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Bollettino ADAPT 6 febbraio 2023, n. 5
Nonostante sia poco conosciuta, la contrattazione sociale è una realtà negoziale in continua espansione. È quanto è possibile evincere dai numerosi Rapporti che le organizzazioni sindacali, specialmente CISL e CGIL, hanno redatto negli ultimi dieci anni grazie ai loro Osservatori.
Che la si chiami “di prossimità” o “territoriale”, sottolineandone alternativamente il senso e lo spazio decisionale e di impatto, questo particolare tipo di negoziazione è diretta dalle organizzazioni sindacali con le amministrazioni locali finalizzata ad incidere sulle scelte del sistema pubblico, allo scopo di creare un modello di sviluppo sostenibile in favore di uno specifico territorio.
Per quanto possa essere un tema ancora tutto da esplorare e sistematizzare, è necessario cominciare ad acquisire consapevolezza del fenomeno, non solo per i nodi giuridici che solleva (cfr. G. Piglialarmi, La contrattazione sociale territoriale: inquadramento giuridico del fenomeno attraverso l’analisi contrattuale, in DRI, 2019, n. 2, pp. 713-725) ma soprattutto per le potenzialità che la contrattazione sociale può esprime rispetto alle trasformazioni del mercato del lavoro.
Anche se i risultati a cui giungono CISL e CGIL non sempre sono confrontabili, considerando le diverse scelte classificatorie nell’analisi degli accordi, la lettura congiunta dei loro Rapporti rivela una panoramica ricca ed interessante sulle tendenze, oltre che le sfide, della contrattazione sociale territoriale.
Considerati gli 8.605 accordi (al 20.10.2020) di CISL e gli 8.773 (al 31.12.2019) di CGIL, fin dalle prime analisi (risalenti al biennio 2012/2013), i protagonisti della contrattazione sociale sono le sigle unitarie dei pensionati, seguite dal livello unitario confederale.
Allo stesso modo, dall’altra parte del tavolo negoziale siedono perlopiù le amministrazioni comunali, peraltro con una certa continuità negoziale nei medesimi Comuni.
Dai Rapporti annuali, la diffusione territoriale della contrattazione sociale non è omogenea nel nostro Paese. Sia CISL che CGIL convergono infatti nell’affermare che negli ultimi dieci anni al primo posto per attività di negoziazione vi è l’area del Nord-Ovest, trainata dalla Regione Lombardia. A seguire, poco distante, si trovano Emilia-Romagna e Veneto, in crescita negli ultimi anni, a riprova di un maggior vigore della contrattazione nell’Italia Centro Settentrionale.
La sottoscrizione delle intese prima e degli accordi poi (si ricorda a tal proposito che per quanto riguarda questa tipologia di contrattazione non esiste una normativa che sancisce un vero e proprio obbligo) è condizionata da fattori esterni, sia per quanto riguarda i tempi del processo concertativo sia per le materie oggetto di contrattazione, anche se ciò non indica una passività dell’azione negoziale, quanto piuttosto una capacità di aderire alle esigenze del territorio.
Con riferimento al primo punto, l’attività negoziale si concentra perlopiù nella prima parte dell’anno, con una propensione ad avanzare fino al secondo e terzo trimestre per alcuni specifici anni, in modo conforme alla discussione e approvazione dei bilanci comunali. Gli accordi sottoscritti hanno durata mediamente di dodici mesi, con una tendenziale crescita del periodo di validità nel corso del tempo.
In relazione invece alle materie oggetto di contrattazione, queste dipendono dalle esigenze e dalle istanze proprie della società e del mercato del lavoro locale.
A tal proposito, la contrattazione sociale sembra nel tempo farsi sempre più corposa ed articolata: non solo aumenta il numero di materie contrattate, ma acquistano maggiore importanza anche aree di policy non tradizionali.
Infatti, se il cuore della contrattazione è senz’altro da sempre situato nell’intreccio tra le politiche sociosanitarie e assistenziali e le politiche locali dei redditi e delle entrate, è bene evidenziare come negli ultimi anni siano cresciute le esperienze di negoziazione dirette a migliorare anche altri aspetti meno tipici rispetto alle origini, quali l’istruzione, il welfare abitativo e la sanità. Mentre altre aree di policy, afferenti perlopiù al mercato del lavoro, hanno perso d’interesse. Attenzione, affermano però gli Osservatori, al rischio di sotto-negoziazione, ovvero al pericolo di recepire solamente iniziative definite in proprio dalle Pubbliche amministrazioni, senza coinvolgimento delle parti sociali.
Ad un ulteriore livello di dettaglio ed entrando nel merito delle micro-aree di politica, il confronto su base temporale mostra una caratterizzazione ormai chiara delle azioni negoziali portate a termine nei diversi territori. La microazione più ricorrente è la fiscalità locale, seguita dalle azioni di sistema in ambito socio-familiare e gli interventi a contrasto della povertà. È a questo proposito che non di rado gli autori dei Rapporti sottolineano la funzione complementare della contrattazione sociale rispetto al ruolo di protezione svolto dallo Stato.
Alla ricchezza tematica crescente degli accordi si associa poi un aumento del numero di destinatari. L’analisi di quanti beneficiano della contrattazione, quale misura immediata dell’inclusività, vede al primo posto la generalità dei cittadini e delle famiglie e a seguire anziani e disabili. Interessante è poi il dato secondo cui la contrattazione degli ultimi anni si stia spostando verso gruppi specifici quali i giovani, gli adulti in difficoltà, gli stranieri e le donne. Ciò dimostra come l’orizzonte culturale dell’azione sindacale si stia ampliando, in modo reattivo rispetto alle trasformazioni della società.
Nelle conclusioni di ciascun Rapporto, tra le tante sollecitazioni, di rilievo è la chiave di lettura offerta dalla dimensione territoriale per leggere il sistema di relazioni industriali, lontani dunque dalle tipiche logiche di scambio e di rappresentanza di interessi. Infatti, spostando l’asse negoziale da un piano rivendicativo ad uno concertativo, la contrattazione sociale opera un cambio di prospettiva, adottando il paradigma del territorio, quale luogo di ricomposizione delle relazioni industriali in ottica potenzialmente non conflittuale (M. Tiraboschi (a cura di), Il welfare occupazionale e aziendale in Italia, III Rapporto ADAPT, 2020, pp. 141-146).
Non è quindi inusuale che le domande aperte e le “provoc-azioni”, come le definisce l’ultimo Rapporto CISL, siano molte. L’azione sindacale sul territorio è infatti un osservatorio prezioso per intuire e capire le dinamiche delle relazioni industriali del prossimo futuro, orientate ad una maggiore aderenza alle peculiarità di un modello economico, sociale e politico in continua trasformazione.
Anna Marchiotti
Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena