Entro i prossimi tre anni dice Jesper Brodin ceo del colosso svedese, «vogliamo trasformare la società». Nel piano shop più piccoli e monotematici oltre a inedite formule di affitto per il mobili
Scena uno: anni 50 nei boschi della Svezia il diciassettenne Ingvar Kamprad pedala per andare a consegnare alcune penne e cancelleria per l’ufficio ai clienti che le hanno ordinate. Ha da poco fondato Ikea, ma per registrare il marchio ha dovuto chiedere al padre di accompagnarlo dato che è ancora minorenne. Scena due: anno 2018. A Hyderabad, in India, dopo aver scelto online la cucina nuova, un ragazzo appena tornato dal lavoro aspetta che i mobili gli vengano consegnati e montati a casa. Tra una scena e l’altra l’evoluzione di Ikea fondata nel 1953 da Kamprad, che, partendo dai boschi svedesi, è diventata uno dei marchi più conosciuti al mondo e che tra brugole, legno (e qualche polemica) si prepara a cambiare. «Chiariamo — spiega Jesper Brodin amministratore delegato di Ikea Group — i nostri flagship store, le “scatole blu”, per capirci, rimarranno. Ma entro i prossimi tre anni vogliamo trasformare la nostra società. Vediamo se ci riusciamo»…
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