Il 2014 sarà l’anno della Youth Guarantee. Nelle prime settimane dell’anno, sui principali quotidiani nazionali si è tornati infatti a parlare di Youth Guarantee quale strumento per contrastare l’emergenza occupazionale e l’inattività giovanile.
All’indomani della presentazione dei Piani nazionali degli Stati membri alla Commissione europea a fine dicembre 2013 e, della partenza dell’iniziativa a livello europeo il primo gennaio 2014, in Italia sono state compiute due tappe importanti del percorso che condurrà all’avvio del Piano nazionale nel corso del mese di marzo, ossia – la pubblicazione il 15 febbraio del Programma italiano sulla Garanzia Giovani 2014-2020 approntato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’approvazione, il 20 febbraio, delle Linee guida della piattaforma tecnologica di supporto all’attuazione della Garanzia Giovani da parte della Conferenza Stato-Regioni.
Il termine Youth Guarantee è stato introdotto nel linguaggio delle istituzioni comunitarie dal Parlamento europeo, con la Risoluzione “sulla promozione dell’accesso dei giovani al mercato del lavoro, rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti”, del 6 luglio 2010, anche se, dal punto di vista concettuale, l’esigenza di interventi a sostegno dei giovani nel passaggio dagli studi al mondo del lavoro era già stata espressa qualche anno prima, nel 2005 in un periodo pre-crisi economico-occupazionale e poi, nel 2008, dal Consiglio dell’Unione europea nell’ambito di due decisioni sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.
L’Unione europea, nella Raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 che prevede l’istituzione della Youth Guarantee negli Stati membri che la sottoscrivono, la definisce come un piano di interventi finalizzati a creare occupazione per i giovani di età inferiore ai 25 anni, attraverso un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro un periodo di quattro mesi dalla fine del percorso di istruzione formale o dall’inizio della disoccupazione. Tutto ciò si tradurrà nell’implementazione di misure tese a migliorare il sistema di istruzione, il sistema della transizione scuola-lavoro e il sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
In Italia il termine Garanzia per i Giovani, ha fatto il suo ingresso nel linguaggio lavoristico nel giugno 2013, con l’emanazione del decreto legge n. 76/2013, che ha previsto all’articolo 5, commi 1-4, l’istituzione della Struttura di Missione, organo deputato a dare tempestiva ed efficace attuazione alla Garanzia. È necessario però rilevare che nel nostro ordinamento un piano di interventi analogo all’attuale Youth Guarantee, rimasto poi lettera morta, era stato già introdotto con il d.lgs. n. 181/2000, rubricato Disposizioni per agevolare l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell’articolo 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144.
Coerentemente con quanto previsto dalla Raccomandazione europea del 22 aprile 2013, l’Italia attraverso il Piano di Garanzia per i Giovani attuerà una serie di misure a livello nazionale e territoriale tese a facilitare la presa in carico dei giovani tra i 15 e 25 anni per offrire loro opportunità di orientamento, formazione e inserimento al lavoro. Nel Piano viene citata e ripresa la definizione europea, richiamando quindi fedelmente il concetto di Youth Guarantee sia dal punto di vista terminologico che dei contenuti, anche se con adattamenti dettati dalle tipicità e problematiche del mercato del lavoro interno.
Andando a ritroso e risalendo all’origine del termine “Youth Guarantee” emerge come esso non sia affatto nuovo né tantomeno sia stato “inventato” dalle istituzioni comunitarie, che lo hanno mutuato dai Paesi scandinavi, i quali per primi, negli anni ’80 e ’90 lo hanno introdotto e sperimentato nei loro ordinamenti, non senza incontrare difficoltà, legate al suo significato giuridico. (ILO, Youth guarantees: a response to the youth employment crisis?, 4 aprile 2013).
In particolare, in Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia, l’utilizzo del termine “garanzia” ha prodotto confusione inducendo molti, in un primo momento, ad intendere la “garanzia giovani” come la garanzia di poter accedere di diritto al percorso di formazione o all’occupazione desiderati creando notevoli aspettative. Le ambiguità derivanti dall’utilizzo del concetto giuridico di “garanzia” e le relative aspettative hanno spinto i Paesi scandinavi ad aggiustare il tiro, tanto che in alcuni casi, come ad esempio in Danimarca, si è optato per l’abbandono del termine “garanzia” e per l’adozione di politiche volte ad aiutare i giovani ad accedere a percorsi di istruzione e formazione secondaria ed al mercato del lavoro. (OEDC, Youth Guarantees in the Nordic Countries, 1997).
In Italia si è ripreso il termine “garanzia” dall’Unione europea – che a sua volta lo ha mutuato dai Paesi scandinavi – forse con eccessiva leggerezza, senza una riflessione accurata sulla scelta terminologica e sui significati che trasmette. L’“etichetta”, infatti, è forma e sostanza insieme racchiudendo in maniera sintetica il contenuto del Piano di azione e il senso delle misure che il Paese intende mettere in atto per combattere l’emergenza della disoccupazione giovanile.
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
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