Le parole della Sostenibilità/3: la Transizione Socio-ecologica

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Bollettino ADAPT 16 ottobre 2023, n. 35
 
È evidente come svariate siano le sfide che gli attuali processi di transizione pongono: non solamente il cambiamento climatico, ma anche la crisi demografica, la disoccupazione, la perdita di biodiversità, l’inquinamento ambientale e le ricorrenti crisi economiche.
 
In tal senso, è condivisibile l’affermazione: «la relazione intrecciata e dinamica tra i sistemi sociali ed ecologici ha modellato per secoli un’ampia gamma di paesaggi agricoli in tutto il mondo» (A. Lomba et al., 2015), che sottolinea, ancora una volta, la stretta interconnessione fra ambiente e società, e dunque fra i relativi processi di trasformazione.
 
In questo terzo articolo sulle parole della transizione utilizzate nelle numerose politiche promosse e proposte in campo (si vedano i precedenti articoli ai seguenti link: P. Manzella, S. Prosdocimi, Le parole della Sostenibilità: la Transizione Ecologica, in Boll. ADAPT, 25 settembre 2023; P. Manzella, S. Prosdocimi, Le parole della Sostenibilità 2: la Transizione Giusta, in Boll. ADAPT, 2 ottobre 2023) si vuole, quindi, riflettere sul concetto di transizione socio-ecologica, e non più, solamente, transizione ecologica o giusta transizione, evidenziando come la trasformazione dell’economia e dei settori verso la sostenibilità non può essere raggiunta solamente attraverso interventi isolati e politiche non sistemiche, ma richiede la riflessione e lo sviluppo di percorsi e progetti d’azione onnicomprensivi.
 
Il contesto internazionale e comunitario della transizione ecologica
 
Si fa un primo riferimento al concetto nel documento di lavoro della Commissione a corredo della proposta di raccomandazione del Consiglio sull’apprendimento e la sostenibilità ambientale di gennaio 2022. Il documento, che accompagna e sostiene per l’appunto la proposta della Commissione Europea atta a promuovere una raccomandazione del Consiglio Europeo in merito all’apprendimento sui temi della sostenibilità ambientale, si propone di fornire ai soggetti istituzionali, agli educatori e a tutti gli individui e alle organizzazioni che operano nel settore dell’istruzione e della formazione per la sostenibilità ambientale, spunti e suggerimenti in merito all’apprendimento e l’insegnamento necessari per il benessere personale, sociale e ambientale, sia nel presente che nel futuro, anche attraverso evidenze di ricerca ed esempi di buone pratiche provenienti da tutta Europa.
 
In particolare, nel Capitolo 4 dedicato alla presentazione del nuovo Quadro Europeo di Competenza per la Sostenibilità, la Commissione tratta non più di questioni sociali o ecologiche, ma si riferisce a più specifici “socioecological problems”.
 
Il concetto, nel documento della Commissione, viene quindi interpretato quale questione complessa, che coinvolge “sistemi complessi interconnessi, come i sistemi naturali e i sistemi sociali, compresi i sistemi tecnologici, politici ed economici”, tanto che, peraltro, la stessa comprensione delle relative criticità e la concretizzazione dei programmi d’azione si basano su altrettanto molteplici fattori, quali non solo i “presupposti normativi” ma anche “come interpretiamo le decisioni sociali, politiche ed etiche”. Il documento, in altre parole, afferma come i cambiamenti tecnologici, la digitalizzazione e la globalizzazione, le numerose questioni sociali, assieme alla lotta al cambiamento climatico e la promozione di azioni per la riduzione delle emissioni debbano essere complessivamente considerati: «le sfide ambientali sono interconnesse e correlate alle attività economiche e agli stili di vita della società».
 
La descrizione del concetto evidenzia, quindi, la centralità della nozione di interconnessione: la transizione socioecologica richiede una riflessione e programmazione congiunta di ciò che vengono (e ancor più venivano) descritte come questioni ecologiche e quelle concepite invece come sociali, a lungo e ancor comunemente tenute distinte.
 
