Dalla pandemia ai nodi burocratici, il Reddito di Cittadinanza è una misura che discrimina i poveri in base all’appartenenza geografica e non tiene conto di tutte le forme di povertà.
«Abbiamo abolito la povertà». Era il 28 settembre del 2018 e dal balcone di Palazzo Chigi, Luigi Di Maio, allora capo politico del Movimento 5 Stelle, esultava per l’approvazione del Documento di Economia e Finanza. Un provvedimento che conteneva una delle battaglie storiche della galassia grillina: il Reddito di Cittadinanza. Ora, a quasi due anni dall’entrata in vigore, è possibile dire che no, la povertà non è stata abolita. Secondo i dati del 2019, i nuclei beneficiari del RdC equivalgono al 50% delle famiglie in povertà assoluta. «Se il Reddito di Cittadinanza fosse stato pensato, e anche comunicato, come una mera misura di contrasto alla povertà, allora dovremmo dire che il bicchiere è mezzo pieno», spiega Francesco Nespoli, ricercatore dell’Università di Modena e Reggio Emilia e data analyst di Catchy Big-Data…
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