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Bollettino ADAPT 20 giugno 2022, n. 24
Il 14 giugno 2022, a Bruxelles si è tenuta una conferenza intitolata “Work ahead: labour in the platform economy” organizzata dalla FEPS (Foundation for European Progressive Studies) in collaborazione con il Competence Centre Future of work della Friedrich-Ebert Stiftung e il supporto dell’ETUC (European Trade Union Confederation).
L’evento era finalizzato ad esplorare le dinamiche che hanno portato alla proposta, da parte della Commissione Europea, di un Regolamento relativo all’armonizzazione delle regole eurounitarie relative all’intelligenza artificiale e di una Proposta di direttiva volta a migliorare le condizioni di lavoro dei c.d. “platform workers” (per approfondimenti sui contenuti della proposta di direttiva, vedi F. Capponi, Dalla Commissione Europea una proposta di direttiva sul lavoro tramite piattaforma digitale: il punto sulle previsioni in materia di qualificazione del rapporto di lavoro, Bollettino ADAPT 13 dicembre 2021, n. 44).
Soprattutto, però, l’intento degli organizzatori era quello di fornire il punto di vista del “polo progressista” degli studiosi europei sul testo di entrambi gli atti, attualmente nel pieno dell’iter legislativo dell’Unione.
L’agenda dell’evento era infatti composta di due parti, una dedicata a relazioni da parte degli speakers accademici e l’altra a diverse tavole rotonde in cui sono stati divisi i partecipanti all’evento, al fine di creare veri e propri “gruppi di lavoro”. A tali gruppi è stato attribuito il compito di promuovere indicazioni di policy relativamente ai testi delle proposte della Commissione, da presentare nella parte finale dell’evento a Brando Benifei, membro del Parlamento Europeo (PD, Gruppo S&D) e della Commissione competente in materia.
Durante la prima parte della conferenza ha preso parola il Professor Vili Lehdonvirta (Oxford Internet Institute), il quale ha sottolineato come le piattaforme digitali spesso colmino alcune lacune dei sistemi giuridici nazionali, fungendo da veri e propri “legislatori” nel contesto di alcune relazioni di lavoro. Tuttavia, il loro “governo digitale” non assume la forma di una democrazia, dato che i lavoratori non partecipano all’approvazione delle sue leggi: piuttosto, si tratta di un’autocrazia, o meglio di un vero e proprio “impero sul cloud”, data la frequente totale assenza di accountability dei gestori delle piattaforme stesse nei confronti degli ordinamenti nazionali. La questione della regolazione delle attività delle piattaforme digitali è stata altresì sottolineata da Oliver Philipp e Inga Sabanova (FES Competence Centre on the future of work) i quali hanno presentato un lavoro di mappatura della platform economy svolto durante il corso del 2021. I risultati di tale operazione hanno mostrato come, all’interno degli stati europei, non esista una definizione comune di “lavoro su piattaforma”, né registri nazionali in cui sono menzionate le piattaforme attive all’interno del paese: tali circostanze rendono estremamente complesse operazioni quali la regolazione e l’applicazione di normative relative alle condizioni di lavoro dei platform workers.
Le tavole rotonde previste durante la conferenza hanno trattato temi quali il ruolo del genere e delle migrazioni nel contesto del lavoro digitale, gli obblighi legali e non che dovrebbero essere necessariamente imposti ai gestori delle piattaforme, e i metodi per potenziare le tutele collettive in un contesto di progressiva digitalizzazione delle relazioni di lavoro.
L’ultima roundtable menzionata, intitolata “Slave to the algorithm? Strategies to empower labour relations in the digital workplace” è stata moderata da Jeremias Adams-Prassl (Università di Oxford) e Joanna Bronowicka (Università Europea di Viadrina). In generale, è stata espressa soddisfazione per quanto riguarda le “tutele collettive” previste dalla direttiva relativa al lavoro su piattaforma (in materia, vedi D. Porcheddu, Proposta di direttiva sul lavoro su piattaforma: tra management algoritmico e tutele collettive, Bollettino ADAPT 14 febbraio 2022, n. 6) anche se è stato reso evidente come adeguata protezione in tal senso dovrebbe essere fornita a tutti i lavoratori che subiscano l’impatto del management algoritmico sul loro rapporto di lavoro: è stato suggerito, dunque, un allargamento del campo di applicazione della direttiva.
Gli input dei moderatori sono anche stati incentrati, in particolare, sui metodi per promuovere il c.d. “human-in-command approach” al management algoritmico, definito come necessario dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE): tra essi, a parere dei partecipanti alla roundtable, può rientrare l’uso delle pertinenti disposizioni del GDPR (es. art. 22 comma 3, art. 80 comma 2), ma anche attività di collaborazione tra sindacati, esperti con competenze tecniche in materia, ispettorati del lavoro e autorità nazionali che si occupano di protezione dei dati (come, ad esempio, il nostro Garante della Privacy).
Allo stesso tempo, è stata sottolineata l’importanza della promozione di un approccio partecipativo all’introduzione dei sistemi di management algoritmico e di people analytics all’interno dei luoghi di lavoro, in particolare per quanto concerne i potenziali effetti che il trattamento massivo e sistematico dei dati personali dei lavoratori potrebbe avere sul loro rapporto e condizioni di lavoro.
Il coinvolgimento del sindacato nella gestione di simili questioni appare, dunque, fondamentale: tuttavia, la letteratura che si è occupata del tema ha mostrato come, anche nei paesi in cui il sindacato possiede veri e propri diritti di co-determinazione per quanto concerne l’uso di device e software tecnologici per quanto concerne il monitoraggio del comportamento e delle performance dei lavoratori (come la Germania), l’approccio della contrattazione collettiva tende comunque ad essere “difensivo” – volto quindi a limitare il più possibile l’uso dei dati dei lavoratori per fini connessi al rapporto di lavoro – piuttosto che partecipativo (vedi, in questo senso, I. Armaroli, E. Dagnino, A seat at the table: negotiating data processing in the workplace. A national case study and comparative insights, Comparative Labour Law and Policy Journal, 2019, Vol. 41, n. 1).
Poiché vi sia un radicale mutamento dell’approccio del sindacato ai temi legati alla digitalizzazione e ai nuovi metodi di trattamento dei dati personali , è stata più volte sottolineata l’importanza della formazione di operatori e delegati: operazione certamente non facile, data la difficoltà nel coinvolgimento di un vasto pubblico in progetti di formazione relativi a temi che appaiono ancora “lontani” dalla quotidianità di molti, ma anche la limitatezza delle risorse a disposizione di alcune sigle e/o federazioni sindacali.
Per quanto riguarda il contributo di ADAPT in materia, segnaliamo come, tra il 2022 e il 2024, saremo coinvolti, come partner di ricerca, in un progetto co-finanziato dall’Unione Europea, chiamato GDPiR – Managing Data Processing in the workplace through industrial relations, coordinato da Fim-CISL. Il progetto vedrà coinvolto un partenariato composto da sindacati, università e centri di ricerca operanti in Turchia, Slovacchia, Belgio, Germania e Paesi Bassi, i quali, sulla base di evidenze tratte da precedenti attività di ricerca, collaboreranno al fine di creare appositi percorsi formativi, rivolti principalmente a sindacalisti, relativi alle conseguenze sul trattamento dei dati personali dei lavoratori in seguito all’innovazione e alla digitalizzazione dei processi produttivi all’interno del settore manifatturiero dall’avvento di Industria 4.0. in avanti.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena