Bollettino ADAPT 6 aprile 2020, n. 14
Il 18 marzo 2020 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) ha diffuso alcune note in lingua inglese intitolate “COVID-19 and World of Work: Impacts and Responses” (già pubblicate nel Bollettino Adapt n. 12/2020) e leggermente modificate il 19 marzo (vedi il nuovo testo in www.ilo.org/global/topics/coronavirus/impacts-and-responses). Il documento – diviso in quattro paragrafi e due allegati – intende offrire una prima valutazione a livello globale dell’impatto del COVID-19 sul mercato del lavoro, proponendo una serie di azioni volte a mitigare gli effetti della pandemia e facilitare la ripresa.
In questo breve intervento ci si propone di riassumerne i contenuti.
Il primo dato rilevante è che le misure di quarantena introdotte in molti Paesi per contenere il virus stanno determinando uno shock economico non solo dal lato dell’offerta (a causa della interruzione e/o del rallentamento di buona parte sia della produzione, sia dei servizi), ma anche dal lato della domanda (a causa della inattività obbligata di gran parte della forza lavoro, con inevitabili ripercussioni sui consumi).
Ipotizzando, da un lato, che il COVID-19 sia destinato ad infettare tra il 40% e il 70% della popolazione mondiale (e che dunque nel corso del 2020 tutti i Paesi del mondo verranno colpiti dalla pandemia in maniera pressoché omogenea) e facendo leva, dall’altro, su stime riportate da un recente studio (v.: W. McKibbin, R. Fernando, “The Global Macroeconomic Impacts of COVID-19: Seven Scenarios”, 2020, reperibile in www.brookings.edu/research/the-global-macroeconomic-impacts-of-covid-19-seven-scenarios/), l’OIL, prefigura tre potenziali scenari: nell’ipotesi più ottimista si stima una decrescita del PIL del 2%; in quella intermedia una sua diminuzione del 4% e nello scenario più pessimistico una riduzione dell’8%.
Inevitabile dunque che l’ipotizzato shock economico si ripercuota sul mondo del lavoro.
In particolare, l’OIL prevede che gli effetti si faranno sentire in primis sulla quantità di lavoro, se è vero che secondo le stime vi sarà un aumento a livello globale del numero di disoccupati compreso tra: i 5,3 milioni, nello scenario più “roseo”, i 13 milioni, nello scenario intermedio, e i 24,7 milioni, nello scenario più pessimistico (a titolo di confronto, la crisi finanziaria globale del 2008/2009 ha creato 22 milioni di disoccupati).
In secundis lo shock economico pare inevitabilmente destinato ad incidere sui guadagni, posto che, a causa delle misure di quarantena, si stimano perdite complessive di reddito da lavoro comprese tra: gli 860 miliardi di dollari, nello scenario più ottimistico, i 1.720 miliardi di dollari, nello scenario intermedio, e i 3.440 miliardi di dollari, secondo le previsioni più pessimistiche, con un aumento globale dei soggetti in povertà lavorativa – rispetto alle stime pre-COVID-19 – tra: gli 8,8 milioni di persone, sempre nello scenario più “roseo”, i 20,1 milioni di persone nello scenario intermedio, e i 35 milioni di persone, secondo le previsioni peggiori.
In ultimo, la crisi economica determinata dal virus è destinata – come l’esperienza delle crisi e delle pandemie passate suggerisce – a colpire prevalentemente alcune categorie di lavoratori: i giovani, gli ultracinquantacinquenni, gli immigrati, le donne e le categorie non protette (lavoratori autonomi ed occasionali compresi).
Se dunque la situazione attuale induce a prevedere un periodo di forte recessione economica a livello globale, occorrono risposte politiche rapide, non frammentate e coordinate, a livello sia nazionale che globale, volte non solo a limitare gli effetti diretti della pandemia sulla salute dei lavoratori e delle loro famiglie, ma anche ad attenuare le ricadute indirette del virus sull’economia mondiale attraverso l’individuazione di misure di sostegno economico sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.
A tal proposito l’OIL indica tre tipologie di iniziative (“pilastri”) che gli Stati dovrebbero intraprendere per combattere la pandemia, elencando, a titolo meramente esemplificativo, le misure già adottate da alcuni Paesi.
