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Bollettino ADAPT 21 dicembre 2020, n. 47
Il 9 dicembre 2020 il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato le proprie “Linee Guida sul Piano Organizzativo del Lavoro Agile (POLA) e indicatori di performance”, approvate tramite decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione.
Prima di descriverne il contenuto, è necessario specificare come il cosiddetto POLA costituisca, in seguito all’emanazione della legge di conversione del Decreto Rilancio, un contenuto necessario del Piano della Performance, un documento programmatico triennale che le amministrazioni pubbliche devono redigere al fine di definire “gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell’amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori” (articolo 10, comma 1, lett. a) d.lgs. 50/2009).
Il Piano Organizzativo del Lavoro Agile, nella specie, “individua le modalità attuative del lavoro agile, prevedendo, per le attività che possono essere svolte in tale modalità, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene”. Qualora tale documento non dovesse essere redatto nei tempi previsti dalla normativa, il lavoro agile potrà essere applicato al 30% dei lavoratori dell’amministrazione pubblica, ove lo richiedano (articolo 14, comma 1, l. 77/2020).
Le linee guida adottate lo scorso 9 dicembre hanno l’obiettivo di fornire “indicazioni metodologiche per supportare le amministrazioni nel passaggio della modalità di lavoro agile dalla fase emergenziale a quella ordinaria”, che dovrebbe avvenire “in modo progressivo e graduale”; ciò, tuttavia, nella consapevolezza che il lavoro nella Pubblica Amministrazione è spesso organizzato secondo un modello che prevede la presenza dei lavoratori in ufficio, e che quindi sia necessario un ripensamento complessivo della disciplina del lavoro pubblico, da mettere in atto con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Tale riorganizzazione si deve altresì riflettere nei contenuti del Piano triennale per l’informatica, del Piano triennale dei fabbisogni di personale e del Piano triennale di formazione del personale.
A tal proposito, il documento in oggetto si apre con un’ampia descrizione dei principi sottostanti al lavoro agile, tra i quali si annoverano la flessibilità dei modelli organizzativi, una cultura organizzativa basata sulla collaborazione e sulla riprogettazione di competenze e comportamenti, nonché dalla responsabilizzazione sui risultati. In particolare, questo ultimo punto porta il Dipartimento della funzione Pubblica a interrogarsi circa la necessità, da parte delle singole pubbliche amministrazioni, di aggiornare il Sistema di misurazione e di valutazione della performance (articolo 7, comma 1 d.lgs. 150/2009) inserendo specifici indicatori per il lavoro agile, pur sottolineando come i criteri di valutazione delle performance individuali dei lavoratori della PA debbano essere i medesimi a prescindere dal luogo dal quale viene fornita la prestazione, e comunque fare riferimento alle linee guida n°1/2017 e n°2/2017 emanate dallo stesso Dipartimento.
Le linee guida proseguono con l’indicazione dei contenuti minimi del Piano Organizzativo per il Lavoro Agile, tra i quali, in primo luogo, si annoverano una descrizione dello stato attuale dell’implementazione dello strumento, e le scelte organizzative operate per promuovere il ricorso allo stesso: in relazione a quest’ultimo elemento, si evidenzia come, alla luce dell’esperienza maturata durante la pandemia, sia possibile valutare un’espansione delle attività svolgibili da remoto contemplate dal Dipartimento stesso nella direttiva n° 3/2017.
Il POLA dovrà inoltre individuare in forma sintetica “i soggetti, le strutture, i processi e gli strumenti funzionali all’organizzazione e al monitoraggio del lavoro agile”, nonché delineare un vero e proprio piano di attuazione e sviluppo del progetto, con differenti fasi da distribuire in un triennio.
Tra i soggetti maggiormente coinvolti nella definizione dei contenuti del POLA, le linee guida citano i dirigenti, i quali assumono il ruolo di “promotori dell’innovazione dei sistemi organizzativi”, data la trasformazione dei tradizionali sistemi di leadership implicata dallo smart working.
