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Bollettino ADAPT 8 maggio 2023, n. 17
Il lavoro è il principio fondamentale della nostra Costituzione, per lavoratori e imprenditori. Parlare di lavoro significa occuparsi di fatti che appartengono alla nostra realtà quotidiana di cittadini e cittadine.
Nel nuovo millennio, il lavoro è particolarmente esposto al vento delle grandi trasformazioni (ri-globalizzazione, rivoluzione digitale, inverno demografico, pandemia, sostenibilità ambientale). Di conseguenza, come sta cambiando?
I recenti dati del mercato del lavoro, italiani e regionali, sono decisamente positivi: attestano un aumento del numero degli occupati in coppia con una riduzione del numero di disoccupati e inoccupati. I numeri grezzi ci raccontano, dunque, che i processi economici hanno resistito agli sconvolgimenti in corso.
Ma la valutazione si rovescia e volge al negativo, se dall’analisi quantitativa passiamo all’indagine sulla qualità del (mercato del) lavoro. L’ultima edizione del Rapporto BES, sul benessere equo e sostenibile, ne mostra le crepe strutturali: l’accentuarsi dei divari territoriali lungo l’asse Nord-Sud; il permanere di uno svantaggio netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile, l’incremento degli squilibri a danno dei (pochi) giovani. I tre punti “G” del sistema lavoristico, quindi, sono riconducibili a Geografia, Genere e Generazioni.
Ragionare sui cambiamenti della qualità del lavoro porta ad occuparsi delle trasformazioni delle condizioni di lavoro, dipendente e autonomo. E a farlo tenendo presente contemporaneamente non solo le dimensioni oggettive (variabili organizzative del lavoro) e soggettive (comportamenti, bisogni, aspettative), ma anche le dimensioni regolative.
A partire dagli interventi, continui e convulsi, del nostro legislatore. Nell’ultimo ventennio, abbiamo conosciuto diverse ondate di grandi riforme: dopo il decreto Biagi del 2003 (Governo Berlusconi), la riforma Fornero del 2012 (Governo Monti) e il Jobs Act del 2015 (Governo Renzi), sempre nel segno di un aumento dell’occupazione e dell’occupabilità. Nell’agosto 2022, è arrivata la quarta ondata: i decreti Trasparenza (n. 104) e Attività di Cura (n. 105), figli dell’evoluzione dei modi di produrre e di lavorare.
L’ultima coppia di decreti, emanata sulla base di due direttive dell’Unione europea, intende regolamentare le trasformazioni nel lavoro ispirandosi al triplice nesso: rischio-bisogno-tutele. In tale ottica, coltiva diritti di nuova generazione per i lavoratori già analizzati in un corposo commentario, che segnalo anche in quanto disponibile gratuitamente (sul sito https://moodle.adaptland.it).
In occasione del primo maggio, il Governo Meloni vara un nuovo Decreto Lavoro ambiziosamente volto ad accompagnare i velocissimi mutamenti (di natura sistemica) in atto. È ancora presto per parlarne, ma già aleggia un certo disorientamento.
D’altra parte, se il diritto del lavoro fosse un puzzle, esso sarebbe composto da tessere spesso tra loro disomogenee e non sempre destinate a combaciare. Da qui l’importanza per “la messa a terra”, cioè per l’applicazione delle norme, dell’attività degli interpreti, dottrina e giurisprudenza. Ma non basta. Il percorso dovrà essere accompagnato (e, a volte, anticipato) dalla preziosa azione negoziale delle parti sociali. Quindi la regolamentazione del lavoro in trasformazione è figlia di una istituzione, viva e multiforme, del sistema delle relazioni industriali. Sarebbe bene tenerne conto.
Marina Brollo
Ordinaria di diritto del lavoro
Università degli Studi di Udine
@MarinaBrollo
*Pubblicato anche su Il Messaggero Veneto, 30 aprile 2023