano davvero vivere in una realtà parallela, una sorta di Iperuranio platonico, alla rovescia.
Non ci vorrebbe molto, eppure, a capire che poiché il Paese vive una crisi economica devastante, che dura ormai ininterrotta da quasi 7 anni, le imprese non assumono non perché non vi siano gli strumenti di diritto del lavoro sostanziale o di natura economico-previdenziale, ma perché non vi sono commesse, le banche non fanno prestiti, la pubblica amministrazione, come anche i privati, non paga.
Sicché, anche la riforma del lavoro a tempo determinato si rivelerà un’inutile forzatura verso un diritto del lavoro ante anni ’50, che non produrrà una sola assunzione in più, ma estenderà a dismisura l’orizzonte del cattivo precariato. La Garanzia Giovani, a sua volta, sarà un immenso tirocinificio finanziato dal pubblico, nonché un sistema per permettere alle agenzie di lavoro private di piazzare ai propri clienti lo stesso stock di lavoratori somministrati che avrebbero comunque piazzato, potendo contare non solo sul pagamento dei clienti, ma anche dei finanziamenti pubblici. Per i giovani i benefici saranno nulli, per le agenzie un ottimo affare a zero rischi.
Ma, ovviamente, ci vorranno anni per fare i conti, verificare l’inevitabile e, però, sentirsi magari dire che le idee erano giuste, le statistiche e le valutazioni troppo ingenerose e, comunque, gli imprenditori troppo prudenti nel giovarsi delle magnifiche idee.
La verità è che la crisi è talmente profonda che i passi verso la svalutazione del lavoro fin qui compiuti sono ancora troppo timidi. Il metodo Electrolux ci attende.
Luigi Oliveri
Dirigente Coordinatore Area Servizi alla Persona e alla Comunità
Provincia di Verona
@Rilievoaiace
* Il presente articolo è pubblicato anche in rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com., 29 giugno 2014. Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.
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