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Bollettino ADAPT 19 aprile 2022, n. 15
“Unions need to have their own view or issues regarding the protection of the environment and their own notions of sustainable development independent from the views of employers”[1].
Il 22, 23 e 24 marzo, presso il Centro Studi Nazionale Cisl di Firenze, si è tenuto un corso organizzato dall’European Trade Union Institue (etui.) in collaborazione con la Cisl. L’oggetto del corso è la costruzione di competenze verdi fruibili dai sindacati ed utilizzabili nella lotta contro il cambiamento climatico per creare una transizione giusta.
Il progetto ha l’obiettivo di sostenere e formare i sindacalisti per indirizzare la ripresa verso un futuro sostenibile e di dotarli di metodologia e di competenze. In quest’ottica, il dialogo sociale ricopre un ruolo fondamentale per mantenere il livello occupazionale, i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e altrettanto importante è lo sviluppo di strategie sindacali nonché la conoscenza di buone pratiche così da poter promuovere la Giusta Transizione a livello aziendale e territoriale.
Il 2021 è stato il sesto anno più caldo mai registrato dalla NASA. In generale, i dati mostrano che la Terra si sta scaldando sempre di più e sempre più velocemente e ciò ha visibili conseguenze nelle siccità e nelle alluvioni da record cui si è assistito nel 2021, ma anche nel sempre maggior numero di incendi[2]. L’IPCC, The Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione delle scienze legate al cambiamento climatico, ha dichiarato il codice rosso per l’umanità. Infatti, il cambiamento climatico rappresenta la più grande minaccia e la più grande sfida del nostro tempo perché la salute del Pianeta è strettamente connessa a quella della popolazione e, di conseguenza, a quella dell’economia e del mercato del lavoro. I cambiamenti climatici (incendi, inondazioni, nubifragi, inquinamento dell’aria, radiazioni UV) rappresentano una minaccia per i lavoratori per quanto riguarda i rischi per la salute e la sicurezza (stress da calore, colpi di calore, aumento della fatica, aumento del rischio di incidenti, diminuzione della tolleranza chimica), ma anche in termini di perdita di produttività (si stima che entro il 2030 a causa delle temperature più alte andranno persi 80 milioni di lavori a tempo pieno, che corrispondono a $2,400 miliardi di danni economici). In questo senso, a livello mondiale, il cambiamento climatico e il degrado ambientale stanno già manifestando i propri effetti negativi sopprimendo milioni di posti di lavoro e mezzi di sussistenza. Come evidenziato dall’International Labour Organisation (ILO), il nostro futuro dipende totalmente da una giusta transizione verso un’economia efficiente in termine di carbonio e di risorse; è quindi fondamentale che la crisi ambientale venga fronteggiata con azioni coraggiose, strutturate e lungimiranti.
Con Giusta Transizione si intende quel processo economico che produce piani, politiche ed investimenti che si pongono come obiettivo la costruzione di lavori sostenibili e dignitosi, l’azzeramento delle emissioni nette nonché quello di sradicare la povertà e di far prosperare le comunità. Di Giusta Transizione si parla già dal primo decennio del 2000, diventando poi un requisito chiave nell’Accordo di Parigi del 2015, il primo accordo universale e legalmente vincolante sui cambiamenti climatici, per poi essere ulteriormente definita dalle linee guida globali sul lavoro ILO. Nel novembre 2016 la Commissione Europea ha pubblicato il pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei” che contiene iniziative legislative per adempiere agli obblighi internazionali. Tale pacchetto include un progetto di regolamento sulla governance dell’Unione dell’Energia che organizza la pianificazione e il monitoraggio delle politiche europee attraverso un sistema basato su piani nazionali integrati e propone l’obbligo di progettare strategie di decarbonizzazione a lungo termine fino al 2050.
La decarbonizzazione di un’economia ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili comporta trasformazioni industriali e cambiamenti tecnologici di vasta portata, lo sviluppo di nuove modalità energetiche, nuovi modelli di business e una maggiore circolarità nelle modalità di produzione e consumo. La transizione porterà inevitabilmente ad una profonda riorganizzazione del mercato del lavoro il che comporterà nuove opportunità ed ulteriori rischi. La nascita di posti di lavoro, la perdita di altri, la necessità di sostituire impieghi esistenti con altri, la ricerca di capacità e competenze inedite sono le sfide che le parti dovranno affrontare nel c.d. processo di greening. Affinché la pianificazione di una giusta transizione porti a cambiamenti efficienti, è necessario coinvolgere i lavoratori nel processo di trasformazione attraverso la messa in campo di misure e strumenti che tengano in considerazione le complessità che questi dovranno affrontare.
