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La diffusione della bozza del Decreto Dignità ha offerto l’opportunità di analizzare in concreto lo stato dell’arte della disciplina del contratto a tempo determinato e di somministrazione come regolato dal diritto delle relazioni industriali, ovvero quell’insieme di disposizioni di regolazione dei rapporti di lavoro che traggono la loro fonte dal sistema spontaneo di autoregolazione di interessi organizzati contrapposti (cfr. M. Tiraboschi, Teoria e pratica dei contratti di lavoro, terza edizione, ADAPT University Press, 2017, 23 ss).
La concorrenza tra fonte autonoma e fonte eteronoma è tipica della disciplina dei meccanismi di regolamentazione degli istituti tipici del diritto del lavoro, ed è fortemente presente nelle tipologie contrattuali in oggetto (cfr. P. Tomassetti, Riordino delle tipologie contrattuali e contrattazione collettiva, in M. Tiraboschi (a cura di), Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs Act, Giuffrè, 2016, 342 ss.).
Con lo scopo di indagare sulla reale disciplina applicata, sono stati analizzati da un gruppo di lavoro della Scuola di ADAPT 27 CCNL, con riferimento ai profili sui quali la contrattazione si è più concentrata: l’aggiornamento al D. Lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) e la modifica alla disciplina delle causali per il contratto a termine; le clausole di contingentamento del ricorso al lavoro a termine e le ipotesi di esclusioni da tali limiti; le previsioni di durata del contratto a termine, le proroghe e le clausole di stabilizzazione; la disciplina del contratto di somministrazione a tempo determinato e le differenze rispetto alla disciplina del contratto a termine; la presenza o meno di una disciplina sullo staff leasing.
Venti contratti su 27 hanno recepito specificatamente il Jobs Act, anche se 5 di questi continuano a mantenere il vincolo della causale per la stipula di un contratto a termine. Due contratti richiamano al generico rispetto della legislazione vigente, mentre 5 tra quelli analizzati, non recepiscono le norme del decreto 81 in quanto di precedente stipula.
Risulta che l’80% dei contratti analizzati non prevede delle causali per la stipula di un contratto a tempo determinato.
Specificazione delle causali | Nessuna previsione |
6 CCNL | 21 CCNL |
Cooperative sociali, Elettrici, Federculture, Istituti Socio-Sanitari e Assistenziali, Sanificazione del Tessile, Tabacco. | Agroalimentare, Calzature, Industria Chimica, Edilizia, Energia e Petrolio, Gas e Acqua, Giocattoli, Gomma Plastica, Metalmeccanici (Confapi), Metalmeccanici (Confimi), Metalmeccanici (Federmeccanica), Occhiali, Onoranze funebri, Orafi e Argentieri, Studi professionali, Pulizia e servizi integrati, Terziario distribuzione e servizi, Tessili, Turismo, Vetro e Lampade. |
Si rileva una situazione molto variegata sulle clausole di contingentamento, che impongono un limite quantitativo al numero dei contratti a tempo determinato stipulabili dalle imprese; il range per il contingentamento va da limiti molto restrittivi, come il 7% del contratto Elettrici, a margini più ampi, come il 60% previsto dal CCNL Studi Professionali e Agenzie di Assicurazione in determinate casistiche.
Le differenze tra i vari contratti rappresentano le diverse necessità dei settori economici, espresse anche dal 46% dei contratti analizzati che prevede l’esclusione da ogni limite di contingentamento per determinate attività. Le esclusioni sono molto differenziate, ma le più comuni sono a fini sociali, per esempio a scopi di rioccupazione, o per facilitare gli investimenti, incentivando e sostenendo l’avvio di nuove attività.
I limiti di durata previsti dai CCNL non si discostano da quelli legali (art. 19 del D.Lgs. 81/2015). Più comune è l’esenzione dai limiti temporali per determinate casistiche aggiuntive a quelle previste dall’art. 19 comma 2 del D. Lgs. n. 81/2015; infatti 7 contratti nazionali sui 27 analizzati prevedono esclusioni dai limiti di durata massima, sempre riferibili a causali derivanti dalle particolarità settoriali.
Per quanto riguarda il contratto di somministrazione a tempo determinato, l’80% dei CCNL analizzati prevede delle clausole di contingentamento, ma solo il 38% prevede anche dei tetti massimi comprensivi sia dei contratti a tempo determinato che dei contratti di somministrazione a tempo determinato. Il contingentamento del contratto di somministrazione ha un range più ampio rispetto a quello del contratto a termine; si va infatti da dei minimi del 5% (CCNL Istituti Socio-sanitari e Assistenziali, che prevede anche delle causali per la stipula di contratti di somministrazione) ad un massimo del 50% per il CCNL del settore Agroalimentare. Spesso i CCNL rimettono alla contrattazione di prossimità la possibilità di derogare ai limiti previsti dal contratto stesso.
Dall’analisi risulta più rara la previsione di un limite di durata massima del contratto di somministrazione a tempo determinato, infatti solo 5 CCNL definiscono tale valore.
Gli istituti della somministrazione e del contratto a termine vengono, per la maggior parte dei casi, disciplinati in maniera differente, per quanto avvenga tramite i medesimi strumenti: contingentamento, limiti di durata, causali, esclusioni da limiti per particolari fattispecie. In solo 7 contratti collettivi è stata riscontrata una disciplina omogenea tra i due istituti.
Lo staff leasing, ovvero il contratto di somministrazione a tempo indeterminato, viene disciplinato di rado nella contrattazione nazionale. Dall’analisi svolta rileva infatti che solo il CCNL Orafo e Argentieri cita questo istituto, imponendo che non debba eccedere il 20% dei contratti a tempo indeterminato.
Lo studio dei contratti collettivi nazionali ha fatto emergere quanto il contratto a termine e la somministrazione siano degli istituti che necessitano di una disciplina differenziata ed ad hoc per area economica, geografica e per momento congiunturale; tale specifica disciplina non può essere forzatamente omologata, ma necessita del confronto tra le parti per meglio conciliare gli interessi delle parti in causa.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo