Circoscrivere il fenomeno del concession bargaining (letteralmente “contrattazione delle concessioni”) pone un problema concettuale. In astratto, infatti, ogni forma di negoziazione implica un elemento di rinuncia e scambio tra le parti. Ai fini della ricerca empirica, gli accordi di concessione sono stati definiti come un congelamento o un taglio dei salari nominali (D. J. B. Mitchell, A decade of concession bargaining, in Clark Kerr, Paul Stavdohar (eds.), Labor Economics and Industrial Relations, Harvard University Press, 1994).
Alcuni autori hanno parlato del fenomeno in termini di distress, associandolo alla pratica della disdetta anticipata dei contratti collettivi e alla riduzione delle tutele contrattuali (T. A. Kochan, H. C. Katz, R. B. Mckersie, The Transformation of American Industrial Relations, Basic Books, New York, 1986). Altri propongono una definizione che guarda principalmente ai contenuti degli accordi, che determinano una riduzione delle tutele dei lavoratori coinvolti (L. A. Bell, Union concessions in the 1980s, Federal Reserve Bank of New York Quarterly Review, Summer, 44-58, 1989). Cappelli ha fornito invece una definizione dinamica della prassi negoziale, definendo la contrattazione di concessione come un esplicito scambio tra moderazione del costo del lavoro, da un lato, e un maggior grado di sicurezza occupazionale dall’altro (P. Cappelli, Concession Bargaining And The National Economy, Industrial Relations Research Association, Proceedings of the 35th annual meeting, New York, Dec. 28-30, Madison Wis., 362-371, 1982). Analogamente, secondo la definizione fornita dal Gruppo di alto livello sulle relazioni industriali e sul cambiamento nella UE, il termine concession bargaining si riferisce ai negoziati diretti a congelare i salari o ridurre il costo del lavoro e, allo stesso tempo, garantire determinati livelli occupazionali per un certo periodo di tempo (European Commission, Report of the High Level Group on Industrial Relations and Industrial Change, 2002).
Con riferimento al contesto europeo, questa tipologia di accordi è stata accostata alla fattispecie dei patti per l’occupazione e la competitività (PECs). Freyssenet e Seifert hanno definito i PECs come contratti collettivi di livello settoriale o aziendale che affrontano, in modo esplicito, i temi dell’occupazione e della competitività, anche in relazione tra loro, sia per la salvaguardia dei livelli occupazionali a rischio, che per la creazione di nuova occupazione (J. Freyssinet, H. Seifert, Negotiating collective agreements on employment and competitiveness, Eurofound, 2001).
Per Sisson, nonostante non esista uno schema tipico di PECs, la maggior parte di essi persegue due obiettivi: 1) minimizzare le riduzioni di personale o stabilizzare l’occupazione e 2) ridurre i costi delle organizzazioni o migliorare la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti (K. SISSON, Pacts For Employment And Competitiveness, Eurofound, 2005). Lo stesso autore, ha classificato i PECs come una tipologia di contrattazione a “somma zero” (K. Sisson, Pacts for Employment and Competitiveness. Concepts and Issues, Eurofound, 1999), enfatizzando quindi la natura integrativa del negoziato, secondo la terminologia proposta da Walton e McKersie (R. E. Walton, R. B. Mckersie, A Behavioral Theory Of Labor Negotiations, McGraw-Hill, 1965). Sisson si è chiesto poi se la definizione “patti per l’occupazione e la competitività” fosse solo un modo diverso di chiamare gli accordi di concessione. Nel rispondere a tale interrogativo, l’autore ha osservato che a differenza dell’esperienza del concession bargaining vissuta negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta, nel contesto europeo questi accordi sono accompagnati da sforzi genuini da parte dei datori di lavoro, soprattutto in termini di garanzie occupazionali, che vengono posti in essere solo quando le aziende si trovano veramente in difficoltà, e non per minacciare i sindacati.
In Italia, le caratteristiche degli accordi di concessione sono riconducibili alla categoria degli accordi di produttività, concetto diffuso nella letteratura giuslavoristica ma mai definito in modo sistematico. Una definizione della nozione di accordo di produttività in linea con l’utilizzo comune che la dottrina italiana ha fatto della tipologia negoziale, è rintracciabile in un saggio di Clegg (H. A. Clegg, The Substance of Productivity Agreements, in A. Flanders (ed.), Collective Bargaining, 1969, Penguin Books). Secondo l’autore della scuola di Oxford, un contratto collettivo può definirsi di produttività quando i lavoratori accettano dei cambiamenti nelle condizioni di lavoro che determinano un’organizzazione del lavoro più economica, al netto di eventuali incrementi salariali compensativi.
Gli accordi di produttività sono a loro volta associati al concetto di deroga, utilizzato impropriamente nel linguaggio mediatico come sinonimo di concessione sindacale. Dal punto di vista semantico, le tre nozioni identificano invero una fattispecie contrattuale evocativa della rottura con la concezione tradizionale del contratto collettivo che enfatizza la funzione acquisitiva e distributiva della dinamica negoziale, intesa come strumento per la realizzazione dell’interesse collettivo, tradizionalmente coincidente con le tutele incrementali. In questo senso, Treu ha osservato che il ricorso alle deroghe può introdurre un cambiamento nella natura della contrattazione collettiva, il cui schema tradizionale è messo direttamente in discussione (T. Treu, L’accordo 28 giugno 2011 e oltre, Diritto delle Relazioni Industriali, 2011, 3).
Eppure non tutte le concessioni sindacali configurano deroghe in senso stretto. La nozione di deroga, infatti, presenta un connotato di eccezionalità, oltreché di specificità, rispetto alla più ampia categoria delle concessioni sindacali, che racchiude ogni clausola del contratto collettivo attraverso cui le parti formalizzano l’accettazione di una rivendicazione manageriale funzionale a obiettivi di competitività. In senso tecnico, si può definire deroga, ogni concessione sindacale pattuita a livello aziendale che implica la violazione delle regole di coordinamento degli assetti contrattuali (principio della delega e del ne bis in idem), oltreché delle disposizioni normative definite dal contratto collettivo geograficamente sovraordinato.
Paolo Tomassetti
ADAPT Research Fellow
@PaoloTomassetti
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Le parole del lavoro: un glossario internazionale/6 – La nozione di concession bargaining