Tra gli slogan più letti, sui quali creare spot per le campagne elettorali, vi sono quelli che promettono maggiore tutela ai giovani e alle donne sul mercato del lavoro. La tutela rimanda ai diritti, ma anche alla debolezza, alla fragilità, alla differenza.
Davvero una donna è fragile? Davvero una donna, specie se giovane, è debole e necessita di maggiore tutela?
Forse, non conosciamo profondamente le donne. Perché se così fosse, attribuiremmo loro diversi aggettivi, affiancheremmo loro solo immagini di forza.
Vivere la propria femminilità, dai banchi di scuola al posto di lavoro e alla politica, significa imparare presto che ci vogliono più energie per dimostrare il proprio talento.
Parlate con una donna e ciascuna vi racconterà che ha dovuto fare i conti, in una età che va dai 14 ai 25 anni, con la propria fisicità, perché il mondo intorno, per conferire credibilità ad una ragazza in gamba, richiede avvenenza ma non troppa, grazia ma non troppa, dolcezza ma non troppa. Che sia baco o farfalla, poco conta, normalmente non si è mai adeguate. Le donne crescono così, ciascuna a modo suo, colmando carenze segnalate da altri e rinforzando, con gli anni, una idea di se stesse più complessa e matura, poiché testano concretamente che si può essere in gamba ad ogni modo, con qualsiasi vestito, con o senza trucco.
Parlate con una donna e ciascuna vi dirà che, dopo gli anni universitari, nell’incontro con il mondo del lavoro, ha sperimentato qualche difetto del mercato. Ha capito, recandosi ai primi colloqui, che avrebbero preferito che si fosse chiamata Fabio e non Fabiana. Ha capito che alle domande sui valori e gli ideali a fondamento della propria vita, durante un colloquio di lavoro, avrebbe dovuto rispondere mentendo. Le parole famiglia, figli, passioni non sarebbero state mai più pronunciate. Quelle donne hanno imparato a mostrare con intelligenza solo una parte di sé poiché in alcuni casi è un modo utile di difendere la parte più intima e personale. Hanno imparato che significa determinazione e a che serve il coraggio.
Parlate con le donne e molte di loro vi racconteranno la difficoltà di conciliare il lavoro e la famiglia quando arriva la gioia profonda di diventare madri. La difficoltà di imparare a pensare a mille cose insieme, cercando di portare tutte a piena realizzazione, la difficoltà di apparire serene anche se virosi e malanni turbano le notti e la routine familiare, la difficoltà di imparare a mettere se stesse dopo ogni priorità, dopo il lavoro, la famiglia e tutto il resto. Quelle donne hanno imparato quindi il valore prezioso della pazienza, del silenzio, dell’ascolto, dell’organizzazione e della gestione dei tempi.
Parlate con una donna e vi dirà, se ha genitori anziani di cui prendersi cura, che c’è un tempo per ricevere attenzione e un tempo per dare attenzione. Vi dirà che vi sono giorni in cui siamo allievi della vita, impariamo e ci sentiamo forti, e giorni in cui siamo costretti a diventare Maestri, a prendere decisioni, anche difficili. Quelle donne hanno imparato quanto importante sia prendersi cura degli altri, dei progetti, dei pensieri, delle passioni proprie e degli altri.
Parlate con queste donne e poi dite se sono così deboli, così fragili, bisognose di tutela.
Le donne hanno solo bisogno di spazio, di luoghi di lavoro, di classi, di imprese, di parlamenti, di piazze, di palchi, di teatri che sappiano svelare quante competenze silenziose si nascondono dietro i sorrisi, gli sguardi, i gesti che mostrano.
Quelle competenze le rendono piene di energia, poiché il vissuto personale di ciascuna persona – e di una donna in particolare, a cui la natura ha conferito compiti differenti, concedendole esperienze di straordinaria forza – lascia sempre sulle spalle uno zaino pieno zeppo di “so fare”, di capacità, di gesti concreti di cui il mondo del lavoro ha bisogno più che mai.
ADAPT Community Manager
ADAPT Research Fellow
@ElianaBellezza