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Bollettino ADAPT 11 ottobre 2021, n. 35
Da buona sociologa nasco positivista e muoio confusa: dalla predilizione per le scienze esatte e l’organicità e razionalità del cosmo, mi piego infine al caos e all’impossibilità di dare un ordine a ciò che, per propria natura, è perdutamente entropico. Questa è la parabola dei navigator, i tutor del Reddito di Cittadinanza, inizialmente insuperbiti dalla convinzione di poter rendere efficace ed intellegibile una misura tanto complessa, poi bastonati da larga parte della stampa e dell’opinione pubblica, infine – forse – scesi a compromessi con la realtà dei fatti: che è la realtà stessa ad essere inspiegabile.
Ho provato ad esprimere lo stesso concetto quando, per l’introduzione all’antologia Navigator (a vista). Storia e storie del Reddito di Cittadinanza, Mimesis, 2021, confessavo che i nostri racconti non hanno e non producono norma. Che al lettore disattento le storie dei percettori del Reddito di Cittadinanza sarebbero apparse come singoli pezzi di vetro di uno specchio in frantumi: senza unità, senza direzione, senza alcuna possibilità di tornare a riflettere organicamente la realtà. Perché più si scende nel dettaglio di un puzzle, più si perde di vista l’insieme.
Lo scorso inverno l’Associazione Nazionale Navigator – A.N.NA. ha voluto darci voce indicendo un contest letterario volto a raccogliere testimonianze dirette di colleghi e colleghe sull’utenza del Reddito, sui rapporti e il funzionamento dei Centri per l’Impiego in cui svolgiamo le nostre attività, sulle riflessioni più intime riguardo la portata di questa misura, le routine quotidiane e i momenti di profonda difficoltà che troppo spesso accompagnano il nostro lavoro. Volevamo raccontarci e volevamo difenderci, restituirci all’esterno per ciò che davvero siamo e facciamo, e nel tentativo di portare a galla (davvero, “a vista”) la nostra professione abbiamo scoperto che c’erano persone ancora più celate di noi. Sono i divanisti del Reddito, quelli che oggi qualcuno vorrebbe si aprissero alla vita senza il timore di perdere quel che hanno, come se ogni esistenza individuale possa essere giocata alla roulette perché la povertà è una colpa, e chi resta povero resta colpevole.
Nel tentativo di emanciparci dallo stigma di essere precari al servizio di un’umanità precaria, ci siamo accorti di esserci dentro fino al collo, e abbiamo finito col commettere l’errore in cui nessun professionista può darsi il privilegio di incorrere: aprirsi all’altro e fare proprie le sue storie, dargli voce.
“Navigator (a vista)” è il risultato di questo esperimento, una raccolta di contributi volti a restiruire l’universo composito della misura e della platea dei percettori, senza alcuna pretesa di scientificità e tantomeno di esaustività dell’argomento. Avremmo voluto renderci intellegibili ma abbiamo creato solo più confusione: dal Centro per l’Impiego in cui si viene guardati di sottecchi a quello in cui ci si sente a casa, dal beneficiario con la macchia sulla felpa a quello che parla una marea di idiomi. Non per colpa nostra: è l’entropia! Ciascuna testimonianza, ciascuna storia di vita racconta un piccolo spaccato del disegno, infinitamente più grande, che comprende una vastità di situazioni e di percorsi umani che nessun trattato potrebbe mai inglobare.
Eppure a questo progetto hanno prestato il proprio nome e la propria voce un gran numero di esperti, a partire dal Professor De Masi che cura la sostanziosa introduzione al libro e dai componenti della giuria che hanno analizzato e valutato i singoli contributi, sino agli attori politici ed istituzionali, stakeholder, rappresentanti del terzo settore e delle Università, che con estremo interesse ci hanno interpellati per avere accesso alle testimonianze dirette di cui siamo naturalmente portatori. Per conoscere un’ampia fascia di popolazione che nella maggior parte dei casi sfugge ai radar e che troppo raramente ha il privilegio di potersi dare voce.
Da oggi i navigator vantano un nuovo strumento con cui mettersi al servizio di questo Paese: il nostro libro, la nostra testimonianza, i nostri occhi direttamente puntati su una frangia di realtà invisibile ai più. Senza aver mai la pretesa – è l’entropia! – di poter dare infine un ordine univoco a questa esperienza felicemente complessa che è il nostro lavoro.
Il testo muove dall’identikit della nostra categoria professionale e dai suoi primi passi (la selezione , il Kick-off, i nostri titoli ed aspirazioni) per poi concentrarsi sulla misura del Reddito di Cittadinanza. Infine, solo infine, osiamo raccontare dei percettori, delle loro storie e dei loro hobby, del loro sentire e del loro modo di sentirsi, o meno, cittadini, di essere comunità.
A noi navigator l’esperienza del contest è certamente servita a riconoscerci famiglia, e auguriamo ai lettori che anche loro possano ricordarsi, leggendoci, di quel lontano parente di cui non avevano notizie da lungo tempo. A volte ossequioso, spesso irritato, ma che è ancora ed è sempre stato inquilino di questa stessa Casa.
Delicatamente, senza dettare norma, senza raccontarci che sarà prima o poi possibile ricostruire l’intero mosaico di tante persone, di tanti parenti.
Giulia Elisa Martinozzi
Curatrice dell’antologia “Navigator (a vista)”
Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Navigator – A.N.NA.