ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro
Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui
Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it
Bollettino ADAPT 16 maggio 2022, n. 19
Con D.G.R. n. 148/2022 la Giunta regionale di Regione Veneto ha autorizzato il proprio Presidente a promuovere ricorso in via principale avanti la Corte Costituzionale per una serie di articoli della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022-2024”), tra cui l’articolo 1, comma 721 recante disposizioni in materia di tirocini. In particolare, la norma in questione prevede dei criteri da considerare ai fini dell’accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni per le nuove linee guida sui tirocini diversi da quelli curriculari: “a) revisione della disciplina, secondo criteri che ne circoscrivano l’applicazione in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale; b) individuazione degli elementi qualificanti, quali il riconoscimento di una congrua indennità di partecipazione, la fissazione di una durata massima comprensiva di eventuali rinnovi e limiti numerici di tirocini attivabili in relazione alle dimensioni d’impresa; c) definizione di livelli essenziali della formazione che prevedano un bilancio delle competenze all’inizio del tirocinio e una certificazione delle competenze alla sua conclusione; d) definizione di forme e modalità di contingentamento per vincolare l’attivazione di nuovi tirocini all’assunzione di una quota minima di tirocinanti al termine del periodo di tirocinio; e) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività“. Regione Veneto, pur riconoscendo che alla base dell’introduzione della nuova disciplina debba essere raggiunto un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, pone una questione di legittimità costituzionale dal momento che “i criteri previsti per la determinazione di tali linee guide sono idonei a limitare in modo cogente e irragionevole la competenza regionale esclusiva in materia di formazione professionale, con conseguente violazione dell’articolo 117, comma 4 della Costituzione della Repubblica Italiana”.
La disposizione del comma 721 su cui si concentrano le critiche della Giunta regionale in questione riguarda la lettera a), che richiede alle Regioni di circoscrivere l’applicazione dei tirocini extracurriculari in favore di soggetti con difficoltà di inclusione sociale, “il che esclude alla radice la possibilità di introdurre in sede di accordo o di attuazione dello stesso ogni diversa scelta formativa che le regioni intendessero intraprendere, il che testimonia pur anche l’irragionevolezza della disposizione, in violazione dell’art. 3 Cost., oltre a determinare la lesione del principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost., solo all’apparenza rispettato, ma nella sostanza eliso dalla legge statale”. La D.G.R. appena citata effettua un giudizio piuttosto netto dell’articolo 1, comma 721 della Legge n. 234/2021 che affonda le radici nelle prerogative costituzionali per arrivare a porre un tema politico nel vero senso della parola, poiché connesso a precise scelte legislative: quale spazio resterebbe alle Regioni per effettuare in autonomia le proprie scelte formative o per continuare percorsi già avviati sul delicato tema dei tirocini extracurriculari? Il tema, al di là del ricorso in via principale di Regione Veneto, si pone anche in relazione alla Raccomandazione del Consiglio UE del 10 marzo 2014 su un quadro di qualità per i tirocini che, seppur non vincolante, affronta il tema confidando sulla centralità dello strumento del tirocinio quale strumento di politica attiva del lavoro per i giovani più che per i soggetti con difficoltà di inclusione sociale.
La Corte Costituzionale ha già avuto modo di affrontare il tema dei tirocini con la sentenza n. 287/2012 che, sulla base di un ricorso in via principale proposta da Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e Sardegna, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11 del D.L. n. 138/2011, il quale fissava dei “Livelli essenziali per l’attivazione dei tirocini”. Nello specifico, la Corte ha ribadito come la formazione professionale appartenga alla competenza normativa residuale ed esclusiva delle Regioni e ha censurato una norma che interveniva a stabilire i requisiti dei soggetti che promuovono tirocini formativi e di orientamento e la durata degli stessi, oltre che a stabilire la diretta applicazione dell’articolo 18 della Legge n. 196/1997 in caso di inerzia delle Regioni. La Consulta non ha dunque riconosciuto che tali previsioni rientrassero nella competenza esclusiva statale relativa ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, che può essere invocata – come evidenziato da precedenti sentenze della Corte Cost. citate nel caso di specie – soltanto “in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione, mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa”. I passaggi effettuati dalla Corte Cost. nella sentenza n. 287/2012 sono senz’altro ancora attuali, dal momento che il quadro costituzionale del Titolo V sia rimasto invariato. Tuttavia, l’elemento di novità è rappresentato dallo strumento dell’accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, introdotto dall’articolo 1, comma 34 della Legge n. 92/2012 e replicato dalle nuove previsioni della Legge n. 234/2021. Anche l’intervento normativo del 2012, infatti, ha previsto dei criteri orientativi dei contenuti dell’accordo in Conferenza Stato-Regioni: “a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività; c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta”.
