L’undicesimo Rapporto ARAN sul monitoraggio della contrattazione integrativa nel lavoro pubblico

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Bollettino ADAPT 18 novembre 2024, n. 41
 
Lo scorso 31 ottobre sul sito istituzionale dell’ARAN, è stato pubblicato l’undicesimo Rapporto sul monitoraggio della contrattazione integrativa delle amministrazioni pubbliche destinatarie dei CCNL sottoscritti presso la medesima sede dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni.
 
Il Rapporto, composto di due parti e stilato sulla base di una precisa disposizione di legge, ossia l’art. 46, c. 4, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (d’ora in avanti anche TUPI), viene presentato annualmente dall’ARAN al Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero dell’economia e delle finanze nonché ai comitati di settore, al fine di verificare l’effettività e la congruenza della ripartizione fra le materie regolate dalla legge, quelle di competenza della contrattazione nazionale e quelle di competenza dei contratti integrativi, nonché le principali criticità emerse in sede di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa.
 
I contenuti dell’analisi della prima parte del Rapporto
 
La prima parte, evidenzia lo stato di fatto delle relazioni sindacali e fornisce le elaborazioni di sintesi sulla contrattazione integrativa dell’anno 2022, evidenziando aspetti quali il numero dei contratti sottoscritti per comparto, per area geografica, per tipologia di contratto, per destinatari ed il numero, e l’incidenza percentuale degli atti unilaterali adottati dalle amministrazioni.
 
In particolare, adoperando la procedura unificata di trasmissione dei contratti integrativi CNEL-ARAN ai sensi dell’art. 40 bis, c. 5, nonché art. 46, c. 4, TUPI, il numero maggiore di invii si registra nei comparti Istruzione e Ricerca e Funzioni Locali, avendo entrambi i comparti un numero importante di sedi decentrate. Nel dettaglio, su un totale di 14.988 invii da parte delle Amministrazioni interessate, infatti, ben 7.338 contratti integrativi (CI) provengono dal settore Scuola (comparto Istruzione e Ricerca), cifra che rappresenta il 49% del totale degli invii, mentre un numero pari a 5.111 CI sono stati inoltrati dai Comuni (comparto Funzioni Locali) che corrisponde al 34% del totale degli invii.
 
Andando a misurare il tasso di contrattazione, ossia l’attitudine che hanno le singole PP.AA. a negoziare, e quindi ad inviare tramite la procedura web CNEL-ARAN i contratti integrativi, sia con riferimento alle sedi nazionali ed uniche, sia con riferimento alle sedi territoriali, il Rapporto evidenzia le seguenti risultanze.

Con riguardo alla prima grandezza, la percentuale risulta molto elevata, attestandosi sul 79,7% delle Università (nel 2021 era il 73,9%), sul 78,6% delle Scuole (2021 era 81,7%), sul 72,4% dei Ministeri (2021 51,7%), sul 54,5% Enti di ricerca come per l’anno precedente, 50% Sanità (2021 40,3%), 49% AFAM (2021 41%), 49,4% Funzioni Locali (2021 48,4%).
 
Nel complesso, il 61,4% delle sedi di contrattazione nazionale ha trasmesso almeno un atto negoziale (nel 2021 era il 62%, nel 2020 era il 55%, nel il 2019 era il 63,4% e nel 2018 tale dato si fermava al 57,8%).

Con attenzione al tasso di contrattazione delle sedi di contrattazione territoriale, invece, la percentuale è bassa o nulla, ma il dato non deve leggersi come bassa propensione negoziale degli enti interessati, bensì si spiega alla luce del fatto che molte PP.AA. inviano i contratti integrativi a un soggetto collettore, ossia al Dipartimento centrale di riferimento, e non direttamente ad ARAN.
 
Da segnalare il fenomeno di frammentazione dell’attività contrattuale, ossia la circostanza secondo la quale le PP.AA. inviino più atti negoziali mediante la procedura informatizzata gestita da ARAN e CNEL: il dato si spiega per via di una pluralità di ambiti di applicazione, ad esempio, si distingue tra personale delle aree dirigenziali e personale non dirigenziale; ed anche per la diversificazione delle materie oggetto di negoziato, che può riflettere l’articolazione complessiva della Pubblica Amministrazione che procede con l’invio del contratto integrativo.
Ad esempio, nel comparto Sanità (ove, peraltro, vi è la distinzione tra dirigenza medica e non medica), si registra una percentuale pari al 79% di Amministrazioni che hanno inviato due o più contratti (106 su 134); ma anche nel settore degli Enti di Ricerca (comparto Istruzione e Ricerca) l’attività negoziale risulta molto frazionata, 9 su 13 enti (69%) hanno inviato due o più contratti per un totale di 41 CI.
 
Il Rapporto misura, inoltre, la distribuzione geografica dei contratti inviati, laddove il primato spetta alla Lombardia, con 16,2% dei contratti complessivi, che corrispondono a 2.429 CI, con provenienza soprattutto dai Comuni (1120 CI) e dalle Scuole (1047 CI); seguita dal Lazio, 1.668 CI (11% del totale), di cui il 38% da ascrivere alla Scuola (628 CI) e un altro 38% (629 CI) ai Ministeri; anche con riguardo alla densità di sedi di contrattazione per regione, detiene il primato la Lombardia con il 15,5% di tutte le sedi di contrattazione del Paese (3.192 su 20.640 sedi totali).
 
Per quanto riguarda la tipologia di contratto, si osserva che nel 52% dei casi vengono sottoscritti contratti di tipo «economico» e nel 42%, atti che regolano l’aspetto «normativo»; e solo un residuale 6% di contratti disciplinano «specifiche materie». In questo contesto, si deve dare evidenza dei tempi della contrattazione integrativa, laddove la durata contrattuale è di tre anni, mentre il contratto (economico) che disciplina i criteri di ripartizione delle risorse economiche decentrate è negoziabile annualmente. È anche vero che la distinzione teoricamente individuata tra accordo normativo, che regolamenta sia materie normative che materie economiche, ed accordo solo economico, idoneo a disciplinare i trattamenti retributivi, non è sempre rispondente alla realtà dei fatti, laddove le Amministrazioni invianti definiscono contratto annuale economico anche l’accordo che oltre a ripartire le risorse decentrate, disciplina anche materie diverse, come ad esempio quella delle relazioni sindacali.
 
Da rilevare che «sia per Funzioni Centrali che per Funzioni Locali l’attività negoziale è maggiormente dedicata alla trattazione degli aspetti retributivi (indennità, performance, trattamenti accessori, maggiorazioni, criteri per le progressioni economiche), vale a dire all’utilizzo delle risorse decentrate», di qui, il Rapporto trae la conseguenza in tali comparti non siano ancora «avviate le trattative sulle questioni normative demandate dal contratto nazionale sottoscritto rispettivamente a maggio e novembre 2022 (triennio 2019/2021)».
 
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Un’indagine campionaria sui contratti integrativi del 2021

 
La seconda parte del Rapporto presenta un’analisi di maggior dettaglio sui contratti integrativi pervenuti nell’anno 2021, dando conto, in particolare, delle materie trattate, rilevando l’incidenza di quelle non trattabili perché non demandate al secondo livello dai contratti nazionali, bensì rimesse al confronto. Si deve osservare che quest’ultimo istituto supera le precedenti forme della concertazione e della consultazione, e viene definito come la modalità attraverso la quale si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l’amministrazione intende adottare (cfr. art. 5 CCNL Funzioni Centrali; art. 5 CCNL Funzioni Locali; art. 6 CCNL Istruzione e Ricerca; art. 5 CCNL Sanità).
 
Le materie oggetto di confronto sono analiticamente indicate dal contratto collettivo nazionale di riferimento, e riguardano tendenzialmente l’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro; i criteri generali di priorità per la mobilità tra sedi di lavoro dell’amministrazione; i criteri generali dei sistemi di valutazione della performance; l’individuazione dei profili professionali; i criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi di posizione organizzativa.
 
Per scattare una fotografia, tra le altre cose, sulla ripartizione delle materie legittimamente trattabili dal contratto (o dalla legge) e quelle trattabili con la diversa forma del confronto, sono stati analizzati in modo analitico 1.213 contratti, riguardanti tutti i comparti di contrattazione, ed è emerso che:

– per Funzioni centrali (151 CI), si conferma la tendenza ad accentrarsi sulle materie a carattere economico e sui criteri per le progressioni economiche, e si conferma altresì la (opportuna) scarsa propensione a negoziare materie riservate ad altre forme di relazione sindacale (2,2%);

– per Funzioni locali (388 CI), si conferma una contrattazione ad ampio spettro su quasi tutte le materie contrattabili ed è ulteriormente diminuita la tendenza a contrattualizzare materie che non lo sono, come ad es. l’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro, criteri generali dei sistemi di valutazione della performance, linee generali per attività formative (0,8 % contro il 3,4 % della rilevazione precedente);

– per Sanità (276 CI), le materie affrontate sono molte, comprese anche quelle non contrattabili (ma riservate al confronto) inserite comunque nei contratti integrativi (es. criteri per conferimento e graduazione incarichi di funzione, per attribuzione indennità; misure su salute e sicurezza sul lavoro; sistema di valutazione della performance), seppure si registri una diminuzione in atto (dall’8,9% all’attuale 6%);
 
per Istruzione e Ricerca:

settore Scuola (203 CI), continua in maniera significativa il trend di riduzione delle materie non previste come oggetto di contrattazione (solo il 7,4% rispetto al 9,8% dell’anno precedente), riguardanti l’orario di lavoro, criteri assegnazione sedi di servizio all’interno dell’istituzione scolastica; criteri fruizione permessi;

– settore Università (141 CI), la percentuale di materie non contrattabili è al 4,8%, uguale all’anno precedente (es. tipologie orario di lavoro, conferimento incarichi elevata professionalità, linee generali formazione del personale);

– settore Ricerca (28 CI) vanta un’ottima prassi, in quanto le materie legittimamente contrattabili hanno riguardato il 100% della rilevazione, con punte del 59% per attività negoziale riguardante i criteri di ripartizione del fondo.

– settore AFAM (47), le materie di confronto o, comunque, non di competenza della contrattazione arrivano al 14,9%. Si tratta del dato più alto fra comparti e sottocomparti, e ha riguardato i criteri generali di adattamento delle tipologie di orario del personale tecnico e amministrativo alle esigenze delle istituzioni.
 
Il rapporto evidenzia, in conclusione, una ripresa dell’attività negoziale di secondo livello, dopo la contrazione registrata durante la pandemia.
 
Mostra, inoltre, un buon livello di conformità delle materie trattate rispetto a quanto demandato dalla contrattazione nazionale, spiegabile «verosimilmente dalla semplificazione della disciplina operata dai CCNL 2016/2018 (e nei fatti continuata con i CCNL 2019/2021) e oltreché dalla migliore definizione e ripartizione delle materie di contrattazione rispetto a quelle rientranti nel sistema della partecipazione sindacale».
 
Giuseppina Papini

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@PapiniGiuse

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