ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro
Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui
Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it
Bollettino ADAPT 15 maggio 2023, n. 18
Nell’articolo pubblicato lo scorso 12 aprile (Che cosa si intende per “giusta transizione”? Accezioni e complessità, oltre lo slogan, in Bollettino ADAPT 12 aprile 2023, n. 14), abbiamo cercato di fare luce sulle diverse declinazioni del concetto di “giusta transizione”, più volte evocato da rappresentanti politici e delle parti sociali in tutto il mondo. Tenendo a mente le complessità interpretative che si celano dietro questa popolare espressione, con il presente contributo vogliamo concentrarci sulle politiche promosse dalle autorità pubbliche nazionali ed europee per il sostegno a una transizione nel settore dell’energia, che tenga conto e provi a mitigare le relative ripercussioni per lavoratori e comunità interessati. Ad aiutarci saranno, ancora una volta, gli esiti della ricerca documentale e delle interviste a dieci ricercatori ed esperti, condotte nell’ambito del progetto europeo “Next Step: Transition”1.
La crescente sensibilità delle istituzioni nazionali ed europee verso i temi della sostenibilità ambientale si è riflessa, a partire dalla metà dello scorso decennio, in un numero sempre maggiore di iniziative e politiche. Recentemente, la crisi energetica scoppiata in concomitanza dell’invasione russa dell’Ucraina ha reso ancor più lampanti i problemi strutturali di vulnerabilità e dipendenza energetica delle economie europee dai Paesi terzi, accelerando gli sforzi verso una maggiore indipendenza e sicurezza, nonché lo sviluppo di fonti energetiche alternative e sostenibili.
Per quanto riguarda l’ambito internazionale, oltre all’Accordo di Parigi del 2015 e al “Green Deal” europeo del 2019, che hanno sancito per la prima volta sul piano formale l’impegno delle istituzioni europee verso la neutralità climatica entro il 2050, politiche più recenti si sono occupate di dare concretezza ai macro-obiettivi stabiliti, definendo strategie e piani di azione specifici. Tra questi, possiamo menzionare il Pacchetto “Fit for 55” che comprende 13 riforme legislative e sei proposte di legge sul clima e l’energia per la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030; e soprattutto, data l’attenzione all’impatto della transizione verde sulle economie e comunità locali, il Fondo per una transizione giusta, che si configura come uno strumento finanziario per il sostegno (mediante la diversificazione e modernizzazione economica e la riqualificazione professionale dei lavoratori) ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica. Il sostegno del Fondo è subordinato alla presentazione, da parte dei Paesi membri, di appositi piani territoriali per una giusta transizione che alla luce delle condizioni socio-economiche delle aree individuate e dei possibili effetti occupazionali, delineino nel dettaglio gli ambiti di intervento su cui concentrarsi.
Relativamente, invece, ai Paesi coinvolti nel progetto “Next Step: Transition” (Belgio, Bulgaria, Germania, Italia e Spagna), la Germania è stato uno dei primi in Europa a sollevare il tema dell’efficienza e della sostenibilità energetica, introducendo già nel 2010 il cosiddetto “Energiewende”, un piano a lungo termine per la neutralità climatica del sistema energetico tedesco entro il 2050, attraverso la riduzione delle emissioni e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Oggi, tra i provvedimenti comuni adottati dai diversi Paesi considerati, si segnalano i Piani Nazionali Integrati per l’Energia e per il Clima, introdotti sulla base del Regolamento 2018/1999/UE sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima e poi inclusi nel Pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei” (2019), che delineano le misure con cui i singoli Paesi membri intendono contribuire alle cinque dimensioni dell’Unione energetica: decarbonizzazione; efficienza energetica; sicurezza energetica; mercati interni dell’energia; ricerca, innovazione e competitività. Tutti e cinque i Paesi analizzati hanno presentato i loro Piani alla Commissione europea, che li ha valutati e approvati, mentre un aggiornamento dei rispettivi Piani è atteso, ai sensi del Regolamento 2018/1999/UE, per giugno 2023.