Le problematiche da fronteggiate possono essere ricondotte a quattro principali macro aree: il territorio, le competenze, gli effetti distributivi e le condizioni lavorative. Innanzitutto, dalla creazione di nuovi lavori e di nuove opportunità collegate alla transizione verde soltanto alcuni territori e/o alcuni settori trarranno grandi vantaggi, visto che i nuovi impieghi che si andranno a creare nell’industria verde non sempre coincideranno geograficamente con quelli che inevitabilmente si andranno a perdere in altri settori. Per questo motivo, per scongiurare effetti distributivi regressivi e per evitare l’incremento delle disuguaglianze tra le persone, saranno necessari supporti finanziari, solidarietà tra regioni e paesi nonché strategie industriali per una transizione verde. Inoltre, i nuovi lavori richiederanno skills diverse rispetto a quelle che attualmente possiede la manodopera: bisognerà progettare programmi di formazione e di riqualificazione, ma anche forme idonee di protezione sociale che accompagnino la forza lavoro nella transizione. Tra i pilastri dal programma della Giusta Transizione viene sottolineata l’urgenza di investimenti in posti ed opportunità di lavoro dignitose nei settori che riducono le emissioni e aiutano la comunità ad adattarsi al cambiamento climatico, ma non è garantito in alcun modo che le condizioni nei nuovi lavori verdi saranno decorose[3]. Per questo motivo è necessario che ci sia una forte interazione tra l’European Green Deal e l’European Pillars of Social Rights affinché i nuovi lavori possano effettivamente offrire salari dignitosi, condizioni di lavoro decenti e possano consentire una rappresentanza dei lavoratori. Le conseguenze sociali del piano di transazione verde non devono essere sottovalutate.
In questo scenario il ruolo dei sindacati è fondamentale, pur non essendo valorizzato. Le linee guida ILO per una transizione giusta per tutti ecologicamente sostenibile raccomandano la partecipazione e la consultazione delle organizzazioni sindacali nell’elaborazione e nell’attuazione delle strategie per limitare le emissioni di carbonio. Così, anche la Commissione Europea, nel Pacchetto sull’Unione dell’Energia del 2015, ha sottolineato l’importanza del ruolo delle parti sociali, le quali vengono spinte ad includere il tema della transizione energetica all’interno del dialogo sociale. Allo stesso modo anche il sindacato deve riconoscere il ruolo attivo che può e deve svolgere nel processo, anche in quei Paesi Membri in cui non viene chiamato in causa nelle decisioni relative al clima o in quelli in cui il coinvolgimento è meramente formale. È per questo motivo che le organizzazioni sindacali, fin dal livello settoriale e territoriale, devono essere preparate a svolgere un ruolo da protagonista nella programmazione, nello sviluppo e nell’attuazione di policies nazionali di decarbonizzazione. In termini di politica industriale, le organizzazioni dei lavoratori dovrebbero promuovere politiche per incoraggiare l’innovazione tecnologica e gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di energie pulite: da un lato promuovendo il ricorso a tecnologie a bassa intensità energetica, dall’altro proteggendo i settori industriali dell’Unione Europea dal rischio della rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Inoltre, è richiesto alle parti sociali di fornire al settore industriale chiari obiettivi strategici, prendendo in considerazione contesti normativi, finanziari, fiscali e giuridici stabili per agevolare la creazione di posti di lavoro verdi e dignitosi, e di promuovere anche la diversificazione economica. Nei territori ad alta intensità di emissione, i sindacati devono partecipare alla definizione delle soluzioni che mirino a minimizzare l’impatto sociale della transizione.
Visto che la transizione comporterà notevoli conseguenze sulle abilità e le competenze, il sindacato deve impegnarsi ad adeguare i sistemi di formazione e di istruzione e a sostenere politiche attive del mercato del lavoro che promuovano l’apprendimento permanente, riuscendo ad anticipare i futuri cambiamenti e sapendo promuovere flussi regolari di informazione così come deve saper incentivare iniziative che mirino alla riqualificazione e alla riassegnazione dei lavoratori nei settori in via di sviluppo. È compito delle parti sociali saper garantire la capacità della manodopera di trovare un nuovo posto di impiego e di saperlo mantenere, adeguando i programmi e i sistemi di formazione professionale e creando comitati settoriali per le competenze. Allo stesso modo, il sindacato deve poter partecipare alla definizione delle strategie di decarbonizzazione nel medio e nel lungo termine.