La particolarità nella disciplina dei tirocini extracurriculari è data dalla definizione di criteri da parte del legislatore statale ancor prima di qualsiasi intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, che ha assunto negli ultimi anni un ruolo centrale proprio nella definizione di indirizzi generali in materia di politiche attive del lavoro (art. 2 D.Lgs. n. 150/2015) mediante uno schema – quello della previa intesa – inaugurato dalla legge delega n. 183/2014 che sembra «abbandonare i criteri di riparto delle competenze, propri di ogni costituzione federale, e si fonda sulla inclinazione alla cooperazione tra istituzioni che finisce quindi (in modo chiaro, seppur implicito) per promuovere il ruolo dello Stato centrale quale arbitro della attribuzione delle competenze» (Ferrante, 2016). L’intesa in materia di tirocini extracurriculari, invece, arriva solo successivamente alla definizione di criteri da parte del legislatore statale e questo aspetto, dal momento che la Legge di Bilancio 2022 introduce un criterio che – pur nella sua genericità – è chiamato ad incidere notevolmente sulle finalità dell’istituto del tirocinio, si è scontrato – ancor prima di una discussione in sede di Conferenza Stato-Regioni – con le scelte legislative operate dalle Regioni.
E’ evidente che la questione di legittimità costituzionale sollevata da Regione Veneto, dal momento che la tecnica legislativa della Legge n. 234/2021 sia pressoché identica alla Legge Fornero, si giochi sul concetto squisitamente giuridico di “criteri” e sull’invasività degli stessi sull’indiscussa competenza esclusiva regionale in materia di formazione professionale. La Corte Costituzionale si troverà a dover effettuare un’analisi puntuale della disposizione in questione per chiedersi – soprattutto relativamente alla lettera a) – se i criteri individuati dal legislatore statale siano considerabili alla stregua di meri atti di indirizzo o se incidano concretamente sulle scelte legislative e sulle politiche adottabili dalle Regioni. Da questo punto di vista, la D.G.R. n. 148/2022 non dimentica la centralità del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni fissato dall’articolo 120 della Costituzione, che nel caso in questione si riterrebbe eliso dalla legge statale impugnata. A tali punti occorre aggiungere che difficilmente la Corte potrebbe riconoscere che tali criteri definiti dalla Legge di Bilancio siano riconducibili a livelli essenziali delle prestazioni, i quali, sul tema dei tirocini, restano definiti dall’articolo 16, comma 1 lettera d) del D.Lgs. n. 226/2005: le Regioni debbono assicurare “la realizzazione di tirocini formativi ed esperienze in alternanza, in relazione alle figure professionali caratterizzanti i percorsi formativi”.
Il tema trova anche riscontri politici nelle recenti dichiarazioni del Ministro del Lavoro Andrea Orlando, che confermano la portata della nuova norma: “L’elemento probabilmente più innovativo e al tempo stesso divisivo della norma riguarda l’azione sulla platea, in quanto i tirocini extracurriculari dovranno essere circoscritti ai soggetti con maggiore distanza dal mercato del lavoro, e cioè con maggior necessità di formazione professionale. L’importanza di agire sulla platea dei soggetti beneficiari, e non solo sulle imprese ospitanti, deriva dalla constatazione che la limitazione del numero di tirocini in base alle dimensioni di impresa è stata certamente importante, ma non ha arginato efficacemente i tanti episodi di abuso purtroppo ancora diffusi. Per questo, al fine limitare l’uso distorto del tirocinio serve agire non solo sulla domanda di tirocinanti come fatto sinora, bensì anche sull’offerta. Restringendo la platea a chi necessita davvero di formazione si valorizza la finalità formativa di questo strumento, spesso trascurata, che – ricordo – non costituisce un contratto di lavoro per inserire i giovani in azienda, ma uno strumento di formazione da utilizzare nei confronti di coloro che necessitano di una effettiva formazione“. Dall’altra parte, l’Assessore Regionale al Lavoro Elena Donazzan ha ribadito una scelta legislativa e politica effettuata dalla Regione Veneto: «Il tirocinio in Veneto è un efficace strumento di inserimento lavorativo e con la limitazione ai soli soggetti svantaggiati, per i quali peraltro abbiamo tirocini dedicati, di fatto si escluderebbe una grande platea di beneficiari della misura, in prevalenza giovani, che verrebbero privati di un’importante canale formativo e di futuro inserimento occupazionale».
In conclusione, appare evidente che la principale novità della Legge di Bilancio 2022 sul tema dei tirocini, e cioè il criterio che porterebbe la Conferenza Stato-Regioni a limitare l’utilizzabilità dello strumento del tirocinio ai soggetti con difficoltà di inclusione sociale, si trovi – alla luce del recente ricorso alla Corte Costituzionale di Regione Veneto – a dover fare i conti con una questione giuridica e, al tempo stesso, politica. Da una parte, infatti, la Corte Costituzionale potrà accogliere o ritenere infondati motivi sollevati a livello regionale, e ciò dipenderà dal fatto che la Consulta consideri la norma in questione un semplice criterio liberamente attuabile in sede di Conferenza Stato-Regioni oppure una precisa scelta di carattere legislativo. Dall’altra, al di là dell’esito del ricorso, è evidente come il legislatore statale, oltre a non tenere in considerazione le differenti politiche adottate dalle Regioni per rispondere a differenti esigenze formative, abbia “gettato la spugna” sulle finalità originarie dei tirocini extracurriculari e abbia rinunciato definitivamente ad intervenire – mediante una più efficace attività di coordinamento e di monitoraggio – su quelle storture che hanno portato troppo spesso l’istituto a trasformarsi da strumento formativo e di orientamento a lavoro a basso costo.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena