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Bollettino ADAPT 11 maggio 2020, n. 19
Il susseguirsi di diverse disposizioni emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il contrasto all’emergenza epidemiologica ha comportato una profonda modifica dei profili sanzionatori applicabili in caso di violazione delle misure anti-contagio da Covid 19. Con l’intento di dare maggiore pregnanza a coercibilità immediata alle suddette misure si è assistito alla progressiva depenalizzazione delle violazioni e degli illeciti con l’idea di fondo che ciò costituisca un deterrente maggiore rispetto alle sanzioni penali. Questa progressiva degradazione da misure di carattere penale a misure di carattere amministrativo è avvenuta in modo graduale e ha raggiunto il culmine con l’emanazione del decreto-legge n. 19 del 25 marzo 2020. All’art. 4 viene infatti stabilito che tutti i comportamenti elusivi delle restrizioni imposte, che nel precedente decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020 erano considerati illecito penale ex art. 650 c.p., alla data di entrata in vigore del nuovo decreto n. 19/2020 vengano depenalizzati diventando illecito amministrativo, salvo il fatto costituisca reato.
In tale quadro, si è posto il problema di comprendere quali conseguenze potessero derivare dalla modifica dei profili sanzionatori sopra illustrati facendo riferimento all’aspetto della sicurezza sul lavoro e più nello specifico ai molteplici soggetti coinvolti nella gestione di questa materia nei luoghi di lavoro (RSL, RSLT, medico competente). La figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RSL), disciplinata ed introdotta con il D.lgs. n. 81/2008 (detto anche Testo Unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro) ha una serie specifica di attribuzioni elencate dall’art 50 del T.U. Sono poi le relazioni industriali attraverso la contrattazione collettiva e i diversi accordi applicativi a disciplinare in modo ancor più dettagliato e confacente alle singole realtà i molteplici aspetti.
Il coinvolgimento dei rappresentanti per la sicurezza sul lavoro ha trovato un ulteriore slancio nel periodo emergenziale grazie alla stipula del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 nei luoghi di lavoro, firmato il 24 aprile 2020 dal Governo e dalle Parti Sociali e successivamente recepito tra gli allegati del DPCM del 26 aprile 2020 ([1]). È stata infatti prevista la collaborazione del RLS/RLST con il medico competente e con il datore di lavoro per l’integrazione e proposizione di tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19. È intervenuto anche il Ministero della Salute con circolare n. 14915 del 20 aprile 2020 rendendo note le indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contrasto e contenimento della diffusione del SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività.
Come ribadito dallo stesso Ministero, dato il coinvolgimento di molteplici figure professionali con compiti e responsabilità ben precise, secondo quanto regolamentato dal D.lgs. 81/2008, il sistema di prevenzione realizzatosi nel tempo, ha seguito di fatto un approccio integrato alla valutazione e gestione del rischio connesso all’attuale emergenza. È opportuno pertanto che vi sia una stretta collaborazione tra i soggetti coinvolti (datore di lavoro, medico competente, RSL, RSLT) per l’attuazione del Protocollo del 24 aprile in modo tale da rendere maggiormente rispondenti alle singole realtà produttive le diverse tipologie di misure di contenimento del rischio.
L’architrave su cui poggiano le misure di contenimento per l’emergenza epidemiologica e i relativi profili di disciplina, anche di carattere sanzionatorio, è il T.U. del 2008. Pertanto, gli eventuali profili sanzionatori rimangono di fatto inalterati. Per quanto riguarda gli RLS deve esser fatto riferimento all’art. 50, comma 6, d.lgs. 81/2008, dove viene specificato che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di legge vigenti inerenti alla privacy e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi (DVR), nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni. In caso di violazione di tali precetti, in mancanza di sanzioni penali e amministrative, in capo agli RLS è astrattamente configurabile una responsabilità civile per il risarcimento del danno ingiusto effettivamente cagionato al datore di lavoro per la condotta imprudente, eventualmente, tenuta. Per quanto riguarda invece il medico competente, le relative disposizioni cui far riferimento in caso di inottemperanza agli obblighi previsti, sono gli art. 25 e 41 del D.lgs. n. 81/2008.
A chiarire e mettere ordine alla situazione dei profili relativi alla responsabilità giuridica derivante dagli adempimenti imposti per fronteggiare la crisi epidemica da Covid-19, è intervenuto il 2 maggio anche il Ministero dell’Interno con circolare n. 29415 specificando che la normativa applicabile in sede di controlli e le relative violazioni del DPCM del 26 marzo 2020 (il quale al suo interno ha come allegato tecnico il protocollo firmato dalle parti sociali) comportano l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dall’art 4 del decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020, con la conseguenza che le relative responsabilità si intendono di natura amministrativa e pecuniaria, e non penali, salvo che il fatto costituisca reato.
Viene successivamente confermato che l’eventuale sussistenza di illeciti penali debba fare riferimento al quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro delineato dal D.lgs. n. 81 del 2008. Pertanto, con riferimento ai profili di responsabilità penale degli RSL e del medico competente, il quadro normativo non ha subito mutamenti sostanziali ed è necessario fare riferimento alle disposizioni normative contenute nel Testo Unico del 2008. D’altronde in assenza di ulteriori specificazioni non avrebbe potuto essere altrimenti essendo il Testo Unico del 2008 assieme alla prassi amministrativa, agli accordi applicativi, alle buone pratiche stabilite a livello di azienda e ai protocolli di intesa stipulati dalle parti sociali ([2]) l’architrave dell’ordinamento giuridico su cui è fondato il sistema di sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
Università degli Studi di Siena
([1]) Per una disamina del Protocollo v. G. Benincasa, “The Future of EOSH/8 – Fase 2 e gestione del rischio da Coronavirus nei luoghi di lavoro: le integrazioni previste dal Protocollo condiviso del 24 aprile 2020”, in Bollettino ADAPT 27 aprile 2020, n. 17.
([2]) Per un approfondimento delle previsioni della contrattazione collettiva in tema di salute e sicurezza v. “La contrattazione collettiva in Italia, V Rapporto ADAPT (2018)”, Adapt University Press; nello specifico cfr. “Le previsioni in materia di salute e sicurezza nella contrattazione collettiva”.