Maurizio Landini, segretario della Fiom, sindacato dei metalmeccanici, «non ci trova niente di strano» nella particolare interlocuzione, si direbbe quasi un feeling, che si è creata tra lui e il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con cui ha avuto un colloquio riservato mercoledì scorso. «Tolga i nomi Renzi e Landini e tenga i nostri ruoli: non ci troverà niente di insolito in un premier e nel segretario di uno dei più grandi sindacati della categoria che segue l’80% dei tavoli di crisi aperti a Palazzo Chigi, s’incontrino. Con chi dovrei parlare se non con Renzi?».
Lei ha ragione, ma Renzi, ad esempio, potrebbe intanto parlare con il segretario del suo sindacato, la Cgil, Susanna Camusso…
«Io sono una categoria della Cgil e un dirigente nazionale. Non sono andato lì al posto di un altro. Chiunque governi questo Paese deve cominciare dal rilancio del settore metalmeccanico se vuole far ripartire lo sviluppo. Renzi può farlo da solo, oppure…».
Oppure?
«Senta, io non mi nascondo che c’è una crisi che interessa tutti gli organismi di rappresentanza, delle imprese come del sindacato o della politica. Per questo c’è necessità di un cambiamento del loro modo di agire e di muoversi».
Che cambiamento?
«Bisogna avere in mente che si difende il lavoro se si difende il Paese. Bisogna proporre soluzioni. Non è il momento delle chiacchiere, altrimenti corriamo il rischio di essere il sindacato che accompagna il Paese alla deindustrializzazione. Noi non vogliamo essere né un sindacato di governo né di opposizione ma un soggetto indipendente e democratico che ha un’idea della politica industriale che serve a rilanciare il Paese».
E cosa le fa pensare che Renzi, che teorizza il superamento dei corpi intermedi, voglia andare oltre la semplice interlocuzione con lei?
«Un corpo di rappresentanza è debole se non rappresenta nessuno ma se ha proposte e si dimostra in grado di mobilitare i lavoratori, chiunque deve ascoltarlo. Noi dialoghiamo ma siamo sempre pronti alla mobilitazione».
Essere ascoltato le basta? «
No. Prenda il caso Electrolux: si è dimostrato che il governo può avere un ruolo nelle grandi vertenze se mette a disposizione delle risorse per trattenere chi investe in Italia. Poi i lavoratori hanno fatto la propria parte, accettando un accordo che, ricordo, ha trovato nel referendum l’8o% dei consensi. Sfido qualsiasi forza politica a ottenere altrettanto. Ecco un caso in cui si è trovato un compromesso».
E finita dunque la stagione dell’opposizione ideologica: muro contro muro?
«Io l’interlocuzione veramente l’ho cercata con tutti i governi, se la trovo adesso con questo non sono io che ho cambiato strategia. Poi è chiaro che ci sono punti di vista ancora molto diversi. Io voglio poter dire la mia. Ma senza porre veti, perché un governo ha poi il diritto di decidere».
Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, dice che “lei è molto utile al premier per l’unità della sinistra”. Insomma le dà un po’ della «stampella».
«Sorrido. Se c’è qualcuno che ha fatto stampella a tutti i governi è lui». Definirebbe la politica di Renzi «di sinistra»? «La forza di Renzi sta nel consenso che ha saputo cogliere perché, dopo 20 anni di governi che non hanno affrontato i veri problemi, lui ha incarnato per la gente il cambiamento. Ho apprezzato la scelta degli 80 euro, che va confermata, e la tassazione delle rendite finanziarie. Non mi è piaciuta l’estensione dei contratti a termine e non mi convince molto la riforma istituzionale e elettorale».
Quindi?
«Quindi il vero banco di prova sarà nei prossimi mesi: dal lavoro alla lotta all’evasione. Staremo a vedere».
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Niente veti, Matteo interlocutore attento