Le tre direttrici su cui occorre, secondo l’OIL, concentrare l’azione politica sono:
- la protezione dei lavoratori sul posto di lavoro attraverso: l’introduzione di misure di allontanamento sociale, procedure igieniche, attrezzature di protezione; la diffusione di materiale informativo riguardante la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (come ad esempio l’introduzione sia di linee telefoniche sia di siti web dedicati e l’utilizzo di questionari, come è stato fatto in Giappone); il dialogo tra i datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori; l’uso di modalità di lavoro flessibile come il telelavoro e l’adozione di orari di lavoro scaglionati (come avvenuto in Italia e Giappone); misure volte a prevenire discriminazioni verso i lavoratori contagiati dal virus tramite, ad esempio, l’introduzione di strumenti dedicati alla denuncia delle molestie (così come fatto in Giappone); l’accesso generalizzato ai servizi sanitari; l’ampliamento dei congedi parentali e di quelli retribuiti per malattia anche ai lavoratori autonomi (come è stato fatto in Irlanda, Singapore e Corea del Sud) e a quelli in quarantena (come è stato fatto in Cina e nel Regno Unito); l’introduzione di misure di assistenza all’infanzia per i genitori che lavorano (così come avvenuto in Giappone, Italia e Germania).
- La stimolazione dell’economia e della domanda di lavoro attraverso l’introduzione di: misure di protezione sociale come i sussidi di disoccupazione; sgravi per i lavoratori a basso reddito e per le micro, piccole e medie imprese (come è stato fatto in Italia); politiche di “accomodamento monetario” come la riduzioni dei tassi d’interesse (come avvenuto in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti d’America); prestiti mirati e sostegno finanziario a settori specifici per proteggere in particolare le micro, piccole e medie imprese (come è stato fatto in Cina e in Corea del Sud e annunciato in Germania e Francia); investimenti nel sistema sanitario al fine non solo di combattere il COVID-19 ma anche di creare posti di lavoro (come avvenuto nel Regno Unito e Irlanda).
- Il supporto dell’occupazione e dei guadagni attraverso: una estensione delle misure di protezione sociale nei confronti anche dei lavoratori informali, occasionali, stagionali, migranti, autonomi (come è stato fatto nelle Filippine); l’introduzione di politiche di mantenimento dell’occupazione (ad esempio tramite sussidi salariali, congedi retribuiti, esenzioni contributive, riduzioni retribuite dell’orario di lavoro o indennità di disoccupazione parziale, come è stato fatto in Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi); misure di agevolazione finanziaria e fiscale per sostenere in particolare le micro, piccole e medie imprese e i lavoratori autonomi, ad esempio, tramite l’erogazione di somme anche una tantum (come avvenuto ad Hong Kong e in Cina), nonché l’introduzione di misure di finanziamento per superare i vincoli di liquidità (come fatto nel Regno Unito e in Francia e come annunciato dalla Corea del Sud).
Da ultimo, il documento dell’OIL in esame, facendo leva sull’esperienza derivante dalle crisi finanziarie, nonché dalle emergenze sanitarie del passato (influenza aviaria e suina, SARS, sindrome respiratoria medio-orientale, Ebola), pone l’attenzione sulla necessità di continuare ad elaborare misure innovative per stimolare la ripresa sia della domanda che dell’offerta (in particolare tramite investimenti ad alta intensità occupazionale, politiche volte a sostenere lo sviluppo delle competenze e l’imprenditorialità e l’individuazione di meccanismi di protezione sociale). In proposito, con riguardo al quomodo, l’OIL ritiene indispensabile che tali interventi vengano non solo attuati in modo tempestivo, ma anche assoggettati ad un costante monitoraggio (al fine di garantire che le risposte politiche messe in atto siano e rimangano pertinenti). Indispensabile per l’OIL appare, infine, garantire sia una informazione accurata, coerente, tempestiva e trasparente (essenziale per aumentare la fiducia a tutti i livelli dell’economia e della società – luoghi di lavoro compresi – posto che un calo o una mancanza di fiducia influisce sulla spesa dei consumatori e sugli investimenti delle imprese), sia meccanismi di dialogo sociale a livello non solo nazionale ma anche aziendale. Le crisi economiche del passato, infatti – si legge nel documento OIL – ci hanno dimostrato che i governi non possono affrontare l’emergenza, né garantire la stabilità sociale e la ripresa attraverso azioni unilaterali.
Francesca Marinelli
Professore Associato di Diritto del lavoro
Università degli Studi di Milano