Lo sciopero generale di Cgil e Uil e una riflessione (che ancora manca) sulla dimensione collettiva del lavoro oggi

Bollettino ADAPT 2 dicembre 2024 n. 43
 
Nella rassegna stampa del 30 novembre non si trovano molti editoriali degni di nota sullo sciopero generale del 29 novembre di Cgil e Uil.  In prevalenza si tratta di interventi e contributi schierati a favore o contro Landini, più che a favore o contro le ragioni dello sciopero o di un certo modo di essere sindacato oggi.
 
Non manca poi qualche modesto “selfie” di chi, da sinistra, cerca di auto accreditarsi come punto di riferimento intellettuale tenendo assieme, in termini di cultura sindacale e del lavoro, l’inconciliabile così da non urtare nessuno dei diversi attori di quella parte di campo. Il perché oggi Cgil e Cisl viaggino separate se non contrapposte non è facile da comprendere ai non addetti ai lavori, così come nessuno si fa più carico delle ragioni dell’unità del mondo sindacale e del lavoro.
 
Allo stesso tempo i dati sull’adesione allo sciopero di venerdì appaiono poco chiari e si muovono nel range vastissimo tra il 70 e il 5%, ma sembra che nessuno abbia veramente l’interesse a verificare. Perché tutto si è giocato sull’essere favorevoli o meno allo sciopero generale come fine in sé e non come mezzo, che poi davvero funzioni, che davvero i lavoratori aderiscano o meno pare secondario. Lo sciopero diventa così un tema in sé, senza interesse per entrare nei suoi contenuti per discutere se validi o meno, senza interesse per capire davvero come sia andato.
 
Questa pare una conferma del fatto che il venir meno di una vera coscienza collettiva del lavoro faccia perdere valore agli strumenti stessi a disposizione dei lavoratori che vengono utilizzati sempre di più come generica rivendicazione e non come strumento che abbia chiari obiettivi da raggiungere. La crisi della democrazia economica, e della complessità sociale che questo modello cercava di rappresentare e intermediare, lascia spazio principalmente a un discorso politico semplificato, dove contano molto di più immagini, leadership e narrazioni di corto respiro rispetto alla volontà di agire per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori che oggi richiederebbe azioni che tanti scioperi sembrano lasciare sullo sfondo perché magari troppo complesse da spiegare e da mettere in atto.
 
Segno dei tempi, tra personalizzazione della politica (anche sindacale) e il poco coraggio nell’esporre una idea o una visione non di parte o non autoreferenziale sui temi del lavoro.
 
In questo panorama desolante da sottolineare con la matita rossa gli interventi di chi pensa che sindacato e contrattazione non siano istituzioni essenzialmente politiche e con la matita blu la posizione di chi confonde l’esercizio di un diritto costituzionale, più o meno condivisibile nelle motivazioni, con un atto di sovversione.
 
Resta in realtà forte, per la ricerca di un nuovo equilibrio tra l’economico e il sociale, la necessità di ripensare la dimensione collettiva del lavoro. Come ADAPT ne parleremo a Bergamo il prossimo 4 dicembre 2024 (qui il programma dell’evento) con un seminario introduttivo del convegno annuale di ADAPT (qui il programma), quest’anno dedicato alla domanda che ogni sindacato dovrebbe iniziare a porsi per davvero, quale siano poi le ideologie e le strategie che storicmamente lo caratterizzano, e cioè cosa vogliono i lavoratori, oggi.
 
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.png@francescoseghezz
 
Michele Tiraboschi
Professore Ordinario di diritto del lavoro

Università di Modena e Reggio Emilia
Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è X-square-white-2-2.png@MicheTiraboschi

Lo sciopero generale di Cgil e Uil e una riflessione (che ancora manca) sulla dimensione collettiva del lavoro oggi
Tagged on: