Lo sviluppo economico e occupazionale locale nell’epoca dello smart working: cosa ci dice una recente ricerca OECD

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Bollettino ADAPT 23 novembre 2020, n. 43

 

Il 17 novembre 2020 OCSE LEED (Local Economic and Employment Development) ha pubblicato un paper intitolato “Exploring policy options on teleworking: steering local economic and employment development in the time of remote work” relativo appunto al “telelavoro”, inteso come definizione comprensiva di tutte le forme di lavoro da remoto, e alle possibilità che esso offre in termini di sviluppo economico e dell’organizzazione del lavoro.

 

Il paper si apre con un breve resoconto del cambiamento di prospettiva subito dal telelavoro in seguito alla pandemia da COVID – 19: da strumento di conciliazione vita-lavoro a metodo di prevenzione del contagio, dal suo essere utilizzato unicamente in contesti di nicchia alla sua diffusione di massa, dalla sua iniziale configurazione come strumento meramente temporaneo al suo potenziale di trasformazione permanente del lavoro come lo conosciamo oggi.

 

Esso prosegue poi con un breve resoconto dei possibili impatti economici e sociali conseguenti a un’adozione diffusa del telelavoro, sia in materia di conciliazione vita-lavoro, che per quanto concerne la possibilità delle regioni di attrarre lavoro di qualità e delle PMI di rimanere competitive.

È inoltre menzionato il dibattito riguardante i diritti dei lavoratori che lavorano da casa, attraverso la citazione di una sentenza della Corte Suprema svizzera la quale ha riconosciuto a una lavoratrice il diritto a una compensazione dei costi inerenti al telelavoro da parte del datore di lavoro.

Per quanto concerne il contesto italiano, si menziona invece in materia uno studio della Fondazione di Vittorio risalente a maggio 2020, secondo il quale il 31% dei lavoratori da remoto sosteneva di non avere le necessarie competenze per il lavoro da casa, e il 65% delle donne riportava un aumento del carico domestico.

 

Dal punto di vista della parte datoriale, si menzionano le sfide riguardanti la creazione della necessaria infrastruttura digitale, l’offerta di una formazione adeguata e la garanzia di un ambiente di lavoro sicuro, ponendo tali costi in relazione con i benefici di una potenziale maggiore produttività dei lavoratori: quest’ultimo fattore, si sostiene, tuttavia dipende da alcune rilevanti caratteristiche dei lavoratori da remoto, come il tipo contrattuale con il quale sono impiegati, il loro background personale, il loro genere etc.

 

Si menzionano poi alcuni vantaggi e svantaggi connessi a tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa: tra i primi si annoverano la flessibilità in tema di organizzazione del tempo di lavoro, la riduzione del tempo relativo allo spostamento casa-lavoro, e la già citata maggiore produttività (la quale però sembra essere rilevante unicamente per quando concerne i lavori creativi) mentre tra i fattori negativi sono elencati la tendenza a lavorare un maggior numero di ore (in media 2 al giorno, secondo uno studio internazionale), una sovrapposizione tra lavoro retribuito e vita personale, e l’aumento dei livelli di stress. Altri studi OCSE sottolineano come i riscontri positivi dei lavoratori in materia di telelavoro aumentano quando il telelavoro è utilizzato poco frequentemente, mentre il “telelavoro eccessivo” può avere come conseguenza uno spiccato senso di solitudine e una maggiore fusione tra vita privata e vita professionale.

 

Il paper sottolinea poi come il telelavoro, durante la pandemia, sia stato principalmente appannaggio dei lavoratori con redditi più alti, i quali hanno potuto di conseguenza beneficiare di una maggiore protezione dal contagio: tale disparità è, e secondo l’OCSE sarà in futuro, altresì connessa al fattore competenze, dato che i lavoratori con un basso livello di educazione avranno meno possibilità di usufruire del telelavoro.

È poi menzionato il maggiore gradimento del telelavoro tra i lavoratori “anziani”, i quali dispongono di maggiore capitale e case più grandi, rispetto ai lavoratori giovani, i quali preferiscono passare più tempo in ufficio.

 

Anche la questione di genere assume notevole rilevanza: come è stato già sottolineato, il carico familiare delle donne aumenta con un massiccio uso del telelavoro, e questo sembra avere effetti particolarmente negativi sulla loro produttività.

Infine, sono menzionati i possibili effetti di una massiccia diffusione del telelavoro per quanto riguarda la futura conformazione delle aree rurali e urbane, nonché gli svantaggi competitivi subiti dalle piccole e medie imprese, le quali avrebbero maggiori difficoltà a sostenere i costi connessi al telelavoro.

 

Il paper prosegue con una rassegna delle misure adottate da diversi paesi per quanto concerne il telelavoro sia a breve termine, come strumento di contrasto alla pandemia, sia a lungo termine, nell’ottica di una modifica strutturale dell’organizzazione del lavoro.

 

Si menziona infatti la circostanza per cui molti paesi del mondo abbiano raccomandato l’uso del telelavoro come mezzo di prevenzione del contagio, spesso permettendo allo stesso tempo un ampio grado di flessibilità alle imprese: alcuni paesi, come la Grecia, hanno infatti permesso ai datori di lavoro privati di sviluppare proprie discipline aziendali in materia di telelavoro, ponendo come unico requisito il rispetto del quadro regolatorio fornito dal Ministero del Lavoro.

 

Per quanto concerne i piani per l’implementazione del telelavoro a medio e lungo termine, si cita invece il documento “Milano 2020: adaptation strategy, nonché l’accordo del Comune di Milano con le più grandi imprese private della città, risalente a maggio 2020, con il quale è stato statuito che l’80% della forza lavoro avrebbe dovuto continuare a lavorare da casa nei mesi successivi.

 

L’OCSE rileva poi come numerosi paesi abbiano emesso vere e proprie nuove leggi relative al telelavoro durante il periodo pandemico, (sono citati il Cile, l’Australia, la Colombia, l’Italia) le quali sono state in seguito corroborate da provvedimenti a livello locale e spesso anche dallo sviluppo di linee guida per l’implementazione pratica di tale modalità di svolgimento della prestazione: in particolare, ciò è avvenuto in Australia, Belgio, Francia, Grecia e USA.

Tra le iniziative adottate nel mondo in tema di telelavoro, è altresì citata la creazione di piattaforme online da parte dei governi nazionali per facilitare l’accesso delle imprese e dei cittadini a strumenti digitali per il lavoro da remoto, particolarmente utili per le piccole e medie imprese: in questo senso sono menzionati il “Digital Team Austria” , ossia un gruppo di imprese in ambito informatico che si è impegnato a fornire gratuitamente servizi digitali alle PMI, nonché l’iniziativa “Solidarietà Digitale” del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione italiano.

 

L’OCSE riporta poi come le amministrazioni regionali e locali abbiano altresì facilitato l’accesso alla formazione professionale per le PMI durante l’emergenza COVID-19, e come ciò abbia contribuito a garantire che i lavoratori potessero, allo stesso tempo, affrontare più facilmente le sfide connesse a tale nuova modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e avere l’opportunità di riqualificare e migliorare le proprie competenze.

Sono citati i casi di Barcelona Activa, l’agenzia di supporto alle imprese della città, la quale gestisce una rete di centri di informazione che forniscono assistenza on-line e telefonica su questioni occupazionali nel contesto dell’epidemia COVID-19, come i licenziamenti temporanei, le modalità di telelavoro, la prevenzione dei rischi sul lavoro e l’igiene del posto di lavoro; l’iniziativa dell’agenzia comunale per lo sviluppo economico di Braga (Portogallo) e della sua filiale per l’innovazione, le quali hanno organizzato una serie di corsi online e webinar per aiutare le PMI a migliorare le loro competenze digitali in settori quali e-commerce, telelavoro e videoconferenze; le iniziative prese in tal senso dalle regioni Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Liguria.

 

È stato rilevato poi come, durante la pandemia da COVID-19, diversi paesi del sistema OCSE e non solo abbiano mostrato di essere consapevoli delle sfide che le PMI devono affrontare nell’adozione del telelavoro e abbiano di conseguenza adottato strumenti dedicati: l’esempio più frequente è la concessione di sovvenzioni per ridurre i costi degli investimenti informatici sostenuti dalle imprese di ridotte dimensioni.

Sebbene vi siano prove di alcuni casi di interventi a livello nazionale che rientrano in questa categoria (sono citati gli esempi del Giappone, dell’Austria e dei Paesi Baschi) si rileva come siano stati i governi regionali ad avere svolto un ruolo importante in questo campo: il paper cita nuovamente le iniziative adottate in questo senso da numerose regioni italiane.

 

Oltre a trattare il tema delle politiche messe in campo da diversi Stati in tema di attrazione dei lavoratori da remoto nel settore digitale, e quello delle politiche incentrate sul supporto agli home-based businesses, il documento fornisce infine dei “principi guida” che potrebbero contribuire a una transizione graduale verso un’implementazione strutturale e di larga scala del telelavoro, sulla base dei quali sono costruite raccomandazioni indirizzate ai policy makers mondiali affinché gli stessi promuovano un modello di telelavoro sostenibile, che possa portare benefici al maggior numero possibile di lavoratori e imprese.

 

Tali principi comprendono l’adozione di una prospettiva multidisciplinare, dato il potenziale impatto del telelavoro su numerosi aspetti della società futura, la promozione della giustizia sociale e dell’inclusività, la necessità di dare priorità a obiettivi di tipo sociale (parità di genere, sostenibilità ambientale, sviluppo delle aree rurali), la creazione di buone framework conditions come servizi pubblici, banda larga, competenze digitali, impianti legislativi dinamici e in ultimo la raccolta periodica di dati relativi alla sua implementazione, i quali dovrebbero riflettere le condizioni dei diversi gruppi sociali coinvolti.

Una serie di elementi, quindi, da tenere in considerazione per la migliore gestione possibile di uno strumento che, sebbene sia entrato nelle vite di buona parte dei lavoratori del mondo in modo brusco e imprevedibile, è secondo molti destinato a ricoprirvi un ruolo da protagonista nel prossimo futuro.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu

 

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