I corpi intermedi, insieme ai governi, le parti datoriali e i lavoratori sono agenti del cambiamento in grado di sviluppare nuove modalità di lavoro. Per ciò è fondamentale che le organizzazioni sindacali attuino un dialogo sociale con le istituzioni internazionali, europee, nazionali, regionali, settoriali e locali. Se a livello europeo il coinvolgimento riguarda anche la gestione dei fondi comunitari -il quale rappresenta uno dei principali strumenti per lo sviluppo delle politiche a sostegno della transizione-, la dimensione territoriale assume altrettanta importanza. Sono infatti le regioni ed i comuni, soprattutto quelli che più di altri dipendono da settori ad elevata intensità energetica, che hanno il potere di influenzare la velocità e la durata del processo di decarbonizzazione: il dialogo sociale settoriale e regionale diventa fondamentale e richiede la partecipazione di esperti tecnici. A livello decentrato è essenziale estendere la portata della contrattazione collettiva, nella quale devono essere inclusi i temi della transizione verde così da poter discutere l’impatto del processo di decarbonizzazione su occupazioni e salari, competenze, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La sfida a cui il sindacato è chiamato ad impegnarsi è sicuramente tortuosa e per questo motivo l’etui., durante i corsi che organizza, promuove una metodologia che possa essere fruita dalle parti sociali. Dall’inizio della pandemia, L’Europena Trade Union Institute ha cominciato a sviluppare un nuovo strumento pedagogico che parte dal presupposto che le crisi, le catastrofi, le emergenze e le avversità in generale sono state grandi fonti per imparare qualcosa: l’etui. parla di “Learning by shock”, considerando che gli eventi traumatici sono in grado di stimolare l’apprendimento e danno la possibilità di ripensare e rivalutare le nostre abilità, i nostri valori e le nostre attitudini. Sicuramente, tale approccio innovativo può essere adottato anche con riferimento al cambiamento climatico e allo sviluppo sostenibile, temi che ad oggi rappresentano tra le più grandi sfide che il genere umano deve saper affrontare e che richiedono un’innovazione in primis nel modo di pensare. Partendo da ciò, l’Education Department dell’European Trade Union Institute ha costruito un nuovo programma di formazione, proponendo corsi e altrettante forme di formazione e di apprendimento, le quali si fondano su un nuovo framework approach, costruito su cinque metacompetenze trasversali che ciascun operatore sindacale dovrebbe acquisire e far proprie affinché la transizione ecologica porti ai risultati sperati. Inserendosi in questo quadro e ponendo tale prospettiva come base di lavoro, il sindacato sarà in grado di sostenere una società che riduce l’impatto della comunità sull’ambiente, sviluppando a sua volta nuove strategie e nuove occupazioni. Le cinque metacompetenze promosse da etui. sono: la competenza collettiva, la competenza prospettica, la competenza in materia di responsabilità ed etica, la competenza sistemica, la competenza in termini di cambiamento.
Secondo quanto disposto dall’European Trade Institute, quindi, i sindacalisti devono sviluppare ed avere la capacità di organizzarsi in modo unitario (collective competence) così da poter affrontare un problema specifico, devono essere pronti per il futuro così da poter pianificare le conseguenze, anticipando i nuovi scenari e i nuovi meccanismi che caratterizzano un mondo dominato dall’incertezza (prospective competence). Ciò può essere possibile solo sviluppando la capacità di identificare e studiare i fattori di cambiamento, forti o deboli che siano. Gli operatori devono essere in possesso di fatti e di evidenze scientifiche per capire e spiegare agli altri attori le ragioni per cui è necessario occuparsi delle questioni ambientali sui posti di lavoro (competence in terms of change). Nel fare ciò, devono saper agire in modo etico, rispettando i principi di solidarietà, rappresentanza e non discriminazione e assumendosi responsabilità per le generazioni presenti e future (responsibility and ethics competence). In quest’ottica, il ruolo delle organizzazioni sindacali –e di conseguenza dei lavoratori– si amplia fino ad esigere un’analisi interdipendente ed olistica delle problematiche, che prenda in considerazione fattori diversi e prospettive tra loro correlate cosicché non vengano prese decisioni che favoriscono qualcuno e danneggino qualcun altro (systemic competence). Come si può notare, le metacompetenze studiate e promosse dall’etui. sono fortemente legate ed interdipendenti tra di loro e solo attraverso un loro utilizzo unitario è possibile far fronte a quella che è la più importante e difficile sfida che siamo chiamati ad affrontare.
Francesca Valente
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
@ValenteFranc
[1] Begoña María-Tomé Gil, 2013
[2] 2021 Tied for 6th Warmest Year in Continued Trend, NASA Analysis Shows, 13/01/2022 https://www.giss.nasa.gov/research/news/20220113/
[3] Lawrence F., McSweeney E. Migrants building £2.6bn windfarm paidfraction of minimum wage, The Guardian, 21/10/2010 https://www.theguardian.com/uk-news/2018/oct/21/migrants-building-beatrice-windfarm-paid-fraction-of-minimum-wage