Le parole della Sostenibilità: la Transizione Ecologica

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Bollettino ADAPT 25 settembre 2023, n. 32
 
È degli ultimi giorni la notizia della chiusura del sito industriale di Crevalcore di Marelli, azienda leader nazionale della componentistica automotive. La transizione verso la mobilità elettrica e la conseguente trasformazione della produzione verso uno schema di monofornitura hanno indebolito la competitività dell’azienda del bolognese, che ha quindi deciso di disinvestire nel sito di Crevalcore con un conseguente esubero di più di 200 lavoratori.
 
Il caso, sicuramente emblematico per il numero di lavoratori coinvolti, riaccende il dibattito sui costi della transizione, soprattutto in termini occupazionali e sociali. Se sicuramente è condivisibile l’appello del segretario generale della Cisl Sbarra di «non scaricare sui lavoratori il peso della transizione green e digitale del settore auto», la vicenda sollecita riflessioni più ampie sul ruolo delle istituzioni pubbliche e dei sindacati nella gestione dei processi di riconversione e trasformazione connessi alla transizione ecologica, attraverso la creazione di politiche non emergenziali, ma di sistema.
 
La centralità del tema nel dibattito pubblico e scientifico a livello nazionale e internazionale si accompagna spesso alla difficoltà di inquadrare il fenomeno nella sua complessità e di conseguenza di prospettare strategie di intervento di ampio respiro. Ma di cosa parliamo quando trattiamo di transizione ecologica? Numerosi sono infatti i documenti, i programmi e le iniziative promosse a livello internazionale, comunitario, nazionale e settoriale per la promozione dei processi di trasformazione verso la neutralità climatica. Proprio per la composita varietà e complessità di tali strumenti, la comprensione dei processi in atto non può che partire da uno sforzo di inquadramento del fenomeno sul piano concettuale, indispensabile per comprendere appieno anche il significato delle politiche promosse e delle proposte in campo.
 
In questo e in alcuni articoli successivi, ADAPT vuole quindi partire dal definire i termini della transizione, a partire dal significato di “transizione ecologica”, al fine di contribuire a una chiara comprensione di cosa essa comporti e implichi. Questo lavoro definitorio appare infatti essenziale per gettare le basi di una discussione informata sulle politiche e le azioni necessarie per raggiungere la transizione verso la neutralità climatica e per promuovere lo sviluppo sostenibile in modo efficace ed efficiente. Questo lavoro confluirà nell’Osservatorio ADAPT sulla Green e Just transition, che si propone di raccogliere studi, report e documenti sulla transizione.
 
Il contesto internazionale e comunitario della transizione ecologica
 
La transizione verde è definita a livello internazionale e comunitario come quel processo verso un nuovo modello di sviluppo attento all’ambiente, dunque affrontando questioni quali l’emergenza del cambiamento climatico, la degradazione ambientale (acqua, terra, foreste, atmosfera) e la perdita di biodiversità.
 
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nota anche come Accordi di Rio, stabilisce chiaramente l’imperativo della transizione ecologica inteso come l’obiettivo di ridurre le emissioni dei gas serra, considerati causa centrale del riscaldamento globale. È importante notare che, anche se tali policies non trattano ancora esplicitamente di ecological transition, fanno evidentemente riferimento al concetto, richiamando la necessità di analizzare ogni possibile effetto ambientale o conseguenza “ecologica” dei processi di trasformazione.
 
A tale prima iniziativa, seguono numerosi accordi e proposte che identificano la cosiddetta ecological transition con la lotta al cambiamento climatico, l’eliminazione delle emissioni di gas climalteranti e, allo stesso tempo, la promozione dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili e dunque una transizione verso economie più sostenibili.

L’impegno d’azione a favore dell’ambiente e della lotta al cambiamento climatico clima viene nuovamente rinnovato nel 2015 con l’Accordo di Parigi, nel quale vengono concordati nuovi obiettivi per accelerare gli sforzi intesi a limitare il riscaldamento globale. L’Accordo di Parigi, fra le principali politiche internazionali sulla lotta al cambiamento climatico adottato dalle Nazioni Unite (ONU) a Parigi nel dicembre 2015 e sottoscritto da più di 190 paesi, formula l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare, in generale, l’aumento della temperatura a 1,5°C così da contenere gli effetti globali del cambiamento climatico. In tal senso, il concetto di transizione ecologica si identifica, generalmente, con l’obiettivo di riduzione ed eliminazione delle emissioni.
 
