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Bollettino ADAPT 19 aprile 2021, n. 15
La scorsa settimana è stato pubblicato il Bollettino sulle libere professioni a cura dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, strumento documentale che si affianca al tradizionale Rapporto annuale sulle libere professioni in Italia. Il numero, che copre un arco temporale a cavallo tra gli ultimi mesi del 2020 e i primi mesi del 2021, mostra un peggioramento dello scenario dovuto alla pandemia e agli effetti delle diverse misure adottate per contenere relative ripercussioni della crisi sanitaria sull’economia, sul mercato del lavoro dipendente, autonomo e sulle libere professioni.
Nella prima parte del bollettino vengono messe in evidenza le tendenze di lungo periodo del lavoro autonomo professionale confermando una continua erosione di queste categorie di lavoratori: fino alla metà degli anni novanta la crescita del comparto era trainata dalle componenti del lavoro autonomo tradizionale che raccoglie artigiani, commercianti, coltivatori diretti; a partire dalla prima decade del nuovo millennio si assiste ad una costante erosione dei lavoratori autonomi strettamente intesi (-13.8%) e degli altri lavoratori autonomi (-31%) solo in parte compensata dalla crescita della componente libero professionale (+25%). Il saldo, come illustrato nella seguente tabella 1, mostra una diminuzione complessiva di oltre 436.072 unità dell’intero lavoro indipendente passando dalle circa 5.748.000 unità del 2009 alle circa 5.312.000 unità del 2019.
Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio, il calo di quasi 440.00 unità è dipeso in gran parte dal mancato ingresso di giovani nel lavoro indipendente: si passa da oltre 3 milioni di occupati nel 2009 nella fascia di età compresa tra i 15 e i 44 anni ai 2.132.123 del 2019, con una flessione di 950.000 unità. Si registra pertanto un progressivo invecchiamento della forza lavoro del mondo indipendente non compensato da ingressi giovanili; l’unica eccezione è rappresentata dalle libere professioni in cui la coorte dei giovani laureati è in crescita del 10%. L’Osservatorio ha messo in luce come i laureati crescano in tutte le fasce di età (complessivamente +35%) e l’incidenza sul totale dell’occupazione indipendente sia passata dal 18% del 2009 al 27% del 2019. Dall’analisi dei lavoratori indipendenti per fasce di età e titoli di studio emerge come l’aumento dei lavoratori indipendenti nelle classi di età più avanzate dipenda solo in parte dall’invecchiamento delle classi di età giovanili entrate nel decennio scorso; questo fenomeno può essere attribuibile ad una serie di altri fattori quali gli ingressi laterali o il passaggio al mondo del lavoro indipendente in età avanzata quale effetto di possibili espulsioni dal mondo del lavoro dipendente o attività integrative dopo il pensionamento.
Nel decennio 2009-2019 la crescita dei liberi professionisti è stata impetuosa: si assiste ad un +25% dovuto in gran parte all’incremento della componente dei laureati (+ 41%) che costituiscono oltre i due terzi dell’universo libero professionale. Tuttavia, nella fascia di età 15-44 anni non è ravvisabile una crescita della componente giovanile (poiché il saldo è nullo), quanto piuttosto un effetto sostituzione interno con calo dei professionisti privi di istruzione terziaria e parallela crescita dei laureati.
La ricerca di Confprofessioni ha attinto dalle fonti previdenziali delle Casse previdenziali privatizzate e quelle della Gestione Separata Inps: emerge in tal caso come la platea del mondo libero professionale sia composta da circa 1.500.000 unità (probabilmente sottostimate poiché non si tiene conto di coloro che si iscrivono alla Gestione artigiani o commercianti e di coloro che, pur avendone tutte le caratteristiche, si dichiarano all’Istat come lavoratori autonomi anziché liberi professionisti).
L’Osservatorio ha evidenziato come la componente libero professionale vari molto in funzione dei diversi territori (per un’analisi maggiormente dettagliata a livello Regionale cfr. 2° Rapporto Regionale sulle libere professioni, a cura dell’Osservatorio delle libere professioni), in particolare nelle regioni del Sud il contributo delle libere professioni appare molto inferiore alla media nazionale: dal 27% medio nazionale, il peso dei liberi professionisti scende a valori del 19-20% in Sardegna e Basilicata mentre cifre ben più elevate si riscontrano in Lombardia e Lazio. Le differenze territoriali dipendono in modo significativo dal reddito prodotto in ogni territorio, dal momento in cui si registra una correlazione positiva tra PIL pro-capite e numero di liberi professionisti (come se la presenza di libere professioni costituisse un indice predittore della ricchezza), le regioni che detengono valori più bassi sono quelle meridionali.
Quanto agli effetti del lockdown la ricerca evidenziato come la quota di lavoratori dipendenti e indipendenti la cui attività è stata oggetto di blocco fino maggio 2020 è pari al 31.8%: gli indipendenti mostrano una percentuale più elevata (40.2%) e al loro interno la quota di liberi professionisti è la tipologia che è risultata meno colpita dal blocco (16.8%). Ciononostante, le attività libero professionali sono state particolarmente colpite e influenzate dal blocco dei restanti comparti dell’economia.
Due gli indicatori che rappresentano una proxy della gravità degli effetti della pandemia e delle relative misure restrittive sul settore libero professionale: da un lato le richieste di indennizzo pervenute alle Casse di previdenza privatizzate e dall’altro le richieste alla Gestione Separata Inps. La tabella n.6 elaborata dall’Osservatorio illustra il numero di domande pervenute, accolte e la platea di riferimento di ciascuna Cassa previdenziale. Alcune delle categorie che hanno fatto maggiore richiesta delle indennità sono state i biologi, gli psicologi e i geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60% rispetto alle rispettive platee di riferimento. Mentre le categorie meno interessate dai provvedimenti indennitari sono state notai, farmacisti, infermieri.
Ulteriore platea che è stata oggetto dei provvedimenti indennitari è rappresentata dall’indistinto e variegato mondo della Gestione separata Inps, che riguarda il mondo libero professionale dei senza cassa, dei lavoratori autonomi e dei collaboratori. Si contano oltre 4 milioni e 815 mila domande di indennità pervenute con percentuali di accoglimento pari all’82% e forti diversificazioni all’interno delle diverse categorie come mostra la tabella 7.
La seconda parte dello studio mostra ha messo a confronto le diverse platee di lavoratori colpiti dalla grave crisi che ha caratterizzato il mercato del lavoro: il mondo dipendente ha registrato cali marcati tra le platee dei tempi determinati (-16,2% nel secondo trimestre 2020 e -13,2 nel terzo trimestre 2020) mentre i tempi indeterminati hanno mostrato segnali di stabilità (anche grazie al blocco dei licenziamenti e agli interventi di cassa integrazione). L’andamento degli indipendenti è stato invece caratterizzato da un trend decrescente con una riduzione marcata a luglio 2018 del -1.5% rispetto al mese precedente e del 5% rispetto al luglio del 2018.
Un terzo paragrafo dello studio condotto illustra un’analisi dell’impatto della pandemia sulle regioni in merito agli indipendenti e ai liberi professionisti. Nella seguente tabella 2 sono state riportate le variazioni tra primo trimestre del 2020 su primo trimestre del 2019 e tra secondo trimestre 2020 e secondo trimestre del 2019: gli indipendenti risultano in aumento in Sardegna, Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata. Le regioni che evidenziano cali consistenti sono il Veneto e il Lazio con un calo di indipendenti di oltre 30.000 lavoratori.
Allo stesso modo i liberi professionisti risultano particolarmente colpiti: si registra un calo in Lombardia di -10.417 unità e in Calabria di 8.791. In generale però il calo dei liberi professionisti tra il secondo trimestre del 2020 e il secondo trimestre del 2019 è pari a circa 21.500 lavoratori.
Dal quadro generale sin qui tracciato emerge uno scenario piuttosto articolato e frastagliato ancora in via di definizione e stabilizzazione. La pandemia ha avuto inevitabilmente delle forti conseguenze sul lavoro autonomo professionale colpendo pesantemente tutti i professionisti. La decretazione emergenziale ha messo in luce come tutto il sistema regolatorio del lavoro autonomo professionale sia privo di reti di protezione sociale: lo stesso legislatore ha avuto forti difficoltà nell’approntare misure straordinarie per supportare lavoratori autonomi che si sono trovati costretti ad interrompere la propria attività.
Sembrerebbe che la platea del lavoro autonomo professionale, già interessata da profonde trasformazioni (demografiche, sociali, economiche), vada in cerca di istanza di rappresentanza, protezione sociale e welfare profondamente diverse da quelle dei tradizionali settori. Diviene pertanto oggi ancora più centrale e necessario, a seguito delle spinte acceleratrici della pandemia, il coinvolgimento delle parti sociali e dei corpi intermedi nella progettazione dei nuovi strumenti per andare incontro a queste esigenze emergenti nella società e nell’economia.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena