La legge 14 giugno 2013, n. 504 sulla messa in sicurezza dell’occupazione (loi relative à la sécurisation de l’emploi) costituisce la più significativa legge di riforma del Diritto del lavoro di questo primo anno di Governo socialista in Francia. L’importante provvedimento è stato varato con grande rapidità a seguito dell’accordo interconfederale dell’11 gennaio 2013, del quale costituisce un’attuazione piuttosto fedele: questa legge contrattata, che ha ricevuto una certa risonanza anche nel nostro Paese (A. Lyon-Caen-T. Sachs, La legge sulla “sécurisation de l’emploi”: DNA di una riforma, in LD, 2013, 435 ss.), si pone l’obiettivo di rendere più sicuri i posti di lavoro e di facilitare le transizioni lavorative, rilanciando, nel contempo, la competitività delle imprese.
La legge stabilisce, anzitutto, diritti individuali nuovi o rafforzati, quali l’assicurazione complementare per il rimborso delle spese mediche, una migliore tutela contro la disoccupazione in caso di lavoro precario, il conto personale di formazione, l’orientamento professionale lungo tutta la vita attiva, il congedo per sperimentare una nuova attività lavorativa. La parte più cospicua del provvedimento, tuttavia, contempla importanti modifiche del diritto sindacale, volte a introdurre “nuovi diritti collettivi per favorire la partecipazione dei lavoratori” (sez. II del I capitolo) e a promuovere una gestione concertata dei cambiamenti economici (cap. III). Ed è in particolare sulle disposizioni relative al coinvolgimento dei lavoratori che si appunteranno queste brevi considerazioni.
Il sistema francese di rappresentanza dei lavoratori si regge su un canale doppio, in forza del quale nei luoghi di lavoro convivono istanze di natura elettiva (délégués du personnel, comités d’entreprise, comités d’hygiène, de sécurité et des conditions de travail) e di designazione sindacale (délégués syndicaux). Mentre le prime, e in particolare il comité d’entreprise, sono destinatarie dei diritti di coinvolgimento dei lavoratori (informazione e consultazione), i délégués syndicaux, espressione dei sindacati rappresentativi, si occupano della contrattazione collettiva a livello decentrato. A questo fine, essi sono dotati di diritti di negoziazione su un ampio ventaglio di materie, e il datore di lavoro è tenuto a convocare i delegati e a trattare secondo buona fede, a seconda dei casi, con cadenza annuale o triennale.
L’ordinamento francese ha tradizionalmente incoraggiato l’azionariato dei dipendenti e incentivato gli schemi di partecipazione agli utili: al contrario, l’inserzione di rappresentanti dei lavoratori negli organi direttivi o di controllo delle società (cd. cogestione) è stata limitata alle imprese pubbliche, a quelle privatizzate o a quelle nelle quali il capitale sociale in mano alla manodopera superasse determinate soglie (M. Corti, La partecipazione dei lavoratori. La cornice europea e l’esperienza comparata, Vita e Pensiero, Milano, 2012, 224 ss.). Non possono certo essere ritenuti significativi sotto il profilo considerato né il risalente diritto dei comité d’entreprise di inviare due propri delegati ad assistere con voto meramente consultivo alle riunioni dei consigli di amministrazione o di sorveglianza delle società, né la legge che consentiva alle società stesse di sperimentare, previa delibera assembleare, la partecipazione dei lavoratori nei propri organi direttivi o di controllo: nel primo caso non si tratta di vera e propria cogestione, in quanto i membri designati dal comité non godono degli stessi diritti e obblighi degli altri componenti, mentre la partecipazione affidata alla buona volontà degli azionisti non ha prodotto frutti tangibili.
La loi relative à la sécurité de l’emploi interviene su entrambi i versanti del coinvolgimento dei lavoratori. I diritti di informazione e consultazione del comité d’entreprise, già estremamente articolati ed estesi a tutti gli aspetti della vita dell’impresa e alle decisioni più importanti della direzione, ne escono ulteriormente potenziati. Per un verso, gli stessi orientamenti strategici, come definiti dall’organo di direzione o di sorveglianza, devono essere comunicati con cadenza annuale al comitato: esso ha altresì il diritto di esprimere su di essi un parere, che sarà trasmesso agli organi appena menzionati, tenuti a fornire una “risposta argomentata”, cui il comitato può, se ritiene, a sua volta rispondere. Per altro verso, la nuova legge opera un’ambiziosa opera di razionalizzazione con riferimento a un gran numero di informazioni che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al comité d’entreprise: esse devono essere inserite in una base di dati unica, costantemente aggiornata e a disposizione di tutti i rappresentanti dei lavoratori, compresi i délégués syndicaux. Per altro verso ancora, il comitato deve essere informato e consultato annualmente sull’utilizzo del nuovo strumento del credito d’imposta per la competitività e l’occupazione, finalizzato a sostenere gli investimenti delle imprese volti a rafforzare la loro competitività: nel caso in cui ravvisi un utilizzo distorto dello strumento, il comité può chiedere spiegazioni alla direzione e redigere un rapporto che, se del caso, viene trasmesso all’organo di amministrazione o sorveglianza della società.
Il comité d’entreprise deve essere preventivamente informato quando sia previsto un licenziamento collettivo che implichi la chiusura di un sito produttivo: in questo caso, l’imprenditore ha uno specifico obbligo di ricerca attiva di un acquirente e il comitato può esprimere pareri e suggerire candidati, senza tuttavia potersi opporre alla scelta di eventuali subentranti sgraditi. Risponde all’esigenza di contemperare il diritto del comitato di essere consultato con quello dell’impresa di adottare le proprie decisioni con la necessaria rapidità la disposizione che affida a un futuro decreto il compito di determinare i termini, comunque non inferiori a 15 giorni, entro i quali il comité deve esprimere il proprio parere in una lunga serie di ipotesi.