Si nota invece, come più frequentemente venga fatto riferimento al concetto di transizione socioeconomica, talvolta esplicitando la distinzione del termine e delle relative policies da quelle relative alla transizione ecologica; talvolta, invece, i documenti istituzionali trovano una corrispondenza fra i termini parlando di “ecosistemi socio-economici”, dunque quantomeno facendo riferimento a tutti e tre i pilastri della transizione e dello sviluppo sostenibile (sociale, economico e ambientale).
 
Il contesto nazionale italiano
 
Nel contesto normativo italiano, ad ora, non si registrano utilizzi del concetto di transizione socioecologica. È necessario evidenziare come, però, tale mancanza sia dovuta a un relativo “ritardo” nell’impego del termine anche a livello europeo, e in un solo recente interesse della dottrina allo studio della questione della transizione complessivamente intesa.
 
La nozione di ET nella letteratura internazionale di area giuridica ed economica
 
Passando, invece, dal piano normativo a quello della riflessione scientifica, è evidente il sempre maggiore interesse della letteratura accademica verso il concetto di transizione socioecologica e alla sua declinazione, nonostante lo stadio ancora preliminare degli studi sul tema.
 
Se  le transizioni verso la sostenibilità sono definite come quei cambiamenti strutturali nelle co-dinamiche dei sottosistemi sociali, ambientali ed economici, inclusi tecnologie, istituzioni, organizzazioni o modelli comportamentali, che si orientano verso alternative ambientali e socialmente sostenibili in grado di garantire il benessere umano a lungo termine di fronte a reali limiti biofisici, la transizione socioecologica sposta l’attenzione sui due complessi sistemi della società e della natura e sui cambiamenti nelle loro interazioni. Pertanto, proprio a partire da tale concetto, e non più, solamente, da quello di transizione ecologica o giusta transizione, si evidenzia come la trasformazione dell’economia e dei settori verso la sostenibilità non possa essere raggiunta solamente attraverso interventi isolati e politiche non sistemiche, ma richiede la riflessione e lo sviluppo di percorsi e progetti d’azione onnicomprensivi.
 
La sfida di questa “nuova transizione”, quindi, non riguarda solo la transizione verde del sistema energetico e l’aumento dell’efficienza, ma anche, una transizione della produzione e del consumo da prodotti ad alta intensità energetica e di materie prime a servizi; una transizione istituzionale verso infrastrutture più resilienti, meno vulnerabili e che richiedono minore manutenzione; una riduzione del consumo di energia e dell’impiego di materie prime vergini; prospettive di genere e, secondo una dottrina recente, la promozione del paradigma della decrescita.
 
A partire da tale definizione, parte della dottrina ha inoltre iniziato a proporre una revisione delle policies internazionali, comunitarie e nazionali, in modo tale da valorizzare l’aspetto sociale dei processi di transizione, pur sempre riconoscendo e valorizzando l’esplicita interconnessione e intersezionalità fra gli impatti ambientali, economici e sociali della transizione, e dunque delle relative discipline atte ad accompagnare, gestire e monitorare i percorsi di trasformazione dei settori e dell’economia. Tra le varie proposte, si ravvisa la necessità di estendere l’ambito di applicazione del Pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) al fine di affrontare le disuguaglianze socioeconomiche e ambientali e garantire un ampio diritto alla tutela della salute, compreso il diritto a un ambiente salubre. Gli obiettivi di questa nuova sfera di inclusione sono, in particolare, garantire condizioni di vita e di lavoro adeguate che favoriscano il benessere e la salute per tutti, andando oltre il luogo di lavoro come previsto attualmente dall’EPSR; promuovere il conseguimento della maggior parte degli altri e ulteriori diritti fondamentali, come il diritto all’alimentazione, all’alloggio e al lavoro; rafforzare il concetto di cittadinanza sociale come elemento centrale dell’EPSR, esplicitamente per sostenere una “transizione inclusiva”.
 
