Non solo appalti e subappalti: la responsabilità solidale opera sempre in caso di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione

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Bollettino ADAPT 11 novembre 2024 n. 40
 
Con la recente pronuncia n. 26881 del 16 ottobre 2024, la Suprema Corte si interroga sulla possibilità di estendere l’applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276/2003 in materia di responsabilità solidale – che menziona esplicitamente soltanto il contratto di appalto – alla ipotesi di un contratto atipico, nato dalla prassi commerciale della grande distribuzione, enunciando, in conclusione, il seguente principio: «In ipotesi di contratto atipico, a causa mista, adottato nella prassi della grande distribuzione commerciale, in cui la titolare dell’impresa ceda la gestione di un autonomo reparto, non preesistente, ad altra ditta, con particolari obblighi contrattuali a carico di quest’ultima, va verificato, analizzando gli elementi caratterizzanti il contratto, l’interesse economico concreto della operazione onde accertare se si verta in una ipotesi di decentramento e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa che giustifichi la responsabilità solidale ai sensi dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 ratione temporis vigente».
 
Un principio, del resto, già noto in giurisprudenza, in ipotesi di sub-fornitura. Ed invero, la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 254/2017, aveva affermato la possibilità di una interpretazione analogica della responsabilità solidale del committente anche in tali ipotesi rispetto al contratto di appalto, evidenziando che a rilevare fosse non tanto la qualificazione formalistica del contratto e, dunque, il nomen iuris, quanto piuttosto l’accertamento del destinatario della prestazione finale che andava individuato anche nel committente.
 
Nello specifico, l’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003 prevede quanto segue: «In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
 
Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali. Il presente comma si applica anche nelle ipotesi dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro nei casi di cui all’articolo 18, comma 2, nonché ai casi di appalto e di distacco di cui all’articolo 18, comma 5-bis».
 
Prima di entrare nel merito della controversia che ha interessato la pronuncia in commento, sembra doveroso effettuare alcune brevi precisazioni sul funzionamento dell’istituto in parola.
 
In primo luogo, la responsabilità solidale opera, come si evince dalla lettera della stessa disposizione, verso i lavoratori impiegati nell’appalto (o subappalto), a tutela di eventuali loro crediti retributivi, contributivi e assicurativi che, in virtù dell’istituto in parola, possono essere vantati anche verso il committente (e non solo verso l’appaltatore, quale loro datore di lavoro). Motivo per cui sembra difficile poter far rientrare nel concetto di responsabilità solidale l’ipotesi per cui il committente sovvenzioni l’appaltatore per retribuire correttamente i lavoratori, rischiando piuttosto, in tal caso, di cadere nella dinamica per cui viene mitigato il rischio di impresa dell’appaltatore (uno degli elementi essenziali per parlare di appalto genuino, cfr. artt. 1655 c.c. e 29, comma 1, d.lgs. n. 276/2003).
 
In secondo luogo, il termine dei due anni citati nel comma 2 dell’art. 29 sopra riportato, opera soltanto verso i lavoratori impiegati nell’appalto, fermo restando l’azione promossa dagli Enti previdenziali per il soddisfacimento della pretesa contributiva che rimane soggetta alla sola prescrizione quinquennale (o, in alcuni specifici casi, decennale) prevista dall’art. 3, comma 9, l. n. 335/1995. A tal proposito, infatti, l’INL, con nota del 19 novembre 2019, n. 9943, ha evidenziato che «in relazione al regime di responsabilità solidale, occorre distinguere i crediti retributivi dei lavoratori dai crediti contributivi degli Istituti previdenziali, al fine di individuare i termini per l’esercizio delle relative azioni. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato che il regime decadenziale dei due anni previsto dall’art. 29, comma 2, trova applicazione esclusivamente all’azione esperita dal lavoratore […] ma non nei confronti delle azioni promosse dagli Enti Previdenziali».
 
In terzo luogo, in caso di subappalto, il termine decadenziale dei due anni sopra richiamato, non può che decorrere dalla cessazione dei lavori del subappaltatore in virtù del contratto di subappalto stipulato tra subappaltante e subappaltatore. Come affermato dal Ministero del Lavoro con nota del 13 aprile 2012, n. 7140, infatti, «il riferimento al “limite dei due anni” contenuto nel citato art. 29 indica l’appalto tra il committente e appaltatore il che – trasposto nell’ambito dei rapporti tra appaltatore e subappaltatore – non può che riferirsi al contratto di appalto tra questi due soggetti».
 
Orbene, la ratio dell’introduzione della responsabilità solidale è quella di evitare il rischio che i meccanismi esternalizzazione e decentramento produttivo, che causano una sostanziale dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione del contratto commerciale.
 