Durante la ventiseiesima Conferenza delle Parti della United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC, nota come COP26, tenutasi a Glasgow alla fine del 2021, le parti hanno ulteriormente rivisto i contenuti dell’Accordo di Parigi mediante la sottoscrizione del Patto di Glasgow, firmato a novembre 2021. Il patto concretizza le disposizioni dell’Accordo di Parigi e definisce un programma di azione per realizzare gli obiettivi e le finalità dello stesso. È interessante come, in questo documento, si faccia riferimento non più alla ecological transition ma già al concetto di just transition. Invero, l’attenzione del Patto non è tanto una transizione giusta, quanto una riconversione e trasformazione verde dell’economia e dei settori produttivi.
 
Le successive previsioni rafforzano ulteriormente l’impegno dell’allora Comunità Europea in merito alla transizione ecologica. In tal senso, la conservazione e il miglioramento della qualità dell’ambiente e la protezione della salute umana diventano questioni centrali che l’Unione Europea affronta nuovamente nel 1992 all’art.191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, TFUE. Similmente all’ambito internazionale, anche l’Unione Europea non fa diretto riferimento al termine ecological transition. Invero, è altrettanto evidente l’esplicito riferimento al concetto guardando agli obiettivi proposti ovvero di contribuzione al perseguimento di preservazione, protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente, la protezione della salute umana, l’utilizzazione in modo prudente e razionale le risorse naturali, la promozione di misure a livello internazionale per affrontare problemi ambientali regionali o mondiali, e in particolare la lotta al cambiamento climatico.
 
Tuttavia, è solo nel dicembre 2019 che la Commissione Europea tratteggia il suo impegno principale nell’affrontare le sfide legate al clima e all’ambiente tramite lo European Green Deal, la nuova strategia di crescita e di lotta al cambiamento climatico. Il termine “transizione ecologica” viene utilizzato, dunque, con molteplici accezioni: riflette le «misure volte a incoraggiare le imprese a offrire, e a consentire ai consumatori di scegliere, prodotti riutilizzabili, durevoli e riparabili»; le misure digitali volte a sostenere la transizione ecologica; i programmi di riqualificazione e miglioramento delle competenze.
Nell’analisi delle policies europee, risulta quindi manifesta l’alternanza dei termini: ecological transition, green transition ovvero energy transition.
 
Il contesto nazionale italiano
 
Nello stesso anno del Green Deal, viene promosso il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, PNIEC, predisposto con il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che recepisce le novità contenute nel Decreto-legge sul Clima nonché quelle sugli investimenti per il Green New Deal previste nella Legge di Bilancio 2020. Il Piano ha l’obiettivo di promuovere e contribuire ai programmi europei in materia di energia pulita e clima. Si evidenzia, in questo provvedimento, come il concetto di ecological transition si sovrapponga, almeno per la gran parte, al concetto di energy transition. Il PNIEC, infatti, si configura come un quadro di riferimento a lungo termine che definisce le politiche, le misure e gli obiettivi specifici per guidare la transizione verso un sistema energetico più pulito ed efficiente dal punto di vista ambientale.
 
Di poco successivo è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR, elaborato dal governo italiano e approvato dal Consiglio dell’UE nel luglio 2021. Il piano, pur rappresentando un ambizioso programma di investimenti e riforme in risposta alle sfide socioeconomiche derivanti dalla pandemia di COVID-19 e alle linee guida fornite dall’Unione Europea, si concentra su aspetti ambientali e, nuovamente, energetici. Il Piano, in particolare, dedica una delle sei missioni alla “rivoluzione verde e transizione ecologica”. Il concetto di transizione ecologica viene identificato, prevalentemente, negli obiettivi di riduzione delle emissioni e nella contestuale promozione di energie rinnovabili, delle relative reti di trasmissione e distribuzione, nonché nella promozione della filiera dell’idrogeno. Delle quattro componenti che compongono la sezione, due sono specificatamente dedicate a processi riguardanti la transizione energetica (diretta, guardando alla componente 2, dedicata a energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; e indiretta, con riferimento alla componente 3, relativa all’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici).
 
La prevalenza della componente energetica nella declinazione della transizione ecologica emerge, peraltro, anche dagli investimenti dedicati alla Missione 2 e, ancor più nello specifico, a ciascuna componente della Missione. Non solamente, infatti, a tale obiettivo vengono destinati più fondi rispetto alle altre sezioni del PNRR (alla Missione 2 vengono infatti destinati 59, 47 miliardi di euro, rispetto ai 40,32 Mld della Missione 1; 25,4 Mld della Missione 3; 30,88 Mld della Missione 4; 18,81 Mld della Missione 5 e 15,63 Mld della Missione 6), ma alle specifiche componenti dedicate alla transizione energetica sono riconosciuti complessivamente più della metà dei fondi dedicati all’intera Missione.
 
