L’effetto positivo del Jobs Act (finora): 5 per cento dei nuovi posti fissi

Tra il 2008 e il 2014 l’Italia ha perso, per effetto della crisi, 1 milione di posti di lavoro. In un mercato del lavoro duale come quello italiano con, da una parte, lavoratori tutelati e a tempo indeterminato, e dall’altra giovani (e non) a tempo determinato, potete facilmente indovinare quale sia stata, delle due, la categoria a soffrirne maggiormente le conseguenze.

 

La maggiore flessibilità dei contratti introdotta negli anni ’90, infatti, non è stata accompagnata da riforme adeguate alle procedure e ai costi di licenziamento per i contratti permanenti, ponendo di fatto in netto svantaggio la posizione dei cosiddetti precari. I governi D’Alema prima e Berlusconi poi avevano tentato di rimediare a questa disparità, ma in particolare l’ultimo era stato bloccato dall’opposizione della CGIL. Soltanto la Legge Fornero del 2012 e il Jobs Act del 2015, sono riusciti nell’intento di diminuire i costi di licenziamento e di renderli più chiari e trasparenti.

 

L’obiettivo del Jobs Act era dunque quello di ammorbidire la segmentazione del mercato del lavoro italiano e di promuovere le assunzioni a tempo indeterminato.Ma ci è davvero riuscito?

 

Per rispondere a questa domanda, non si può semplicemente analizzare una differenza tra il pre e il post riforma. Nel frattempo, altri fattori possono aver giocato un ruolo importante, e possono dunque portarci erroneamente a sottostimare o sovrastimare il successo di questa politica. Diffidate, in generale, di chi utilizza la mera differenza tra prima e dopo una riforma come misura del suo impatto: non è per nulla serio…

 

Continua a leggere su Econopoly – Il Sole 24 Ore

L’effetto positivo del Jobs Act (finora): 5 per cento dei nuovi posti fissi
Tagged on: