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Bollettino ADAPT 28 novembre 2022, n. 41
La tutela economica della malattia Inps nel CCNL Metalmeccanica Industria
Il tema della salute sul luogo di lavoro è da sempre centrale nel dibattito tra le parti sociali. L’attenzione sulla gestione degli eventi di malattia ed infortunio è cresciuta negli ultimi anni, soprattutto in relazione al trascorso periodo pandemico. L’importanza di ritornare sull’argomento è tanto più attuale ora se si considera come, secondo i recenti dati Inps, nei primi sei mesi di quest’anno il numero di certificati medici prodotti ha registrato un +60,5% rispetto allo stesso periodo del 2021.
In particolare, per quanto concerne la tutela economica della malattia o dell’infortunio non occorso sul luogo di lavoro, esso si definisce quale istituto complesso ed integrato, caratterizzato da precisi presupposti giuridici e determinabili conseguenze economiche, le quali hanno un effetto diretto sulla retribuzione del lavoratore che si trova nella temporanea impossibilità a svolgere la mansione.
Alla luce del principio della gerarchia delle fonti, le premesse normative che disciplinano il trattamento economico in caso di assoluta o parziale incapacità lavorativa trovano origine con ordine, oltre che nei principi generali della Costituzione, nell’art. 2110 del codice civile, nelle leggi e nei decreti legge e ministeriali susseguitesi nel tempo e nella Circolare INPS n. 134368 del 28 gennaio 1981 e seguenti, che stabilisce un’indennità di malattia a parziale copertura economica del periodo di sospensione della prestazione lavorativa per talune categorie di lavoratori, per esempio gli operai.
In aggiunta alla cornice così delineata, la maggior parte dei contratti collettivi nazionali disciplina la materia, prevedendo il più delle volte un trattamento integrativo in favor al lavoratore.
È questo il caso del CCNL Metalmeccanica Industria (2021 – 2024), che qui si vuol analizzare e prendere quale esempio, in quanto tra i più diffusi a livello nazionale.
All’art. 2, Sezione Quarta “Disciplina del rapporto individuale di lavoro”, Titolo VI “Assenze permessi e tutele” del suddetto CCNL, entro i limiti della conservazione del posto e stante le norme di Legge in materia, si afferma che “ […] le aziende corrisponderanno al lavoratore assente per malattia o infortunio non sul lavoro, una integrazione di quanto il lavoratore percepisce, in forza di disposizioni legislative e/o di altre norme, fino al raggiungimento del normale trattamento economico complessivo netto che avrebbe percepito se avesse lavorato […]”.
Stante questa disposizione e date le premesse di cui sopra, la conseguenza sui fattori remunerativi rivela come, al lavoratore operaio assente per malattia, l’azienda sia tenuta ad erogare sia l’indennità Inps prevista per legge sia un’integrazione economica aziendale.
In particolare, al lavoratore non spetterà sempre il riconoscimento dell’intera retribuzione, ma l’integrazione a carico azienda sarà variabile in funzione delle caratteristiche dei singolari periodi di malattia.
Come funziona
Determinare quanto il lavoratore percepirà in caso di malattia non è dunque immediato, ma deriva dalla stratificazione del quadro giuridico così delineato. Serve quindi un metodo di analisi ed uno strumento operativo che siano in grado di “mettere a sistema” questo complesso sistema di variabili.
Come accennato, l’integrazione economica aziendale è variabile e, a seconda dei casi, può garantire l’intera retribuzione o una parte di essa (80%, 66% o 50%).
In linea generale, si possono individuare quattro schemi di tutela, di cui due principali e due che operano in via residuale. Il primo schema di tipo “forte” garantisce l’intera retribuzione in occasione di primi periodi di malattia e di eventi caratterizzati da particolare gravità. Ad esso è collegato il secondo sistema che garantisce l’80% del trattamento economico complessivo, quando cessano gli effetti del primo.
Infine, il terzo schema, assieme al quarto, per così dire sistemi “deboli”, intervengono esclusivamente per disciplinare le malattie di breve durata e prevedono rispettivamente la copertura del 66% e, una volta esaurita quest’ultima, del 50% della retribuzione globale.
Per comprendere quale tutela economica è attivabile, innanzitutto si rende necessario individuare l’anzianità aziendale. A seconda del tempo intercorso dalla data di assunzione (tre e sei anni sono il discrimine) al verificarsi dell’evento di malattia, al lavoratore viene corrisposta l’intera retribuzione solo per un primo periodo (da 122 a 214 giorni), mentre per i restanti giorni l’integrazione economica aziendale scende all’80%.
Dunque, si può affermare che il primo schema sia previsto in via maggioritaria per i lavoratori che intrattengono con l’azienda un rapporto di lavoro duraturo.
