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Bollettino ADAPT 11 marzo 2019, n. 10
In data 20 febbraio 2019, una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti indicazioni riguardo alla scelta di applicazione del CCNL, nonché ai minimi retributivi che devono essere garantiti ai soci lavoratori di cooperative. Si tratta di un giudizio che, sommandosi ad altri precedenti, intende contrastare quelle forme di dumping contrattuale messe in atto da società cooperative nate con il solo scopo di ridurre il costo del lavoro agendo così sulle tutele in capo al lavoratore, nonché sul prezzo del servizio, generando un sistema di concorrenza sleale verso coloro che non si avvalgono di tali metodologie.
La sentenza
La società cooperativa impugnava la decisione della Corte d’Appello di Genova la quale le aveva imposto di retribuire un socio lavoratore in ragione delle tariffe salariali contenute nel CCNL Multiservizi anziché nel CCNL Portieri e Custodi come richiamato nel regolamento della cooperativa. Inoltre, la Corte d’Appello sosteneva che il settore, l’oggetto sociale e le prestazioni rese dalla cooperativa non potessero essere ricomprese nella sfera di applicazione del CCNL Portieri e Custodi bensì in quella per il settore Pulizia Multiservizi.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4951/2019, infatti riconosce quanto già disposto dalla Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 232/2016, secondo cui l’adesione della cooperativa ad una determinata associazione sindacale non deroga quanto disposto da una norma imperativa, vale a dire l’obbligo di applicare il trattamento economico retributivo previsto dal contratto collettivo nazionale del settore.
L’excursus normativo
La sentenza presenta un excursus normativo partendo dalla legge n. 142/2001 che all’articolo 3 comma 1 riconosce ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore.
In questo contesto è intervenuto il decreto legge n. 248/2007, convertito il legge n. 31/2008, che all’articolo 7 comma 4 ha previsto, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, che “le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai soci lavoratori […] i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”. Secondo la Cassazione, il suddetto trattamento economico complessivo rispetta i criteri di proporzionalità e sufficienza della retribuzione previsti dall’art. 36 della Costituzione. Anche la Sentenza della Corte Costituzionale n. 51/2015 ritiene conforme ai requisiti previsti dall’art. 36 Cost., la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative.
Le conclusioni della sentenza
Nella sentenza si afferma dunque che le singole società cooperative potranno scegliere il contratto collettivo da applicare ma non potranno riservare ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo inferiore a quello che il legislatore ha ritenuto idoneo a soddisfare i requisiti di sufficienza e proporzionalità della retribuzione.
La Corte di merito ha quindi escluso l’utilizzo del CCNL Portieri e Custodi come parametro ai fini del trattamento complessivo minimo, in quanto relativo ad un settore non sovrapponibile a quello dell’appalto. Seppure sottoscritto dalle sigle confederali dei lavoratori (Cgil, Cisl, Uil), risulta stipulato per parte datoriale da Confedilizia, il ché rende evidente il ristretto ambito applicativo e per giunta non rispetta il requisito della rappresentatività comparata.
Alcune perplessità
Come detto, la sentenza chiarisce che la “categoria” alla quale la cooperativa doveva fare riferimento, in virtù di quanto disposto dall’art. 7 del dl 248/2007, era compresa nel campo di applicazione del CCNL Multiservizi e non in quello dei Portieri e Custodi. Non si comprende allora perché la Corte al punto 26 specifica anche che questo contratto collettivo, il cui campo di applicazione non sarebbe sovrapponibile al CCNL Multiservizi, sia comparativamente meno rappresentativo perché dal lato datoriale è sottoscritto da una sola associazione.
La motivazione del rigetto del ricorso su cosa si fonderebbe? Sul fatto che l’ambito di applicazione del CCNL Portieri e custodi non è quello coincidente con la categoria produttiva in cui opera la cooperativa, ragione per la quale deve essere applicato invece il CCNL Multiservizi? Oppure, al contrario, essendo sovrapponibili le attività del CCNL Multiservizi e del CCNL Portieri e custodi, si applica il primo in virtù del fatto che il primo è sottoscritto da più associazioni datoriali? I passaggi al punto 26 della sentenza – determinanti per la decisione della controversia – non sembrano dunque del tutto chiari.
Peraltro, occorre far presente che il CCNL Portieri e custodi, applicato dalla cooperativa ricorrente in virtù dell’iscrizione a Confedilizia, prevede che esso si applichi ai “lavoratori dipendenti da proprietari di fabbricati e/o loro consorzi, nonché a quelli addetti ad amministrazioni immobiliari e/o condominiali”; mentre il Multiservizi prevede che esso si applichi alle imprese esercenti “servizi amministrativi (gestione condominiale, gestione utenze, autorizzazioni, licenze, imposte, fatturazioni, ecc.)”. Dove sarebbe il discrimine essendo gli ambiti sovrapponibili? Potremmo quindi concludere che a guidare il giudizio della Corte sia stato il criterio numerico (come già detto, il CCNL Multiservizi è sottoscritto da più associazioni datoriali) e non esclusivamente il criterio di competenza settoriale del contratto.
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