La loi n. 504/2013 si occupa anche dei diritti di negoziazione spettanti ai delegati sindacali, che vengono anch’essi rafforzati: in particolare, la trattativa triennale sulla “gestione preventiva dell’occupazione e la prevenzione delle conseguenze dei mutamenti economici” viene allargata a nuovi ambiti, quali la mobilità professionale o geografica interna all’impresa (“se del caso”, si precisa) e gli strumenti adottati per ridurre l’incidenza della precarietà in favore di contratti a tempo indeterminato. Ma, al di là dell’ampliamento dei diritti di negoziazione, la contrattazione collettiva di livello decentrato è incentivata anche mediante l’introduzione di nuovi dispositivi. Si possono menzionare, anzitutto, gli accordi di difesa dell’occupazione (accords de maintien de l’emploi): l’impresa reagisce a gravi difficoltà congiunturali concludendo con i sindacati maggioritari (quelli che hanno ottenuto il 50%+1 dei consensi espressi in favore dei sindacati rappresentativi alle votazioni per le istanze elettive) contratti collettivi aziendali, della durata massima di due anni, che modificano in pejus la disciplina dell’orario di lavoro e degli istituti retributivi.
Si deve poi sottolineare il nuovo ruolo riservato all’autonomia collettiva di livello decentrato nell’ambito dei licenziamenti collettivi di maggiore impatto (imprese di almeno 50 dipendenti, che licenziano 10 o più lavoratori nell’arco di 30 giorni): un accordo stipulato con i sindacati maggioritari potrà definire i contenuti del piano sociale (plan de sauvegarde de l’emploi), specie in tema di riqualificazione e repêchage, le modalità di consultazione del comité d’entreprise e la ponderazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, nonché il loro ambito applicativo. La trattativa con il sindacato non è imposta dalla legge, ma il controllo amministrativo sui licenziamenti collettivi, reintrodotto proprio dalla loi relative à la sécurité de l’emploi, è assai più blando quando via sia l’accordo sindacale rispetto all’ipotesi, pure consentita, di piano sociale di genesi unilaterale.
Riveste un grande significato per il sistema francese di relazioni industriali la nuova previsione dell’art. 9, l. n. 504/2013, che introduce la cogestione in tutte le società per azioni e in accomandita per azioni aventi la sede legale in Francia, che contino, insieme alle controllate dirette o indirette, almeno 5.000 dipendenti nel Paese, o, in alternativa, almeno 10.000 su scala planetaria. La rappresentanza dei dipendenti siederà, a seconda che il sistema di governance societaria sia monistico o dualistico, nel consiglio di amministrazione o in quello di sorveglianza. Si tratta di una presenza nettamente minoritaria, sulle cui caratteristiche concrete decide l’assemblea degli azionisti modificando di conseguenza lo statuto sociale: il numero dei membri di parte lavoratrice non può essere inferiore a uno quando la consistenza dell’organo partecipato è inferiore a dodici componenti, a due se viene superata tale soglia.
Quanto alle modalità per selezionare i rappresentanti, i soci possono optare per l’elezione a suffragio universale realizzata nella società e nelle sue filiali francesi su liste presentate dai sindacati rappresentativi; la designazione operata, secondo i casi, dal comité d’entreprise, dal comité central d’entreprise o dal comité de groupe; la nomina effettuata dal sindacato che ha ottenuto il numero più consistente di suffragi negli scrutini per i rappresentanti eletti (o dai due sindacati maggiormente votati, se i membri da scegliere sono due). Qualora si debbano nominare due componenti ed esista un comitato aziendale europeo, o, nelle società europee, un organo di rappresentanza dei lavoratori, l’indicazione di uno degli amministratori o consiglieri spetta a detti organi.
Come si è potuto vedere in queste brevi considerazioni, oltralpe qualcosa si muove. Il nuovo Governo socialista francese, erede di un Paese con un forte deficit di competitività, intraprende una difficile strada che persegue il rilancio economico attraverso la gestione concertata delle trasformazioni produttive: il coinvolgimento dei lavoratori, anche nelle forme più avanzate, quali la cogestione, costituisce un pilastro fondamentale di questa strategia di superamento dell’antagonismo esasperato che da sempre gioca un ruolo assai forte nell’esperienza francese. La lezione di Parigi ha qualcosa da dire anche a noi italiani, benché più nello spirito che nelle realizzazioni concrete: le relazioni industriali rimangono oltralpe disciplinate in modo eccessivamente minuzioso, complesso e costoso; la cogestione “alla tedesca” si applicherà prevedibilmente, anche in un Paese che coltiva da sempre la grande impresa (les champions nationaux), a circa 220 società (un po’ più di quattro milioni di dipendenti, un lavoratore su quattro del settore privato).
Eppure non si può non restare profondamente delusi se si pensa che in Italia la cauta delega dell’art. 4, comma 62, legge Fornero, per l’attuazione concertata a livello aziendale di nuove e più ambiziose forme di coinvolgimento dei lavoratori è stata lasciata scadere senza essere attuata. Essa offriva la possibilità ai partners sociali a livello d’impresa di sperimentare su base volontaria dispositivi assai diversi, dalla partecipazione al capitale sociale alla cogestione “alla tedesca”, passando per istituti più blandi, come la partecipazione agli utili e i diritti di informazione, consultazione e negoziazione: nonostante la formulazione estremamente compromissoria, la riproposizione dell’articolato sotto forma di d.d.l. incontra ancora forti ostacoli in Parlamento.
Matteo Corti
Ricercatore di Diritto del lavoro – Università Cattolica del Sacro Cuore