Come noto, nell’ordinamento giuridico italiano, per licenziamento cosiddetto “economico” s’intende il recesso del datore di lavoro intimato per giustificato motivo oggettivo, qualora ricorrano «ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa», ex art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
La legge n. 92 del 2012, nel modificare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, è intervenuta sulle conseguenze sanzionatorie di tale tipologia di recesso, eliminando l’automatica reintegra in caso d’illegittimità dello stesso e lasciando immutata la causale, così come stratificatasi nel diritto vivente, attraverso le elaborazioni giurisprudenziali. Ai fini di quanto si va qui descrivendo a livello di contenuti linguistici del licenziamento “economico”, occorre però considerare che è difficile ritenersi che profili sanzionatori diversi non abbiano alcuna influenza sulle causale stesse, come in effetti si sta riscontrando a livello giurisprudenziale. Il superato automatismo tra ingiustificatezza del licenziamento per ragioni economiche e reintegra è un elemento che va considerato anche per gli sviluppi interpretativi di tale fattispecie e che la avvicina, in tale aspetto, ai licenziamenti in Germania.
Nell’ordinamento tedesco, innanzitutto, il recesso connesso a motivazioni di tipo “economico” è denominato licenziamento per motivo socialmente giustificato da ragioni legate alla attività aziendale, ossia betriebsbedingte Gründe, di cui alla legge sulla tutela contro i licenziamenti (Kündigungsschutzgesetz – KSchG).
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, KSchG un licenziamento è socialmente giustificato se è condizionato da dringende betriebliche Erfordernisse, traducibili in esigenze aziendali urgenti, che impediscono alla parte datoriale di proseguire il rapporto di lavoro con il lavoratore. Tali esigenze poste a fondamento del licenziamento devono riferirsi all’impresa, al suo sviluppo e alla sua esistenza in senso lato, importare una riduzione del fabbisogno di personale e dunque una riduzione del numero dei posti di lavoro esistenti rispetto al numero dei lavoratori occupati sino a quel momento.
La legge, tuttavia, non contiene alcuna esplicitazione delle possibili cause sottese a tali necessità dell’azienda, lasciando dunque aperto l’interrogativo se esse possano derivare anche soltanto da decisioni assunte dal datore di lavoro con l’intento di ridurre i costi o incrementare i profitti.
L’unico parametro fornito al giudice è costituito dall’espressione dringend (urgente), con cui il legislatore tedesco ha confermato che non è sufficiente una qualsiasi esigenza aziendale a giustificare un licenziamento economico, ponendo l’accento, in tal modo, sul carattere della notwendigkeit (“necessarietà”).
Il recesso datoriale deve quindi configurarsi come extrema ratio, qualora non sussistano alternative per soddisfare le impellenti esigenze aziendali. Tale conclusione si deduce anche dall’interpretazione letterale della legge, secondo cui il recesso del datore di lavoro è bedingt (subordinato) alle esigenze dell’impresa; condizione, questa, che sussiste ove al datore di lavoro non è dato far fronte alla condizione in cui si trova l’impresa mediante interventi di tipo tecnico, organizzativo o economico, alternative al recesso (si pensi al ricorso ad un trasferimento).
Ai fini della sua efficacia l’orientamento del BAG (Bundesarbeitsgericht, tribunale federale del lavoro) è consolidato nel ritenere che per la legittimità del licenziamento, il volume di lavoro deve essersi ridotto tanto da comportare la decisione imprenditoriale di sopprimere il posto del lavoratore che s’intenda licenziare. La riduzione del volume di lavoro può risultare da condizioni aziendali interne, come per esempio un riassetto organizzativo, una riduzione dell’attività produttiva, ovvero addirittura una chiusura dell’azienda (BAG 18 ottobre 2006, 2 AZR 676/05); inoltre essa può derivare da condizioni aziendali esterne, come per esempio una diminuzione degli ordini o una recessione macroeconomica (BAG 18 ottobre 2006, 2 AZR 676/05). Al giudice è inibito il potere di sindacare il merito della decisione imprenditoriale; egli può, però, valutare se il volume di lavoro si sia davvero ridotto a causa della decisione imprenditoriale (BAG 16 dicembre 2004, 2 AZR 66/04).
Inoltre il licenziamento deve essere inevitabile, cioè il lavoratore non può essere adibito a mansioni equivalenti o di livello inferiore nell’ambito dell’intera impresa per disposizione o per Änderungskündigung, ossia recesso modificativo (BAG 21 settembre 2000, 2 AZR 385/99), che si ha quando il datore di lavoro comunichi al lavoratore il licenziamento, offrendogli la prosecuzione del rapporto di lavoro ad altre condizioni che è facoltà del lavoratore accettare con riserva, se le stesse non siano giustificate sotto l’aspetto sociale. L’ordinamento tedesco riconosce pertanto ex lege l’obbligo di repêchage.
Infine, elemento fondamentale ai fini della legittimità del licenziamento è la cosiddetta Sozialauswahl, ossia la scelta sociale che deve compiere il datore di lavoro, cioè deve recedere dal rapporto di lavoro con il lavoratore per il quale la perdita del posto abbia effetti meno gravosi. I criteri della scelta sociale sono gli obblighi di mantenimento, l’anzianità di servizio, l’età e un’eventuale disabilità del lavoratore. L’ambito di riferimento della scelta sociale è il Betrieb, ossia l’intera organizzazione aziendale e sono da includere pertanto nella stessa tutti i lavoratori comparabili, ossia coloro che secondo le loro competenze, capacità, e mansioni, sono sostituibili (BAG 10 giugno 2010, 2 AZR 420/09).
I casi laddove è più probabile riuscire a realizzare un legittimo licenziamento per motivo socialmente giustificato da ragioni legate all’attività aziendale sono quelli in cui il datore di lavoro intenda chiudere l’intera azienda o un suo dipartimento. In fattispecie differenti da tale casistica, questo tipo di licenziamento è spesso di difficile intimazione: soprattutto nelle grandi imprese, dove di regola al lavoratore può essere assegnato un altro posto di lavoro vacante, il licenziamento “economico” non è quasi mai efficace.
Golo Weidmann
Rechtsanwalt e Fachanwalt für Arbeitsrecht – Avvocato specializzato in diritto del lavoro
Studio legale WilmerHale LLP, Francoforte sul Meno
Rosita Zucaro
Scuola internazionale di Dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@RositaZucaro
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Le parole del lavoro: un glossario internazionale/17 – Il licenziamento “economico”: l’analisi del corrispettivo tedesco