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Bollettino ADAPT 22 giugno 2020, n. 25
Recentemente è stato divulgato il documento Iniziative per il rilancio Italia 2020 – 2022 – cd Piano Colao – emerge un nuovo modello di pubblica amministrazione da un lato rivedendo la dimensione della responsabilità dirigenziale dall’altro ampliando i processi di digitalizzazione del settore pubblico. Il documento introduce, inoltre, molte linee di mutamento in tema di lavoro pubblico. A parte il richiamo allo smart work, il comitato scientifico sostiene espressamente il middle management, ovvero la valorizzazione dei quadri intermedi, ora poco incentivati, rispetto alla concentrazione di tutte le linee direzionali sui soli livelli apicali.
L’aspetto più interessante rimane, però, il forte richiamo alla sostenibilità, tanto da indirizzare le linee organizzative pubbliche verso gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile firmata nel 2015 da 193 Stati membri delle Nazioni Unite. Le azioni suggerite sono:
a. Emanare, a cura del Ministro della Funzione Pubblica, una direttiva alle pubbliche amministrazioni per migliorare la gestione delle risorse, del patrimonio, del personale nella direzione indicata dall’Agenda 2030, così da inserire nella loro programmazione strategica e pianificazione operativa obiettivi e azioni concrete nella direzione della sostenibilità;
b. La direttiva dovrebbe riguardare sia la gestione dell’energia, dei rifiuti, ecc., sia la gestione delle risorse umane, con particolare riferimento alle azioni orientate alla formazione continua, alla lotta contro le disuguaglianze e l’aumento dell’inclusione sociale […];
c. Rafforzare la formazione dei dirigenti pubblici sui temi della gestione sostenibile delle pubbliche amministrazioni.
Senza dubbio il documento pensa una pubblica amministrazione che guarda sempre più al settore privato, seppur nei limiti che ovviamente l’ordinamento pubblico vigente sancisce.
È su questo punto che è necessaria una riflessione sul rapporto tra legge del lavoro, in senso lato includendovi anche la contrattazione collettiva, e organizzazione del lavoro pubblico. Il documento sul rilancio Italia e la stessa Agenda 2030 suggeriscono una politica di riorganizzazione del settore pubblico più amplio del mero risparmio energetico o della gestione dei rifiuti. Un modello sostenibile di settore pubblico presuppone più livelli: energetico, tecnologico, economico, sociale. Perciò assumono rilievo concetti, quali lotta alle disuguaglianze, inclusione, equità organizzativa.
A questo proposito nel 2017 è stato pubblicato in edizione italiana il libro di Fritjof Capra e Ugo Mattei, Ecologia del diritto, edito da Aboca. Gli autori, attraverso un approfondito ed affascinante percorso dei diversi paradigmi della scienza e del diritto, giungono alla conclusione che il diritto a differenza della scienza è rimasto ancorato ad una visione meccanicistica, ordinato su livelli lineari a guisa di una macchina, in cui ogni parte si comporta in perfetta sincronia in conseguenza di un altro elemento, cui è immediatamente incastrata. La visione della scienza, in particolare dell’ecologia, è di un mondo-rete, in cui ogni nodo, che può essere un virus, un batterio, una pianta o una persona, scambia costantemente informazioni con l’ambiente o altri nodi, stabilendo relazioni solo apparentemente causali per modificarsi, adattarsi o in una parola evolvere. Ogni giurista è consapevole che anche oggi le norme cambiano nel tempo, anche senza essere abrogate né modificate in modo formale da fonti riconosciute, attraverso la giurisprudenza, la dottrina, le circolari, la prassi stessa. Il modello, tuttavia, proposto dall’ecologia del diritto indirizza il mutare delle norme verso obiettivi di un razionale uso delle risorse limitate entro un pianeta finito.
“La storia delle scienze naturali e quella della giurisprudenza hanno avuto una coevoluzione attraverso i secoli cambiando nel tempo – dichiara Fritjof Capra in un’intervista rilasciata ad Androkos in occasione dell’uscita del volume – ripercorrendola, abbiamo scoperto che scienziati e giuristi hanno avuto anche delle responsabilità nell’attuale crisi globale” perché “il capitalismo globale è ancorato in un’infrastruttura intellettuale della legge” che oggi va necessariamente rivista.”
Mutuando questi concetti nell’ambito del diritto del lavoro pubblico, peraltro, si ritiene che sia necessario mantenere una netta differenza tra organizzazione suggerita dal paradigma ecologico e tutela dell’ambiente. Quest’ultimo potrà essere meglio protetto certamente attraverso una riorganizzazione del settore pubblico, ma quest’ultima deve essere pensata per un fine più ampio, seppur connesso, alla dimensione green.
Il modello di mondo reticolare rappresenta una diversa organizzazione delle istituzioni sociali, modello che si ispira agli ecosistemi studiati dall’ecologia e in generale dalla biologia. La struttura tipicamente gerarchica, diffusa principalmente nelle istituzioni pubbliche, ma anche nel privato in considerazione del dettato dell’art. 2086 c.c., dovrebbe essere redistribuita i n centri decentrati con responsabilità e autonomia decisionale. Diverso è invece il tema della sostenibilità ambientale che è una tematica dell’ecologia, prevalente, ma diversa. Immaginiamo un bosco. Un conto è concludere che tutti gli organismi che vi vivono sono legati da relazioni (alimentari, comportamentali etc.), un altro è valutare quanto legname può essere utilizzato dall’uomo senza provocare danni all’ecosistema. I due piani non vanno confusi. Non è sufficiente organizzare un’istituzioni in rete per difendere l’ambiente, né tanto meno è verosimile delineare una politica ambientale, presupponendo che le burocrazie si adeguino al modello reticolare spontaneamente, benché indubbiamente sia più adatto per realizzare un modello di lavoro sostenibile. Pertanto limitare le politiche di sostenibilità al solo ambiente, è riduttivo. L’ecologia del diritto è piuttosto la gestione della complessità organizzativa propria di una sostenibilità ragionevole. In altre parole si tratta di adeguare il diritto del lavoro alla complessità che deriva necessariamente dall’emergere di diversi bisogni nuovi (energetico, inclusività etc.) nell’ambiente lavorativo.
A ben vedere, infatti, sono già vigenti molteplici norme giuridiche che trovano il proprio humus nell’idea di sostenibilità. Si pensi all’art. 97 della Costituzione italiana, novellato dall’art. 2 della Legge Costituzionale. 20 aprile 2012, n. 1: – “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico” – in riferimento alla sostenibilità economica. Ai sensi dell’art. 2 d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 s.m.i. l’attività della pubblica amministrazione è diretta ad “[…] assicurare elevati standard qualitativi ed economici del servizio tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale.” Il d.lgs 11 aprile 2011, n. 198 s.m.i. regola le pari opportunità sul luogo di lavoro fino a decretare la nullità di tutti i provvedimenti discriminatori attraverso l’art. 26 comma 3: “Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.” Anche i contratti collettivi nazionali riproducono norme di simile natura.
Nonostante tutto questo ricco nucleo normativo l’organizzazione del settore pubblico appare ancora ancorato al vecchio e poco flessibile modello gerarchico lineare. L’adozione, invece, di un paradigma ecologico permetterebbe di inserire in una strategia comune e coerente la riorganizzazione del settore pubblico, la completa digitalizzazione dei processi/procedimenti amministrativi, il miglioramento delle relazioni interne e la tutela dell’ambiente.
Renzo Remotti
Viceprefetto aggiunto