Viene inoltre proposto di adeguare e migliorare la dimensione sociale del Semestre Europeo attraverso il monitoraggio dell’interconnessione tra diritti sociali e cambiamenti ambientali e la promozione di politiche correlate. L’obiettivo è quindi quello di promuovere politiche concrete che tutelino contemporaneamente gli aspetti ambientali e sociali della transizione.
 
Data questa definizione, è evidente come, secondo alcuni studi, il nuovo concetto di transizione socioecologica riveli, inoltre, la necessità di prevedere il riconoscimento della legittimità del coinvolgimento nel processo decisionale relativo alle politiche socio-ambientali di tutti i soggetti portatori di interesse, al di là degli attori istituzionali. Si rinnovano, quindi, le riflessioni sulle teorie distributive e procedurali della giustizia sociale, che costituiscono un fondamento essenziale per affrontare le sfide contemporanee legate all’interconnessione tra aspetti ambientali e sociali. Peraltro, tali politiche riformiste, sottolineano alcuni studi, potrebbero spingere per un cambiamento radicale a livello di politiche economiche, ponendo così le condizioni che consentirebbero ai soggetti invisibili (i lavoratori non retribuiti, contadini o badanti non pagate) di emergere come soggetti attivi. La stessa mappatura delle interdipendenze fra settori, questioni e istituzioni può fornire indicazioni utili per le strategie dei numerosi stakeholders chiamati ad agire nelle transizioni, fra cui è necessario richiamare in questa sede le parti sociali e le associazioni di rappresentanza.
 
Riflessioni linguistiche e concettuali
 
Come detto, l’espressione socio-ecological transition è relativamente nuova e prova a identificare fenomeni quali la questione climatica e quella sociale come strettamente interconnessi. È interessante notare che, effettuando una ricerca terminologica di socio-ecological transition (o socioecological transition) nel database EUR-Lex, questa espressione non sembra essere presente in nessun documento a livello europeo, aspetto questo sintomatico del fatto che suddetta terminologia non sia ancora stata assimilata pienamente dal contesto istituzionale.
 
È altrettanto interessante sottolineare che nei 2 soli documenti reperibili attraverso lo stesso database EUR-lex tramite una ricerca realizzata per parole chiave, l’aggettivo socio-ecological sia seguito dalla parola contexts (‘contesto’) e da shift (‘passaggio’, meccanismo ben diverso da una transizione), segno anche questo di poca familiarità con questo processo che, come spiegato in precedenza, non vuole semplicemente essere una trasformazione, ma un cambiamento sostanziale nei sistemi sociali, un processo evolutivo di sviluppo, la cui direzione e velocità possono essere influenzate da politiche specifiche.
 
In taluni casi, come visto, il riferimento alla transizione socio-ecologica viene perciò indicato con socio-ecological problems (anche qui, siamo ben lungi da una transizione e la connotazione negativa è evidente) o si ricorre a una perifrasi per cercare di inquadrare un fenomeno che è ancora poco chiaro, tanto da un punto di vista delle definizioni che da quello delle iniziative da implementare per favorirne la promozione.
 
L’ambiguità lessicale è presente anche a livello di dottrina, in quanto spesso si fa riferimento alla socio-ecological transformation come a un concetto omnicomprensivo che descrive cambiamenti politici, socioeconomici e culturali che derivano dai tentativi di affrontare la crisi socio-ecologica. L’espressione viene quindi impiegata per identificare anche altri processi quali appunto la transizione ecologica, l’economia verde e la transizione sociotecnica (Brand & Wissen, 2017). Non c’è quindi da stupirsi se lo IATE, l’Interactive Terminology for Europe, ossia la banca dati terminologica dell’UE che le istituzioni e agenzie dell’UE utilizzano per raccogliere, diffondere e gestire la terminologia specifica dell’Unione, non presenti nemmeno un equivalente del concetto in italiano.
 
Pietro Manzella

ADAPT Senior Research Fellow

@Pietro_Manzella
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara

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