Le sorti interpretative dell’articolo 14 TUSL

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Bollettino ADAPT 10 gennaio 2022, n. 1
 
Nel panorama legislativo lavoristico modificato dal decreto-legge 146/2021, convertito nella legge 215/2021, merita senz’altro attenzione l’articolo 14, decreto legislativo 81/2008 (TUSL), riferito alla sospensione dell’attività imprenditoriale a fronte, in via alternativa o cumulativa, di lavoro irregolare e di gravi violazioni della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
Al di là delle finalità esplicitate della novella (contrasto al lavoro irregolare e protezione dell’incolumità dei lavoratori), degli strumenti assegnati al potere ispettivo per farvi fronte (sospensione, prescrizioni e disposizioni) e della reale efficacia degli uni rispetto alle altre (che soltanto l’applicazione concreta saprà chiarire), non appare peregrino analizzare alcune criticità interpretative del predetto articolo 14, considerando le indicazioni di prassi già fornite dall’INL ed in attesa di successive.
 
In via preliminare, occorre ricordare che la selettiva ma non secondaria riforma del TUSL compiuta con il decreto-legge 146/2021 si è posta l’obiettivo dichiarato di rafforzare la vigilanza in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, ampliando le competenze del personale ispettivo, il cui ambito di intervento funzionale non riguarda più soltanto l’edilizia, bensì tutti i settori produttivi.
 
In ragione di ciò, il secondo presupposto applicativo della sospensione dell’attività imprenditoriale – le gravi violazioni in materia di sicurezza, appunto – implica che l’ispettore del lavoro chiamato ad adottarla disponga di conoscenze tecniche adeguate per riscontrare tali violazioni e/o per adottare eventuali disposizioni per far cessare l’esposizione al pericolo per i lavoratori. L’INL, in sede di adozione del decreto-legge e prima della sua conversione, ha già fornito alcuni chiarimenti interpretativi con le circolari 3/2021 e 4/2021, non mancando in ogni caso di valorizzare il necessario coordinamento tra le ITL e le ASL e di annunciare un percorso formativo del personale di vigilanza nello specifico settore della sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
In relazione a tale ultimo aspetto, infatti, va posto in rilievo come, per quanto l’indirizzo di prassi – circolare INL 4/2021 – sia nel senso di declinare in chiave di accertamento documentale almeno alcune inosservanze della normativa lavoristica sulla sicurezza1 , soltanto una conoscenza, in capo al personale ispettivo, dei profili tecnici in cui possono annidarsi le violazioni di legge può assicurare un’effettiva ed efficace vigilanza, fugando ogni dubbio sull’essenza meramente cosmetica della riforma. Alle sia pur brevemente accennate difficoltà organizzative ed operative, il Legislatore ha contribuito licenziando un testo dell’articolo 14 TUSL ben lungi dall’esser di piana ed immediata comprensione.
 
A voler fare un elenco, nemmeno esaustivo, dei nodi ermeneutici più evidenti, l’attenzione non può che ricadere sul previsto – ed inserito in sede di conversione del decreto-legge 146/2021 nella legge 215/2021 – obbligo comunicativo dell’«instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa». Il recente innesto legislativo ha, in buona sostanza, previsto la sospensione dell’attività imprenditoriale per lavoro irregolare in presenza, all’atto dell’accesso ispettivo, di una percentuale pari o superiore al dieci percento dei lavoratori subordinati per i quali sia stata omessa la comunicazione obbligatoria e/o di lavoratori autonomi occasionali rispetto ai quali non è stata effettuata la comunicazione preventiva.
 
A riguardo, la prima incertezza ermeneutica consiste nel reperimento della fonte giuridica regolante i cd. lavoratori autonomi occasionali. Questi ultimi, infatti, in virtù di un derivato di prassi, sono comunemente identificati nelle prestazioni d’opera disciplinate dagli articoli 2222 ss. c.c., per quanto detto articolo, rubricato «prestazione d’opera», si riferisca all’obbligazione assunta da un soggetto, dietro corrispettivo, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione, a svolgere un’opera o un servizio richiestogli dal committente, senza alcun riferimento temporale, dipendendo la durata del contratto dal conseguimento del servizio o dalla realizzazione dell’opera.
 
Infatti, gli elementi caratterizzanti la «prestazione d’opera» consistono nelle modalità esecutive dell’obbligazione assunta – la spiccata autonomia – e nel perseguimento di un risultato – opera o servizio, appunto –, non potendo in alcun modo esser escluso che una prestazione, per quanto genuinamente autonoma, sia reiterata nel tempo, ad onta della presunta occasionalità viceversa da sempre attribuitale.
 