La centralità della transizione energetica nel più generale concetto di transizione ecologica emerge, inoltre, guardando al PiTESAI, previsto dall’art.11-ter della Legge 11 febbraio 2019, n. 12 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”, ovvero con riferimento all’istituzione del Comitato interministeriale per la transizione ecologia, nel marzo 2021. Il Comitato nasce dall’esigenza di fornire una prima definizione della governance della transizione ecologica, con il compito di coordinare le politiche nazionali per tale transizione e la relativa programmazione, dunque ancora una volta confermando, ad ora, la centralità delle politiche sul tema della ecological transition, e, non ancora, di just transition.
 
Tale distinzione e non sovrapponibilità fra i concetti è peraltro evidente guardando alle modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, dell’8 febbraio 2022. Se, infatti, tale modifica è rilevante poiché introduce disposizioni a tutela dell’ambiente, della biodiversità e del benessere degli animali intesi quali principi fondamentali all’interno dello Statuto Costituzionale italiano, invero evidenzia ancora una volta la netta separazione fra ciò che viene considerata come “tutela ambientale” e dunque transizione ecologica e ciò che invece si riferisce ad aspetti più sociali.
 
Riflessioni linguistiche e concettuali
 
È interessante notare come la versione online dell’enciclopedia Treccani includa l’espressione ‘transizione ecologica’ tra i neologismi. Ciò potrebbe in parte spiegare le difficoltà, tanto a livello nazionale che a livello internazionale, di delimitare in maniera precisa i contorni di un concetto che, come detto, si presta a diverse interpretazioni. La stessa Treccani afferma che per ‘transizione ecologica’ si intende:

a) un processo tramite il quale le società umane si relazionano con l’ambiente fisico, puntando a relazioni più equilibrate e armoniose nell’ambito degli ecosistemi locali e globali

b) in senso più limitato e concreto, processo di riconversione tecnologica finalizzato a produrre meno sostanze inquinanti.
 
Da un lato, quindi, viene privilegiata la componente interazionale tra individuo e ambiente, dall’altro l’insieme dei meccanismi di riconversione attraverso cui ridurre la produzione di sostanze inquinanti. Da queste definizioni di carattere generale, si evince come il concetto di transizione ecologica includa numerose accezioni.
 
Nel contesto italiano, suddetta ampiezza definitoria è evidente a livello normativo e istituzionale, dove sussiste una sovrapposizione tra i significati attribuiti alla transizione ecologica e alla transizione energetica, il che si manifesta anche nelle diverse politiche messe in atto dal governo per favorire il processo di riconversione.
 
Una ulteriore criticità è data dal fatto che, a livello internazionale, il ricorso a ecological transition quale traduzione di transizione ecologica, sebbene non crei difficoltà dal punto di vista meramente linguistico, potrebbe essere recepito in maniera diversa al momento di esaminarne le specificità. Come illustrato infatti, soprattutto nel contesto comunitario, fare riferimento alla ecological transition vuol dire richiamare processi di produzione che salvaguardino l’ambiente, misure tese a promuovere la conversione verso una economia verde, sviluppo di programmi di riqualificazione professionale. Ed è proprio questa differenza a livello definitorio che potrebbe indurre a errate interpretazioni del concetto, soprattutto in termini comparatistici.
 
La tabella che segue sintetizza la differenza a livello definitorio esistente tra transizione ecologica ed ecological transition emersa a seguito dell’analisi della documentazione nazionale e comunitaria:
 

Principali aspetti definitori
Transizione ecologica in Italia Priorità alla componente energetica Sovrapposizione con transizione energetica
Ecological transition in UE Priorità alla componente ambientale, occupazionale Sovrapposizione con concetti di transizione verde e transizione giusta

È proprio con questa divergenza concettuale che si può quindi spiegare la diversità delle iniziative implementate a livello nazionale e internazionale per accompagnare la transizione ecologica. Più che il mero dato linguistico, quindi, è la dimensione definitoria che rileva in questo contesto e che guida la messa in atto di azioni finalizzate a promuovere una dimensione piuttosto che un’altra.
 
Pietro Manzella

ADAPT Senior Research Fellow

@Pietro_Manzella
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara

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