Giampiero Falasca (Open, 10 giugno 2022)
Gli allarmi sulla diffusione dei contratti collettivi pirata e dei salari da fame sono smentiti dai dati; il problema dei precari e dei working poors viene, invece, dimenticato
La prossima approvazione di una Direttiva europea sul salario minimo legale ha acceso un dibattito molto complesso, nel quale si intrecciano impegnative dichiarazioni politiche (si penso all’entusiasmo con cui alcuni nostri leader hanno annunciato la svolta per la tutela dei diritti dei lavoratori) e complessi problemi tecnici. È giusto che si discuta di come attuare una Direttiva comunitaria – seppure il nostro Paese non rientra nel perimetro dei destinatari della stesso – ma per farlo bisogna smontare alcuni luoghi comuni di grande successo che non rispondono alla realtà ma viziano l’intero dibattito (come ha messo in evidenza Renato Brunetta oggi sul Corriere della Sera, citando i dati pubblicati da ADAPT, uno dei più rigorosi istituti di ricerca sul lavoro e le relazioni industriali del nostro Paese). Proviamo ad elencare, prendendo a prestito queste ricerche, quali sono le principali “fake news” sul salario minimo…
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