Nondimeno, pur volendo considerare corretto il richiamo all’articolo 2222 c.c. per i lavoratori autonomi occasionali, i problemi applicativi emergerebbero dall’estensione a detta tipologia delle modalità operative previste per una fattispecie tipica di lavoro subordinato, avendo la novella previsto che «al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio delle attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica», secondo le modalità previste per il lavoro intermittente dall’articolo 15, comma 3, decreto legislativo 81/2015.
 
In attesa di quanto mai necessarie indicazioni operative volte a chiarire il senso di tale antinomia normativa – la comunicazione preventiva obbligatoria per il lavoro autonomo –, appaiono condivisibili le perplessità sull’impossibilità di verificare l’osservanza dell’obbligo in parola durante l’accesso ispettivo, ovverosia proprio quando è imprescindibile chiarire se un lavoratore vada considerato regolare o meno.
 
Peraltro, sarebbe auspicabile esplicitare la ‘sorte’ del lavoratore genuinamente autonomo trovato durante l’accesso ispettivo e, tuttavia, privo della comunicazione preventiva, risolvendo la non limpida formulazione legislativa con una conferma del precedente orientamento di prassi2 – per il quale pur mancando la ritenuta d’acconto il lavoratore genuinamente autonomo non va considerato subordinato – ovvero mutando approccio e considerandolo subordinato.
 
Sempre in argomento, poiché il momento selettivo, ai fini della sospensione dell’attività imprenditoriale, è rappresentato dalla presenza dei lavoratori all’atto dell’accesso ispettivo, l’indagine sulla valutazione di conformità alla legge, sotto il profilo della conoscibilità dei rapporti alla P.A., dovrebbe poter escludere i cd. lavoratori autonomi occasionali ingaggiati utilizzando piattaforme digitali, posto che questi, operando di norma da remoto, non sarebbero presenti sul luogo di lavoro: tuttavia, tale interpretazione necessiterebbe di un chiarimento da parte dell’INL, onde evitare situazioni di ulteriore incertezza.
 
Né di minor importanza sono i dubbi sollevati, rispettivamente, sull’assenza di un periodo transitorio per l’applicazione della nuova normativa, sulla mancanza di un numero telefonico cui inviare l’SMS di comunicazione, o, infine, sul momento di decorrenza di tale obbligo comunicativo, in relazione, per esempio, ai contratti di lavoro cd. occasionale – ammessane pure la forma scritta, non richiesta dalla legge e quindi per nulla scontata – in essere o prorogati alla data di entrata in vigore della novella.
 
Un ulteriore ostacolo interpretativo attiene alla facilmente prevedibile sovrapponibilità delle due causali sospensive – l’occupazione irregolare e le gravi violazioni in materia di sicurezza – nella misura in cui il lavoratore irregolarmente occupato non ha ricevuto la relativa formazione e, nei casi in cui è prevista, la sorveglianza sanitaria3: in particolare, l’orientamento ispettivo – circolari INL 3 e 4 cit. – ha condizionato la revoca della sospensione, pagate le somme aggiuntive per le singole fattispecie violate, quantomeno alla programmazione dell’attività formativa del lavoratore, che va evasa entro sessanta giorni dalla sua attivazione, ed alla prenotazione della visita medica nei casi in cui è prevista dal DVR.
 
Peraltro, poiché tale ultimo obbligo non è di attuazione immediata presupponendo l’ulteriore indagine sull’eventuale indefettibilità della sorveglianza sanitaria sul lavoratore irregolarmente occupato, l’INL ha precisato che «Con riferimento alla prima fase applicativa della nuova disciplina, in caso di vigilanza esclusivamente ordinaria e nei casi in cui l’obbligatorietà o meno della sorveglianza sanitaria non sia agevolmente definibile in sede di accesso, ai fini della regolarizzazione del lavoro “nero” sarà sufficiente la verifica degli obblighi inerenti la formazione di cui all’art. 37 TULS» (circolare INL 4/2021), senza che, tuttavia, le oscurità applicative possano esser considerate dissolte, apparendo poco praticabile il suggerimento di adottare la sospensione sottoponendone la revoca alla formazione e sorveglianza sanitaria del lavoratore in nero, con riserva di annullamento in autotutela del provvedimento ove il datore di lavoro dimostri la non obbligatorietà della sorveglianza sanitaria4.
 