Essi hanno anche “autonomia, nell’ambito dei criteri fissati nell’atto organizzativo interno, nell’individuare le attività che possono essere svolte con la modalità del lavoro agile”: tale previsione sembra coerente con quanto contemplato nel decreto ministeriale del Ministro della Pubblica Amministrazione del 19 ottobre 2020, nel quale infatti si sanciva che la dirigenza avesse il compito di individuare, secondo le organizzazioni sindacali, de facto, unilateralmente, le mansioni “remotizzabili” nell’ambito dei propri uffici.
Nel piano di attuazione e sviluppo del progetto dovranno essere poi indicate le cosiddette “condizioni abilitanti” del lavoro agile, che potrebbero favorire il successo dell’iniziativa, insieme a una valutazione, da parte dell’Amministrazione Pubblica, degli elementi critici che potrebbero ostacolarne l’implementazione, come l’insufficienza delle competenze organizzative e digitali dei dipendenti, la mancanza di un’infrastruttura digitale idonea o la carenza di adeguate risorse finanziarie.
Fondamentale importanza assumono poi gli indicatori riferiti allo stato di implementazione del lavoro agile, quelli relativi alla performance organizzativa della pubblica amministrazione, e quelli relativi alla performance dei singoli lavoratori, i quali devono essere coerenti con quanto previsto dalle linee guida precedenti (2/2017, 2/2019), considerando che parte dell’attività lavorativa dei dipendenti sarà comunque svolta in presenza.
Per quanto riguarda gli indicatori relativi allo “stato di implementazione del lavoro agile”, si suggerisce di prendere ad esempio quanto delineato dal cosiddetto progetto VeLA (veloce, leggero, agile) orientato alla diffusione di best practices in materia di smart working in seguito al confronto tra le esperienze di amministrazioni “virtuose”. Il framework di valutazione indicato da tale progetto, infatti, suggerisce di considerare il numero di ore o giornate effettivamente svolte in lavoro agile in relazione alle giornate lavorative totali: se tale numero di giornate dovesse risultare basso nonostante l’autorizzazione a svolgere lavoro agile fosse garantita a un alto numero di dipendenti, l’amministrazione dovrebbe interrogarsi sulle ragioni per le quali il progetto risulta poco attrattivo.
Gli indicatori della performance dei singoli dipendenti, invece, dovrebbero essere basati, secondo il Dipartimento della funzione pubblica, su “risultati” e “comportamenti”: i primi dovrebbero scaturire da un “confronto ex ante tra dirigente e dipendente”, mentre l’individuazione dei cosiddetti comportamenti dovrebbe essere correlata a una riflessione organizzativa interna sulle soft skills necessarie per lo svolgimento del lavoro agile.
Nell’ultima parte del documento, infine, sono elencati i potenziali impatti positivi dell’introduzione del lavoro agile, sia sull’amministrazione pubblica che sull’intera società: tra di essi si annoverano la riduzione dell’inquinamento, il ripopolamento delle periferie e la conseguente redistribuzione dei consumi, il maggiore benessere lavorativo connesso a un rapporto tra lavoratore e dirigenza maggiormente basato su logiche di fiducia, la riduzione del digital divide e molti altri.
Le linee guida del 9 dicembre forniscono una descrizione piuttosto dettagliata dei contenuti che le singole amministrazioni dovranno inserire nel Piano Organizzativo del Lavoro Agile, contestualizzandoli nelle logiche sottostanti al mutamento dell’organizzazione del lavoro implicato dall’introduzione dello smart working.
Di certo quello disegnato dalle linee guida è un progetto ambizioso, che, se portato a termine, comporterebbe un cambiamento profondo per quanto concerne le logiche della Pubblica Amministrazione, avvicinandole a quelle proprie del settore privato: tuttavia, anche solo un impulso verso l’implementazione delle best pratices del progetto VeLA costituirebbe un risultato significativo.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena