«Renzi sfugga dalla “sindrome Fornero”, il ministro che partì per andare a Milano e si ritrovò a Caltanissetta, invece di fare un mercato del lavoro più flessibile lo fece più rigido, grazie alla combinazione tra le rigidità certe in entrata e le flessibilità incerte in uscita». All’indomani della direzione del Pd, il relatore in commissione lavoro al Senato del Jobs act Maurizio Sacconi (Ncd) lancia un appello al premier, ravvisando continuità tra il documento dei Dem sulla disciplina dei licenziamenti e l’abolizione delle collaborazioni a progetto, e l’impostazione della legge 92: «La legge Fornero è un caso di scuola sostiene il capogruppo Ncd al Senato il risultato è che ha bruciato posti di lavoro, anche se non erano queste le intenzioni originarie».
Senatore, il documento del Pd che conferma la reintegra anche per i licenziamenti disciplinari rappresenta una parziale marcia indietro rispetto alle intenzioni originarie del premier?
Il documento Pd può produrre esiti diversi, sta a come si declina nei criteri della delega e nei decreti delegati. Nel dettaglio si nascondono angeli e demoni. Levariabili entro lo stesso documento sono molte. Se si riapre la discussione, nei criteri di delega o in sede di decreto delegato possono essere riconsiderati diversi aspetti anche peri contratti in essere, attraverso un’interpretazione più certa delle norme vigenti, con una definizione inequivoca del licenziamento economico che deve riguardare ogni esigenza organizzativa senza che il magistrato possa entrare nel merito della scelta dell’imprenditore. Così come la giurisprudenza spesso ci ha posti di fronte a sentenze che si sono allontanate dalla volontà del legislatore. La reintegrazione dovrebbe essere determinata dalla sola manifesta insussistenza del fatto materiale alla base del licenziamento senza salti logici al contesto occupazionale del territorio.
E per le nuove assunzioni su cui si sofferma la delega?
Perle nuove assunzioni auspico si segua la regolazione di tutti i Paesi europei ove vi è reintegrazione, che consente a ciascuna delle parti l’opzione dell’indennizzo. Come relatore faccio notare che se si intendono rivedere i criteri di delega ritengo doveroso l’ascolto tra il Pd e gli altri partiti della maggioranza che si sono mossi all’unisono, Ncd, Sc, Udc, Pie Svp. Condivido quanto detto da Renzi, intende ridurre i margini di discrezionalità del giudice e dare certezze al datore di lavoro. Per creare occupazione bisogna rendere la disciplina più conveniente, e nella convenienza la certezza è fondamentale.
Come giudica un’altra novità contenuta nel documento del Pd, la proposta di cancellare le collaborazioni a progetto?
Ricordiamoci anzitutto che le Cocopro nascono sotto gli occhi distratti della sinistra, grazie ad una circolare fiscale nella seconda metà degli anni 9o. Marco Biagi ne è ritenuto impropriamente il padre, mentre su richiesta di Cisl e Uil le regolò e introdusse i diritti del prestatore. Fornero ha irrigidito le collaborazioni apro getto e al punto in cui siamo vi si può rinunciare. Ma poiché non tutte le prestazioni sono lavoro subordinato, perché svolte con forte autonomia di tempo e luogo, se si cancellano le Cocopro bisogna deregolare le partite Iva.
Gli abusi vanno repressi con l’attività ispettiva. Condivide la volontà di estendere gli ammortizzatori sociali ai precari?
Siamo tutti d’accordo sulla migliore protezione del reddito del lavoratore. Siamo di fronte al fallimento delle politiche attive, come dimostra Garanzia giovani, a causa della segmentazione istituzionale di Province e Regioni. Salvo poche e lodevoli eccezioni, la situazione è un disastro. La via maestra è la riforma costituzionale per riportare il lavoro e la formazione sotto la competenza dello Stato, come ho proposto al Senato, o costringere le Regioni ad accettare meccanismi di convergenza e controllo come indicala delega. La spesa pubblica deve tradursi in “dote” del disoccupato ed essere riscossa dal servizio che lui ha scelto, in una sana competizione tra pubblico e privato, in base al risultato.
Renzi ha sfidato le parti sociali sul terreno della legge sulla rappresentanza, sulla contrattazione decentrata e il salario minimo. Cosa c’è da aspettarsi?
La legge sulla rappresentanza e la contrattazione decentrata sono collegate, sarebbe doveroso che in nome del modello tedesco si riconosca il primato alla contrattazione di prossimità, con il contratto più prossimo compreso quello individuale che prevale su quello più lontano. Per la rappresentanza una norma leggera deve rinviare agli accordi tra le confederazioni per evitare che una legge invasiva diventi il pretesto per sviluppare la via giudiziaria al socialismo già praticata.Il salario minimo c’è già nella delega, ma deve essere una base minima su cui si sviluppa il salario di produttività nella dimensione aziendale.
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M. Sacconi «Testo pd ambivalente, no al ritorno di rigidità»