Nel caso di specie, i contratti oggetto della controversia prevedevano alcuni elementi che avrebbero potuto far escludere, a parere dei giudici di seconde cure, la natura tipica del contratto di appalto, con conseguente esclusione della relativa disciplina applicabile (compresa la responsabilità solidale del committente ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003). Tra questi elementi figuravano i seguenti: a) la consegna di una parte del supermercato dotata di bancone, celle frigorifere, bilance ed attrezzature varie, avveniva dietro il pagamento di un canone annuo forfettizzato in aggiunta ad una percentuale afferente ai proventi della vendita del pesce.; b) il prezzo veniva incassato dalla società affidataria che emetteva un proprio scontrino fiscale anche se il corrispettivo veniva poi pagato alla cassa del supermercato; c) vi era l’obbligo della società affidataria di acquistare il pesce solo dal supermercato affidante e non da fornitori terzi; d) vi era l’obbligo di praticare gli stessi orari di apertura del supermercato; e) vi era il diritto dell’affidante di ispezionare il reparto per verificare la buona tenuta dello stesso e la vendita del pesce a prezzi contenuti.
 
Non solo. Secondo la Corte d’Appello, ciò sarebbe bastato per escludere l’applicazione della responsabilità solidale ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, anche nel caso in cui si volesse qualificare il suddetto contratto come contratto atipico in quanto non riconducibile né ad un contratto di appalto né, al più, ad un contratto di trasporto (a cui semmai, si legge dalla pronuncia in commento, si estenderebbe la disciplina della responsabilità solidale).
 
Tuttavia, a parere della Corte di Cassazione, l’errore della Corte territoriale è da imputare al fatto di non avere ritenuto applicabile al contratto atipico di gestione, intercorso tra le parti, le norme in materia di appalto, essendo rinvenibile una operazione commerciale articolata con la quale era stata esternalizzata una attività legata al ciclo produttivo, labour intensive, a fronte di un compenso rappresentato dal diritto ad incassare una parte consistente degli importi della gestione del banco. Del resto, se le garanzie previste per il contratto di appalto non fossero applicabili alla suddetta forma contrattuale, ci si potrebbe interrogare sulla possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 in relazione agli artt. 3, 4, 24, 35 co. 1, 36 e 111 Cost.
 
Ed invero l’eventuale esclusione dell’applicazione della disciplina della responsabilità solidale ai contratti atipici ma che, tuttavia, realizzano una dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, a parere della Suprema Corte, si porrebbe in contrasto con il precetto dell’art. 3 della Costituzione, atteso che la tutela del soggetto che assicura una attività lavorativa indiretta non può non estendersi a tutti i livelli del decentramento.
 
A tal proposito, sembra rivestire un ruolo cruciale l’individuazione del concreto interesse economico, di una parte contrattuale rispetto all’altra, sotteso alla realizzata operazione di decentramento produttivo e di dissociazione tra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa. Un interesse che deve essere valutato in relazione a due specifici elementi: (1) l’eventuale “dipendenza economica” di un soggetto verso l’altro e (2) l’assunzione di un maggior “rischio di impresa” nonché di “maggiori vantaggi” tratti dall’operazion contrattuale. In tal senso, come ricordato dalla Corte di Cassazione, deve essere accertato se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia eccessivo essendo il contraente che lo subisce privo di valide scelte alternative economiche sul mercato. E, analizzando il concreto atteggiarsi delle parti nel caso di specie, la Suprema Corte conclude dicendo che «può, quindi, essere accertato quale delle due parti contrattuali sia stata maggiormente interessata all’operazione commerciale e quindi assodare la eventualità della sussistenza di un decentramento produttivo sintomatico di una dissociazione tra contratto di lavoro ed utilizzazione della prestazione del dipendente che richieda l’applicabilità analogica dell’art. 29 D.lgs. n. 276/2003».
 
Un orientamento che, in conclusione, sembra porsi in linea con gli ultimi interventi normativi in materia, diretti ad estendere la responsabilità solidale del committente ben oltre i confini dell’appalto e subappalto tipizzati dalla normativa (dunque, non da ultimo, genuini). Il riferimento è, nello specifico, alle modifiche introdotte ad opera del d.l. 19/2024, convertito in l. 54/2024, che hanno previsto l’applicazione della responsabilità solidale anche in caso di somministrazione irregolare e appalti e distacchi non genuini in cui, a ben vedere, si realizza una dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione (sebbene in un regime, nel caso di specie, di irregolarità).
 
Giada Benincasa

Coordinatrice della Commissione di certificazione DEAL dell’Università di Modena e Reggio Emilia

@BenincasaGiada

Non solo appalti e subappalti: la responsabilità solidale opera sempre in caso di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione