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Al giorno d’oggi parlare di ricerca scientifica non significa soltanto riferirsi ad una strategia di crescita economica, ma addentrarsi nella comprensione delle logiche che stanno radicalmente trasformando la produzione e il lavoro moderno. L’ambito della ricerca, in particolare quella privata, rappresenta infatti una perfetta sintesi di tutti gli elementi caratterizzanti la grande trasformazione in corso in ogni settore produttivo.
Al centro di questo profondo cambiamento troviamo il concetto di professionalità, il quale appare sempre più scisso dalla qualificazione giuridica contrattuale e allarga le proprie maglie interpretative alla dimensione umana, relazionale e intellettiva della persona. Si inizia in questo senso ad intravedere una declinazione soggettiva della nozione, che va ad integrare quella oggettiva relativa alle mansioni e alle qualifiche tradizionalmente costituenti il contenuto della prestazione lavorativa. Obiettivo fondamentale per la sopravvivenza della ricerca nel settore privato è quello di ridisegnare il ruolo del ricercatore in una prospettiva organizzativa in cui proattività e responsabilizzazione acquisiscono un’importanza centrale. La professionalità del ricercatore è in continuo cambiamento, in quanto i processi caratterizzanti l’ambito della ricerca scientifica, connotati da un alto tasso di innovazione ed incertezza del risultato, impongono un ripensamento del modo in cui il contenuto dell’attività viene ad espletarsi. Un risvolto della problematica non trascurabile e connesso a quanto detto sopra è l’importanza (centrale) delle capabilities: il ruolo interpretato dal personale di ricerca in esplicazione della propria professionalità necessita infatti di un processo di mappatura delle competenze, nel tentativo di creare una sintesi tra ruolo atteso e ruolo agito (quest’ultimo, relativo alla pluralità di tasks portate a compimento che ridisegnano il profilo del ricercatore).
Le considerazioni sovraesposte vanno ad influenzare una numerosa serie di elementi: la prima ad essere impattata è, senza dubbio, l’organizzazione del lavoro. In particolare, rispetto alla conduzione delle azioni interne ai gruppi di lavoro, si riscontrano un approccio trasversale e di flat hierarcy in cui i rapporti tra i vari attori acquisiscono una sempre maggiore connotazione collaborativa. Emergono al riguardo tre fondamentali componenti: in primis, l’attenuazione del vincolo di subordinazione nella conduzione delle attività lavorative; in secondo luogo, l’emergente integrazione della filiera formativa con quella della ricerca; infine, una concezione di professionalità in cui la dimensione oggettiva e quella soggettiva si incontrano, si contaminano e si modulano a vicenda.
Gli effetti a cascata del fenomeno ricadono da una parte sullo svolgimento spazio-temporale della prestazione lavorativa, dall’altra sulla contrattualizzazione dei dipendenti, che come sopra accennato, appare sempre più vicina alla parasubordinazione e, a tratti, all’autonomia contrattuale. La partecipazione ai processi produttivi di soggetti provenienti da dimensioni diverse, tra cui quella scolastica e formativa, accentua il fenomeno e impone di ripensare le competenze scindendole dalle qualifiche acquisite o formalizzate. Parallelamente, la produzione scientifica, caratterizzata da fasi, cicli e progetti, frammenta la concezione di orario e luogo di lavoro, astraendola e proiettandola nella dimensione digitale del telelavoro e dello smartworking.
Più che mai nel settore della ricerca si sostanzia la caratterizzazione del lavoro per obiettivi che riconduce all’utilizzo di forme contrattuali flessibili. Un doveroso riferimento in merito è costituito dalle policy interne del Fraunhofer tedesco in relazione all’utilizzo dei contratti a tempo determinato, che appaiono tarati su una durata massima di sei o otto anni (eccezione fatta per gli amministrativi, per cui la durata massima è computata nel termine di due anni). La durata a termine dei contratti non è percepita come una minaccia dal punto di vista occupazionale, anzi, essa viene presentata come un’opportunità che consente il turn-over generazionale e lo sviluppo di carriera anche in contesti diversificati. Inoltre, il contratto a termine è strutturato in modo tale da fornire competenze altamente spendibili nel mercato del lavoro esterno (riecheggiando quindi l’importanza di una formazione continua per i lavoratori volta a garantire l’occupabilità sul lungo periodo). Un modello di flessibilità strutturata, quindi, che appare in grado di sopperire in maniera efficiente alla stabilizzazione contrattuale.
Fondamentale appare, infine, l’intervento della contrattazione collettiva al fine di valorizzare la connessione con il territorio del tessuto produttivo e le peculiarità dello stesso, nell’ottica di un approccio rimediale alla tematica della tutela del lavoro dipendente (che, come illustrato, inizia a trascendere la categoria giuridica della subordinazione e appare sempre più correlato ai fattori del cambiamento in corso). In questa direzione, si auspica anche un’evoluzione del sistema di welfare che registri una funzione sempre meno compensativa rispetto al sistema pubblico e maggiormente rispondente alla trasformazione del lavoro.
In conclusione, il settore oggetto di analisi riflette le principali tendenze del mercato del lavoro moderno. La valorizzazione della ricerca privata non appare quindi volta meramente alla spinta propulsiva all’innovazione, ma anche all’interpretazione delle nuove esigenze di mercato in ogni settore e alla creazione di una nuova professionalità. Secondo la definizione dell’Expert Group on Research Profession:
“The complexity of research careers today demands a new type of researcher, whom we would like to describe as an ‘entrepreneurial researcher’. This implies that a researcher should be innovative, risk-oriented, prepared to take leadership and respond to different tasks in parallel, often even holding more than one position at a time[1]”.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
[1] Expert Group on the Research Profession, Final report drafted for the European Commission Directorate General for Research and Innovation, Bruxelles, 2012, p. 29.