Tale opzione interpretativa, infatti, rischierebbe, da un lato, di appesantire in modo vano l’agire ispettivo con l’adozione di un atto che potrebbe essere in seguito annullato, e, dall’altro, non eliderebbe l’incognita sull’obbligatorietà della sorveglianza sanitaria per il lavoratore irregolarmente occupato, nei fatti differendo la decisione ispettiva sull’esistenza dell’obbligo in parola dal momento dell’accesso ispettivo a quello successivo dell’annullamento della sospensione, che andrebbe in ogni caso motivato.
 
Sempre in relazione all’adottabilità di un unico provvedimento ispettivo a fronte della ricorrenza di entrambe le fattispecie – come peraltro auspicato dall’INL –, andrebbe risolto l’ulteriore dubbio in ordine ai rimedi difensivi esperibili, posto che il decreto-legge 146/2021 (articolo 14, comma 14, TUSL) ha previsto per la sola ipotesi di lavoro irregolare la ricorribilità all’Ispettorato Interregionale del lavoro, laddove per i primi commentatori5 la sospensione per gravi violazioni alla normativa sulla sicurezza resterebbe affidata al ricorso al T.A.R., per quanto l’INL nulla abbia esplicitato a riguardo.
 
Le illustrate criticità interpretative subirebbero un’ulteriore complicazione dalla (già di per sé) non agevole comprensione del comma 16 dell’articolo 14 TULS, per il quale «L’emissione del decreto di archiviazione per l’estinzione delle contravvenzioni … comporta la decadenza dei provvedimenti di cui al comma 1, fermo restando, ai fini della verifica dell’ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d», su cui la circolare INL 3/2021 nulla ha precisato. In particolare, affiorerebbero due perplessità giuridiche di non secondaria importanza: la prima, riferita alla caducazione per legge di un provvedimento amministrativo a fronte dell’archiviazione disposta dal giudice penale; la seconda, per cui l’efficacia del provvedimento penale risulta condizionata dal pagamento derivante dall’emissione di un provvedimento amministrativo6.
 
Che le società complesse impongano articolate regolamentazioni dei fenomeni economico-sociali è un incontrovertibile dato di realtà, che rende inevitabile l’abbandono dell’illusione della razionalità giuridica che produce leggi chiare e di immediata applicazione. Tuttavia, appare sempre più preoccupante la china presa dalla positività normativa (Nomos), non più partecipe di un ordine dell’universo né di un principio naturale (Logos), bensì dissoltasi in leggi, fabbricate in massa ed emanate ubbidendo all’«occasionalismo più sfrenato e convulso», nei fatti sbriciolando l’universalità del diritto nella particolarità delle rationes normative, al riparo delle quali non è più rinvenibile una sovrastante verità ontologica bensì lotte di potere e di interessi dominanti in un determinato momento storico, momentaneamente preminenti ed in attesa di essere scalzati dai successivi7.
 
Giovanna Carosielli 

Funzionario ispettivo ITL Bologna*

@GiovCarosielli
 
*Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.
 
1 Il riferimento è all’elaborazione del DVR, del POS o del PEE, cui è tenuto il datore di lavoro e rispetto ai quali l’indagine ispettiva dovrebbe, almeno in prima battuta, limitarsi alla verifica della sua elaborazione, senza alcun sindacato sulla sua eventuale insufficienza/inidoneità.

2 FAQ INL sulla sospensione, risposte ai quesiti 14 e 15.

3 C. Santoro, I nuovi provvedimenti per lavoro nero e sicurezza dopo il Decreto Fiscale, in La circolare di lavoro e previdenza, 44/2021, 6 ss., spec. 9-10.

4 S. Olivieri Pennesi, A. Romaniello, E. Straziuso, Lavoro: le insicurezze…della sicurezza, in Lavoro@confronto, 47-48/2021, pag. 12 ss., spec. 18-19.

5 V. Lippolis, Sospensione dell’attività imprenditoriale: come e quando impugnare il provvedimento; C. Santoro, I nuovi provvedimenti per lavoro nero e sicurezza dopo il Decreto Fiscale, in La circolare di lavoro e previdenza, cit., pag. 13.

6 C. Santoro, I nuovi provvedimenti per lavoro nero e sicurezza dopo il Decreto Fiscale, cit., pag. 13-14.

7 N. Irti, Destino di Nomos, in M. Cacciari, N. Irti, Elogio del diritto, La Nave di Teseo, 2019. La citazione riportata è a pag. 127.

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