Tra gli elementi di specificità nazionali, merita una menzione la governance collettiva per la giusta transizione, promossa in Spagna a partire dalla Strategia lanciata nel 2019. Essa ha implicato, da un lato, la sottoscrizione di due accordi quadro nazionali di settore (il primo riferito alle miniere di carbone e il secondo relativo agli impianti a carbone) e dall’altro, la stipula dei cosiddetti “Accordi per una giusta transizione” (13 firmati al momento), concepiti come uno strumento di gestione tripartita a livello locale, che sulla base delle possibili ripercussioni economiche e sociali della transizione energetica, definiscono un elenco di misure per il sostegno all’occupazione e alla popolazione dell’area interessata. Un altro esempio virtuoso ha invece riguardato la Germania ed è consistito nell’istituzione nel 2018, da parte del governo federale, di una Commissione per la crescita, il cambiamento strutturale e l’occupazione (comunemente denominata “Commissione Carbone”), composta da oltre 30 rappresentanti, tra esponenti del mondo politico, scientifico, delle parti sociali e delle associazioni ambientaliste. I lavori della Commissione hanno portato alla definizione di un piano per porre fine alla produzione di energia a carbone e di una serie di raccomandazioni, che hanno informato la successiva legislazione federale sul clima.
Nonostante le istituzioni nazionali ed europee abbiano quindi compiuto passi avanti e avviato diverse politiche tese a conseguire una giusta transizione nel settore dell’energia, diverse criticità permarrebbero, secondo alcuni esperti intervistati, nelle azioni avviate. In primo luogo, si denota, tra i diversi documenti di policy e nello stesso Accordo di Parigi, il persistente orientamento alla crescita economica che, seppur presentata come sostenibile e a basso o nullo impiego di combustibili fossili, non pare poter prescindere dall’utilizzo di risorse naturali scarse e distribuite in maniera disomogenea nel nostro pianeta, con il rischio di alimentare comunque tensioni e conflitti distributivi: il caso dei materiali necessari per l’alimentazione delle auto elettriche è esemplificativo in questo senso. In secondo luogo, si evidenzia l’erronea convinzione che lo sviluppo di fonti rinnovabili sia di per sé foriero di una transizione giusta, nonostante molti modelli energetici considerati “green” non facciano altro che riprodurre gli stessi meccanismi di potere e sfruttamento dei modelli sostenuti da fonte fossile, in termini di ciclo produttivo e catene di approvvigionamento, mancata democratizzazione del processo e rischio di monopolio. Infine, lo scarso coinvolgimento degli attori della società civile tanto nella fase di definizione quanto in quella di implementazione delle politiche pubbliche è denunciato da più parti. Più nello specifico, si sottolinea come anche all’interno dei più recenti orientamenti comunitari (si veda la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 16 giugno 2022 relativa all’apprendimento per la transizione verde e lo sviluppo sostenibile), il ruolo di sindacati e parti sociali sia promosso perlopiù con riferimento agli effetti sociali e occupazionali delle misure adottante e non a monte dei processi decisionali, nella definizione degli obiettivi da raggiungere, che certamente non sono neutrali per i soggetti interessati.
Da questo punto di vista, politiche virtuose sono state individuate nelle regolazioni nazionali ed europee relative alla promozione delle cosiddette “comunità energetiche” (articolo 22 della Direttiva UE 2018/2001), che rappresenterebbero un modello democratico, collettivo (poiché condiviso e gestito da una rete di soggetti pubblici e privati) e di prossimità per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Questo modello, nato dal basso e poi arrivato all’attenzione delle istituzioni nazionali ed europee, fonda i suoi valori sull’autonomia energetica, la lotta allo spreco e la condivisione del prodotto energetico a un prezzo concorrenziale.
Ilaria Armaroli
ADAPT Research Fellow
@ilaria_armaroli
Sara Prosdocimi
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
@ProsdocimiSara
1 Sono stati intervistati Vassil Kirov (Accademia bulgara di scienze, Bulgaria), Paolo Tomassetti (Università “La Statale” di Milano, Italia), Serena Rugiero (Fondazione Di Vittorio, Italia), Oscar Molina (Università Autonoma di Barcellona, Spagna), Béla Galgóczi (ETUI, Belgio), Nadja Dörflinger (Istituto federale per la salute e sicurezza occupazionale, Germania), Alexander Bendel (Università di Duisburg-Essen, Germania), Simone Claar (Università di Kassel, Germania), Kris Bachus (Università Cattolica di Leuven, Belgio) e Anne Guisset (Università Cattolica di Leuven, Belgio).