Ai fini della determinazione dell’integrazione economica spettante, viene considerato anche il tempo intercorso tra gli eventi di malattia. Se l’intervallo tra gli eventi è superiore a 61 giorni, il calcolo ricomincia ex novo. In questo modo, l’alternanza tra il primo e il secondo schema di tutela ricomincia dopo un periodo di circa due mesi, evidenziando un trattamento di favore per quei casi in cui gli eventi di malattia non manifestano una stretta continuità temporale, bensì potrebbero aver origine da eventi morbosi differenti.
Parzialmente indipendenti da queste previsioni sono i casi in cui il lavoratore sia affetto da specifiche patologie, considerate meritevoli di particolare tutela, o si trovi ricoverato in strutture ospedaliere. Prevale in questo caso il primo schema di tutela con un’integrazione economica aziendale al 100%.
A titolo di disincentivo e di probabile contrasto all’assenteismo, viene riconosciuto il più basso tasso di copertura retributiva in presenza di più di tre periodi di malattia di breve durata (inferiori a cinque giorni) che occorrono nel medesimo anno solare. La tutela applicata è dunque quella del terzo e quarto schema descritti precedentemente.
A livello pratico, calcolare l’integrazione economica aziendale vuol dire effettuare una sottrazione tra quanto erogato dall’Inps a titolo di indennità di malattia e, in misura percentuale, quanto il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato.
Nello specifico, l’Inps non copre i primi tre giorni di malattia che rimangono a carico totale dell’azienda (periodo di carenza), bensì eroga un importo pari al 50% della retribuzione media giornaliera del lavoratore dal quarto al ventesimo giorno e pari al 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.
Data per conosciuta la liquidazione dell’indennità di malattia Inps, lo strumento operativo per determinare nel concreto quanto spetta al dipendente si caratterizza da alcuni passaggi.
Per prima cosa è necessario individuare la retribuzione giornaliera ordinaria spettante. Solitamente calcolata dividendo la retribuzione globale per 26 (divisore previsto per il CCNL Metalmeccanica Industria), la paga giornaliera ottenuta viene declinata secondo le percentuali di garanzia retributiva come da disposizione contrattuale.
In secondo luogo, si calcola il numero di giorni di malattia oggetto di garanzia contrattuale, al fine di moltiplicarli per la percentuale di retribuzione spettante secondo gli schemi di tutela.
Ora, alla retribuzione così individuata deve essere sottratta l’indennità erogata dall’Inps.
Si consideri che su quest’ultima non sono dovuti i contributi, in quanto sono riconosciuti figurativamente dall’istituto. L’operazione per rendere dunque comparabili le due dimensioni è detta “lordizzazione” e prevede che l’indennità Inps venga moltiplicata per un coefficiente che si ottiene attraverso la seguente formula: (indennità Inps*100) / (100 – percentuale dei contributi a carico del lavoratore).
A questo punto si ottiene l’integrazione economica aziendale, sottraendo alla retribuzione complessiva (che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato) l’indennità Inps “lordizzata”.
Considerazioni complessive
Complessivamente, le scelte del legislatore e delle parti sociali rispetto al regime di tutela della malattia sono differenti. Mentre la previsione legislativa sceglie di erogare una retribuzione la cui percentuale è crescente proporzionalmente alla durata della malattia e non fa distinzioni particolari, la contrattazione collettiva decide di negoziare un trattamento economico che diminuisce all’aumentare dei giorni indennizzati e che prevede trattamenti differenziati a seconda dei casi (pur sempre di maggior favore rispetto alla legge).
Si tratta di scelte politiche che trovano la loro spiegazione in ragione proprio dei diversi ruoli a cui appartengono parti sociali e legislatore.
Ulteriore punto chiave è la considerazione per cui il complesso calcolo, che deriva da una lettura globale della situazione del singolo lavoratore, dipende dal dialogo tra norme giuridiche e disposizioni contrattuali che intervengono gerarchicamente e pragmaticamente sotto il profilo economico del rapporto di lavoro. Sistematizzare le dimensioni attraverso uno strumento operativo in grado di semplificare la lettura della realtà significa costruire una guida per creare una virtuosa relazione tra teoria e pratica.
In conclusione, pensare ad un modello operativo per poter applicare queste disposizioni contrattuali ha un duplice pregio. Da un lato, in termini pragmatici, consente di avere un riferimento per semplificare la lettura di un cedolino e verificarne il corretto rispetto delle regole.
Con uno sguardo ampio, permette altresì di comprendere le conseguenze pratiche e il ragionamento, nonché la trattativa, sottostante la previsione dell’articolo del CCNL Metalmeccanica Industria.
Infatti, sebbene si tratti di un fattore puramente retributivo, le logiche percepite (sebbene sottese) rimandano ad un quadro d’insieme che rivela il valore che le parti sociali attribuiscono al lavoro, anche e paradossalmente nella sua assenza, ovvero nel disciplinarne i periodi di sospensione.
Anna Marchiotti
Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena