Bollettino ADAPT 17 marzo 2025, n. 11
Una recente sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Castilla y León (STSJ 260/2025 del 27/01/2025, Nº rec. 3113/2024) ha confermato l’illegittimità di un licenziamento comminato da un’azienda contro una propria dipendente per la sua attività di beauty influencer durante un periodo di malattia. Il caso ha acceso in Spagna il dibattito sui limiti della buona fede contrattuale e il diritto dei lavoratori a svolgere determinate attività durante la loro assenza per motivi di salute.
Flora, impiegata a tempo indeterminato dal 2017, diventava madre nel 2021 e, al termine del congedo di maternità, richiedeva nel 2022 una riduzione dell’orario di lavoro. A partire dal novembre 2023, tuttavia, a fronte di una diagnosi di ansia, la lavoratrice aveva ottenuto un congedo per malattia, che sarebbe terminato nel febbraio 2024 a seguito di un miglioramento delle condizioni di salute e della recuperata capacità di riprendere servizio.
Nel gennaio 2024, tuttavia, la sua azienda le notificava un licenziamento disciplinare, motivato dalla sua attività sui social network, in particolare su Instagram e TikTok, dove promuoveva prodotti di bellezza del marchio FARMASI. Secondo l’azienda, la lavoratrice, mettendo in essere tali condotte, aveva violato la buona fede contrattuale, giacché il suo atteggiamento positivo nei video appariva incompatibile con il suo stato di malattia.
Recitava, difatti, la comunicazione di licenziamento disciplinare: «con il presente scritto, le comunichiamo che in data 23 gennaio 2024, la direzione di questa azienda ha deciso di porre fine al rapporto di lavoro che ci legava a Lei. Il licenziamento avrà effetto a partire da oggi. I motivi di tale decisione sono i seguenti: 1) Violazione della buona fede contrattuale e abuso di fiducia nell’esercizio dell’attività lavorativa. Dal 18 novembre 2023, Lei si trova in una situazione di incapacità temporanea per malattia comune. Tuttavia, l’azienda ha verificato che, successivamente alla data di inizio della sua assenza per malattia, ovvero dopo il 18 novembre 2023, Lei ha pubblicato video sulle piattaforme Instagram e TikTok. Tali video, accessibili al pubblico dai profili di cui Lei è titolare, la ritraggono mentre svolge attività di vendita, simili a quelle del Suo ruolo lavorativo presso la nostra azienda Totalfan Castilla y León, S.L. (nell’ambito della quale ricopre la posizione di commerciale di prodotti di telefonia). In particolare, nei video Lei pubblicizza e offre prodotti di bellezza per l’azienda FARMASI, apparendo in piedi e con un atteggiamento molto positivo, il che risulta incompatibile con lo stato di incapacità temporanea comunicato all’azienda. I suddetti video sono stati pubblicati su Instagram nei giorni 26, 27, 28 e 30 novembre 2023; 11, 12, 13, 15 e 18 dicembre 2023; 1, 6, 10, 12 e 13 gennaio 2024, e su TikTok nei giorni 25, 27, 28, 29 e 30 novembre 2023; 1, 2, 4, 11, 12, 17 e 21 dicembre 2023; 1, 10, 11 e 12 gennaio 2024. Per tale ragione, la informiamo che tale comportamento costituisce una grave e colpevole violazione contemplata nell’articolo 54, comma d) dell’Estatuto de los Trabajadores. Alla luce di questi fatti e in conformità con quanto stabilito dagli articoli 54 e 55 dell’Estatuto de los Trabajadores, procediamo pertanto al licenziamento disciplinare».
Avverso tale decisione, la lavoratrice presentava ricorso e il tribunale di primo grado (con sentenza del Juzgado de lo Social núm. 1 de Palencia – autos 206/2024) dichiarava il licenziamento illegittimo. Facendo appello all’art. 193 della Ley Reguladora de la Jurisdicción Social (LRJS) e alla presunta violazione degli artt. 54.1 e 54.2 d) dell’Estatuto de los Trabajadores che regolano le cause di licenziamento per violazione della buona fede, l’azienda impugnava la decisione della prima istanza, sostenendo che Flora, essendo in malattia per ansia, non avrebbe dovuto svolgere alcuna attività, neppure occasionale, che potesse interferire con la sua guarigione.
Le argomentazioni addotte dall’azienda non sono state, tuttavia, sufficienti in sede di giudizio di appello. Il Tribunal Superior de Justicia de Castilla y León, difatti, ha respinto l’idea secondo cui qualsiasi attività, per il sol fatto di essere svolta durante il congedo per malattia, possa automaticamente considerarsi una violazione della buona fede contrattuale e, di conseguenza, giustificare il licenziamento.
Come si legge nella sentenza, «a giudizio di questa Corte, l’interpretazione proposta deve essere rigettata. In primo luogo, posto che non è in discussione che la lavoratrice si trovasse in situazione di incapacità temporanea, una violazione della buona fede in tale circostanza potrebbe verificarsi in due modi: simulando una malattia oppure svolgendo attività che ritardino o impediscano la guarigione. La sola pubblicazione di alcuni video, secondo il parere di questo Tribunale, non costituisce una base sufficiente per concludere che la lavoratrice stesse simulando una malattia, poiché la pubblicazione occasionale di brevi video non è in contraddizione con la patologia dichiarata. In altre parole, ciò non implica necessariamente che la lavoratrice stesse fingendo di essere malata. Per altro verso, neppure vi sono elementi per ritenere che tali pubblicazioni possano condizionare o ritardare il processo di guarigione, giacché, considerando la natura della malattia, non v’è certezza circa la sussistenza di una correlazione diretta. Di conseguenza, se la violazione della buona fede contrattuale, in queste situazioni, richiede la presenza di un comportamento fraudolento ai danni dell’azienda, tale circostanza non si verifica nel caso in esame, il che conduce al rigetto del ricorso».
In buona sostanza, non vi era prova, a parere dell’organo giudicante, che la lavoratrice stesse simulando la sua malattia o che l’attività sui social interferisse con il suo processo di guarigione. La pubblicazione sporadica di video non dimostrava un impatto negativo sulla sua condizione di ansia, né esisteva alcuna evidenza che l’attività di influencer avesse ritardato la sua guarigione.
Si tratta, dunque, di una sentenza che rappresenta un importante precedente per i lavoratori in malattia che svolgono attività collaterali e che sottolinea, altresì, l’importanza di valutare caso per caso se un’attività extra-lavorativa possa realmente interferire con il processo di guarigione.
Lavinia Serrani
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona