Se ne parla da tempo, senza però trovare valide soluzioni: università e mercato del lavoro sono due mondi troppo distanti che ancora faticano a comunicare. Qualche passo in avanti è stato compiuto attraverso esperienze di alternanza e tirocini che però non tutte le sedi universitarie sono in grado di offrire. Non di rado si tratta di esperienze brevi, ore che poco o nulla incidono sulla carriera di studenti che per cinque anni assimilano nozioni senza poterle mettere in pratica lungo la gran parte del percorso di studio. Per contribuire a superare queste criticità la classe del corso di Diritto delle Relazioni Industriali di Modena (laurea specialistica in Relazioni di lavoro) ha sviluppato un esercizio di impresa simulata che ha come obiettivo quello di ricreare un’attività d’impresa che sarà implementata e gestita dagli studenti durante i tre mesi di svolgimento del corso accademico. Non si tratterà di simulare una realtà aziendale, come può essere quella di un’impresa industriale o di servizi, in tutte le funzioni in cui si articola e che si possono estrapolare da un organigramma. In altre parole, non vi saranno funzioni quali acquisti, produzione e vendite. L’impresa di #IRL2017 coinciderà invece con l’unità organizzativa che genericamente chiameremo “del Personale”. Al suo interno poi la funzione si articolerà in quattro Dipartimenti: Payroll e Welfare, Recruiting, Affari Legali e Relazioni Industriali. A questi si affiancherà il Dipartimento Comunicazione, che si occuperà dei flussi informativi che circolano sia internamente all’impresa che verso il mondo esterno per tenere aggiornati i “followers” di questo progetto sul lavoro svolto. All’impresa non mancherà anche una vocazione internazionale, infatti a due studentesse spetterà il compito di studiare i sistemi di relazioni industriali di paesi europei ed extraeuropei, indagando le differenze rispetto al modello italiano.
L’impresa simulata rappresenta solo uno dei vari strumenti che sono a disposizione degli istituti formativi per raccordare mondo dell’istruzione e mondo del lavoro. Più in generale il decreto legge n. 53 del 2003 parla dell’Alternanza scuola-lavoro come di una “modalità di realizzazione del percorso formativo”, sottolineando il fatto che, come ci suggerisce anche il presidente di Adapt Emmanuele Massagli in un ebook sul tema, non si tratta di un mezzo quanto di un metodo, di un nuovo modus operandi. Non è il carburante che fa funzionare la macchina, ma è la macchina stessa. In altre parole, non si può prescindere da una “messa in pratica” di quanto si impara sui banchi di scuola ma
occorre piuttosto attuare un’integrazione sinergica con la teoria. Solo dall’incontro tra nozioni teoriche e pratica si può tessere quella rete che ci supporterà una volta usciti definitivamente dalla scuola e dall’università.
L’impresa simulata rappresenta un mezzo diverso dal tirocinio ma gli obiettivi raggiunti dovrebbero essere molto simili. L’esperienza dell’impresa simulata diviene ancor più fondamentale in un corso di laurea che non dà la possibilità ai suoi studenti di effettuare un stage curriculare, o meglio, la possibilità viene data ma non viene correlata a nessun tipo di premio. Il tirocinio di Relazioni di Lavoro vale infatti zero crediti.
Chi di noi studenti di #IRL2017 ha già avuto dei task da svolgere è entrato nelle possibili dinamiche di un’impresa e ne ha sperimentato gioie e dolori. Pensiamo per esempio al Dipartimento Recruiting di cui fin dai primi giorni abbiamo apprezzato il lavoro. Cinque componenti che hanno dovuto assegnarsi dei ruoli e coordinarsi tra loro proprio come farebbero i colleghi di una vera azienda per poter elaborare i curricula dei candidati ai vari dipartimenti. E forse pure con maggiori difficoltà rispetto a dei professionisti delle Risorse umane: questi ultimi infatti quando sono chiamati a selezionare difficilmente conoscono i candidati, fatto che li porta a valutare in base alle competenze piuttosto che ad una preferenza personale. I nostri selectors invece hanno dovuto sviluppare un ‘senso di distacco nei confronti dei colleghi studenti che conoscevano, dimostrando una professionalità che forse neanche loro credevano di possedere. Hanno dovuto poi informarsi sulle tecniche di reclutamento e assegnazioni dei candidati, arricchendo il loro bagaglio di conoscenze. Conoscenze che, ben applicate e coltivate, al termine dell’esercizio di impresa simulata diventeranno competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Non è un lavoro semplice quello che siamo chiamati a fare. Accanto alle soddisfazioni, all’incremento di conoscenze e competenze, ad esperienze sfidanti, c’è una componente di fatica e di sacrificio importante. Per chi è abituato ad una impostazione classica ed individuale di studio può essere infatti impattante il dover collaborare con i propri colleghi per elaborare un progetto e portare a casa l’obiettivo, dedicarvi una grande quantità di tempo, iniziare ad intrecciare una simbiosi con la propria casella di posta elettronica. Ma è anche vero che solo in questo modo potremmo comprendere fino a che punto arrivi la nostra “resilienza”, la nostra capacità di gestire situazioni mai vissute prima e di utilizzarle come occasione di crescita, quella resilienza che inevitabilmente ci sarà richiesta sul nostro futuro posto di lavoro. Questa è l’occasione per orientarci, per capire le nostre vocazioni professionali e se abbiamo la voglia e la capacità per ricoprire una certa posizione nel futuro. Ecco perché avere un ruolo nell’impresa simulata rappresenta un’occasione dall’alto valore educativo da non lasciarsi sfuggire.
Anita Cezza
ADAPT Junior Fellow