Un nuovo slittamento, con data ancora da definire. A dispetto di tutte le dichiarazioni sull’occupazione “priorità delle priorità”, l’esame da parte dell’aula del Senato del ddl lavoro, il cosiddetto Jobs act, viene nuovamente rinviata.
Il provvedimento era calendarizzato la settimana prossima (da115 al 17 luglio, già in ritardo rispetto alle previsioni iniziali), ma fino al 25 luglio non se ne farà nulla. Così ha deciso la Conferenza dei capigruppo. Motivo nobile: da oggi l’Aula sarà impegnata sulle riforme istituzionali. Ma non è l’unico.
Il percorso del disegno di legge delega che disegna nuove e più semplici regole nel mercato del lavoro, infatti, si è rivelato più insidioso del previsto. Con il riproporsi di antiche questioni prima tra tutte quella delle tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che rischiano di spaccare la maggioranza governativa. Sembrano così sciogliersi al sole le certezze del Ministro Poletti che parlava di approvazione al Senato entro fine luglio, discussione alla Camera a settembre, via libera definitivo entro fine 2014 con tanto di decreti attuativi a stretto giro di posta. In realtà il Presidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama, Maurizio Sacconi (Ncd), si dice ancora ottimista sulla possibilità di avere il primo si del Senato prima della pausa estiva: «Non rinunciamo».
La matassa
Il maggior tempo a disposizione della Commissione potrebbe essere utile per tentare di sciogliere i nodi. Ma non sarà facile, come ben sa lo stesso Sacconi che guida la battaglia all’interno della maggioranza per l’abolizione degli ultimi residui di tutele rimasti in capo all’art.18 dello Statuto dopo la riforma Fornero. Il contratto a tutele crescenti potrebbe fare da testa d’ariete.
I senatori di Ncd, Scelta Civica, Udc, Svp, Popolari per l’Italia e una parte del Pd, sono convinti: per creare nuovi posti di lavoro occorre una maggiore flessibilità in uscita. C’è chi chiede l’abolizione delle tutele dell’articolo 18 per i nuovi assunti e chi lo vuole congelare per un periodo di sperimentazione. Ma c’è anche un’altra parte del Pd che invece ritiene più efficace abbassare il costo del lavoro. Il Ministro Poletti, dal canto suo, pur dichiarando che l’art.18 «non è un totem», ancora non si sbilancia. E così, a colpi di accuse reciproche, la questione si è impantanata. Per ora gli emendamenti sul punto sono stati accantonati, una riunione di maggioranza la settimana prossima dovrebbe riprendere in mano la matassa.
Nel frattempo la commissione ieri ha completato l’esame degli emendamenti ai primi due articoli del provvedimento (ammortizzatori sociali e politiche attive). Tra le modifiche approvate c’è quella (a firma Stefano Lepri, Pd) che introduce la possibilità di utilizzare per i contratti di solidarietà una parte dei contributi versati dalle imprese per la cassa integrazione. Via libera anche a un emendamento trasversale riformulato dal governo che istituisce il “fascicolo elettronico”. Una sorta di carta d’identità del lavoratore (contenente tutte le informazioni su studi, occupazioni, eventuali sussidi e conto corrente contributivo) utile ai fini del ricollocamento. Accantonati, invece, gli emendamenti sul “reddito di ultima istanza” per i lavoratori disoccupati che non fruiscono più dell’Aspi.