L’esito referendario ha definitivamente chiuso più di un trentennio di tentativi riformistici della Costituzione. Ci aspetta un periodo di turbolenza politica e di incertezze (ne sono prova il disorientamento generale in materia di elezioni e di formule elettorali e l’improvvisazione con cui viene gestito il Comune di Roma). Possiamo evitare un ulteriore declino soltanto se ci dotiamo di una struttura esecutiva robusta, che sappia rispondere agli indirizzi che le dà il Parlamento con le leggi. Diventa, quindi, importante dedicarsi ai «rami bassi», all’amministrazione, perché la macchina statale è lenta e inefficace. La distribuzione delle funzioni e l’organizzazione delle amministrazioni sono obsolete, a partire da Palazzo Chigi, dove mancano le strutture necessarie e abbondano quelle superflue. I processi produttivi sono arcaici e le procedure si concludono in tempi lunghissimi: basta pensare agli intoppi che incontra qualunque decisione pubblica complessa, dalla localizzazione di impianti industriali alla costruzione di strade, allo sfruttamento di giacimenti di fonti di energia. Il numero dei dipendenti pubblici rispetto alla popolazione non è alto, ma quelli scelti con concorso sono in molte amministrazioni la minoranza e la produttività oraria è bassa, se confrontata con quella degli impiegati pubblici di altri Paesi. Le maggiori iniziative d’interesse collettivo sono bloccate o vanno avanti tra enormi difficoltà. L’Italia, tra i primi dieci Paesi industriali, crolla verso il cinquantesimo posto se si valuta l’efficacia della sua strumentazione amministrativa…
Continua a leggere su corriere.it