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Bollettino ADAPT 25 gennaio 2021, n. 3
I processi di innovazione tecnologica, influenzando i modelli organizzativi delle imprese, pongono le basi per un profondo e progressivo rinnovamento delle modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative. Come diretta conseguenza, la domanda di competenze delle imprese è molto variabile e sempre più incentrata sulle soft skill, come le capacità di organizzare e svolgere in autonomia i compiti assegnati, di adattarsi ai cambiamenti e di risolvere imprevisti.
Soprattutto negli ultimi anni, inoltre, si assiste a nuovi trend dal punto di vista sociale che impattano anche nei contesti lavorativi. Mutamenti climatici, globalizzazione e trend demografici che delineano un incessante invecchiamento della popolazione fanno emergere con sempre maggiore insistenza la necessità di un adattamento reciproco tra imprese e lavoratori con esigenze sempre più diversificate.
Oggi la velocità delle transizioni dentro, fuori e all’interno del mercato del lavoro e le complesse esigenze di lavoratori ed imprese rendono inadeguate e poco attuali le politiche di istruzione, formazione e lavoro, che intervengono solo in maniera reattiva e senza fotografare in modo accurato le necessità dei destinatari e i trend in atto nel mercato del lavoro. Diventano molto importanti in questo contesto “la personalizzazione degli interventi a fronte del diversificarsi dei rischi di ‘fragilizzazione delle carriere e di esclusione”, e “la valorizzazione delle attività fuori mercato in termini di transitional employments” (L. Casano, La riforma del mercato del lavoro nel contesto della “nuova geografia del lavoro”, in Diritto delle Relazioni Industriali n. 3/2017).
I percorsi di formazione si stanno adeguando ai nuovi bisogni delle imprese e dell’utenza anche a causa della necessità di trasferire online gran parte delle attività didattiche in adempimento della disciplina emergenziale emanata nell’ultimo anno al fine di contrastare la diffusione del contagio. Grazie alla didattica a distanza, infatti, è più semplice parcellizzare i corsi di formazione, renderli più personalizzati, specifici e allo stesso tempo più brevi e accessibili superando le barriere geografiche. A riprova di ciò vi è la crescente diffusione di MOOC (Massive Open Online Courses), moduli online e materiale didattico pubblicato in Rete in forma gratuita dalle università.
In questo senso va, in ambito europeo, l’Agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza che propone l’utilizzo delle c.d. microcredenziali per assicurare la valorizzazione di tutte le esperienze di apprendimento che studenti e lavoratori si trovano ad affrontare durante il corso della propria vita.
Tale strategia è stata declinata, ad esempio, nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale con la Raccomandazione del Consiglio del 24 novembre 2020, che mira a “rimuovere gli ostacoli al riconoscimento dei titoli di istruzione superiore e dell’istruzione e della formazione secondaria superiore”.
La Raccomandazione evidenzia che il sistema di formazione professionale è incentrato sul discente, e che la personalizzazione e la flessibilità sono punti cardine dei percorsi di formazione di IFP, e in particolare:
- Al paragrafo 5 della norma si legge che “I programmi di istruzione e formazione professionale… offrono accesso a forme di apprendimento in presenza, digitale o misto, percorsi flessibili e modulari basati sul riconoscimenti dei risultati dell’apprendimento non formale e informale e aprono alla progressione della carriera e dell’apprendimento”.
- Il paragrafo 6 approfondisce il concetto di modularità dei percorsi: “I programmi di istruzione e formazione professionale si basano su moduli o unità di risultati dell’apprendimento e sono previsti meccanismi di convalida che consentono il trasferimento, il riconoscimento e l’accumulazione dei risultati dell’apprendimento acquisiti da una persona in vista dell’ottenimento di una qualifica, di una qualifica parziale, se del caso nel contesto nazionale. Nell’IFP iniziale l’obiettivo principale è progredire fino al conseguimento di una qualifica completa”.
La certificazione di brevi percorsi modulari, come quelli previsti dalla Raccomandazione, può essere realizzata attraverso l’utilizzo del protocollo blockchain e degli Open Badge, questi ultimi definiti come strumenti di attestazione digitale della propria identità professionale, cioè di presentazione del quadro di competenze che il titolare possiede e del supporto documentale che ne garantisce l’effettività (Pellerey et al., Progetto di ricerca-intervento sul ruolo del portfolio digitale, Rapporto finale, 2019).
L’utilizzo degli Open Badge può essere un punto di partenza per la creazione di un’identità del lavoratore che rappresenti una forma di tutela della professionalità. Allo stato attuale, infatti, il compito di definire l’identità del lavoratore è stato attribuito senza successo al Fascicolo Elettronico del Lavoratore, regolato dall’art. 14, D.Lgs. 150/2015 e che dovrebbe raccogliere “le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenza pubbliche e ai versamenti ai fini contributivi della fruizione di ammortizzatori sociali”.
Con gli Open Badge le informazioni resterebbero nella piena disponibilità del lavoratore, che potrà decidere, ad esempio, di pubblicarle sui propri social media o di allegarle al proprio Curriculum Vitae. I dati relativi a conoscenze, abilità, competenze ed esperienze acquisite dal lavoratore potranno essere inoltre trasferiti ad operatori pubblici e privati del mercato del lavoro affinché le utilizzino per ottenere in breve tempo un quadro descrittivo del lavoratore che, a seconda dei casi, potrebbe essere il destinatario di una politica attiva o passiva o il candidato per una vacancy.
Le informazioni che vanno a comporre l’identità professionale del lavoratore, infine, laddove adeguatamente anonimizzate, potrebbero rappresentare uno degli elementi costitutivi delle attività di monitoraggio e anticipazione delle competenze professionali – a livello nazionale, regionale e settoriale – e rafforzare in maniera significativa i convenzionali sistemi di Labour Market Information, anche attraverso l’impiego di vere e proprie attività di labour market and skills intelligence descritte dall’European Training Foundation come “the design and use of Artificial Intelligence algorithms and frameworks to analyse data related to the labour market for supporting policy and decision-making” (European Training Foundation, Big data for labour market: an introductory guide, 2019), rilevazioni recentemente descritte dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro come strategiche per la governance delle dinamiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro e competenze (ILO, The feasibility of using big data in anticipating and matching skills needs, 2020).
Il presente contributo introduce i temi trattati nell’articolo G. Machì, Open badge e identità nel mercato del lavoro, in S. Ciucciovino, M. Faioli, A. Toscano (a cura di), Blockchain, politiche pubbliche, regole. Dalle semplificazioni amministrative alla digitalizzazione, Federalismi.it, Fascicolo n. 2/2021.
Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena